In una zona defilata dalla cittadina di Assisi, sperduto nei boschi di lecci alle pendici del monte Subasio, c’è un posto che sembra venuto fuori da un’avventura di Tolkien o di C.S. Lewis: è il piccolo Eremo delle Carceri.
Le origini del luogo
Eremo: dal tardo latino erēmus, dal greco ἐρῆμος, «solitario, deserto».
Carceri: dal latino carcer, -ĕris, «recinto» ma anche «principio, inizio, punto di partenza».
Nomen-omen, l’Eremo delle Carceri potrebbe essere definito come il recinto solitario di San Francesco, il luogo deserto nel cui con i suoi primi compagni di avventura cercava un nuovo inizio, immerso nel silenzio del monte che da secoli vegliava sulla sua amata Assisi.
Anche di questo luogo sappiamo poco: è praticamente certo che fino dal X secolo fosse già considerato luogo di eremitaggio per le sue grotte naturali, angusto ma sicuro rifugio per tutti coloro che già all’epoca desideravano fuggire dalla frenesia delle città, dall’ipocrisia dei centri di potere o dalle lotte fra paesi alla ricerca di Dio nella pace e nel silenzio.
Divenne un microscopico monastero benedettino in un certo momento del XI secolo, e sappiamo che fu il potente ordine monacale a donarlo a san Francesco nel 1215, e che ben presto divenne il suo luogo prediletto per le meditazioni e, verso la fine della sua vita, i sempre più frequenti ritiri spirituali durante i quali era sempre accompagnato dai suoi più fedeli compagni: Leone, Masseo, Bernardo da Quintavalle, Egidio e Andrea da Spello.
Ma fu solo molto dopo san Francesco, con san Bernardino da Siena (1380-1444) che si iniziò a far costruire la parte più antica dell’attuale conventino, il refettorio, la cappella e il caratteristico pozzo.
E anche qualche leggenda
Come tutti i luoghi avvolti da una certa aura di mistero e sacralità, anche in questo le leggende si sprecano: anticamente, nel crepaccio che si apre quasi a strapiombo sotto all’Eremo, scorreva un torrentello ormai praticamente secco che secondo la leggenda, a dir la verità ben poco “francescana”, fu fatto seccare dallo stesso Francesco perché col suo rumore disturbava la sua preghiera e quella dei suoi dei frati.
Poco oltre si vede anche un grande e antico leccio, ora protetto e curato ma che una volta si ergeva impavido sul burrone. Un’altra leggenda narra che tra i suoi folti rami vivessero un gran numero di uccelli sempre pronti a cantare e a tenere compagnia a Francesco in preghiera. Pensate che a quegli stessi uccelli un giorno il Santo si mise a predicare!
Fuggire dal mondo o starci in maniera diversa?
Quante volte ci è successo di sentire troppo rumore nelle nostre vite? Troppo chiasso, troppi stimoli a destra e a sinistra, tanto da farci venire le vertigini e il mal di testa.
Magari siamo stati traditi da qualcuno a cui tenevamo, abbiamo avuto una giornata pesante al lavoro, abbiamo fatto un tour-de-force di studio per superare un esame che abbiamo fallito e ora ci ci sembra di stare portando il peso del mondo sulle nostre spalle, e nemmeno fra i quattro muri di casa possiamo stare tranquilli: l’affitto, la riunione condominiale, il disordine, quei libri sulla scrivania che devono essere studiati, quelle mail che devono essere spedite.
Quante volte abbiamo desiderato poter fuggire un’ora, un giorno, un mese, un anno da questa società tritacarne che ci spreme fino all’ultima goccia e ci lascia stirati e svuotati sul divano, davanti alla televisione?
Ricordiamoci però che da ragazzo lo stesso san Francesco era il re delle feste e delle baldorie di Assisi, e molto probabilmente questi problemi, ottocento anni fa, assillarono anche lui.
Ma ecco che nella sua vita intervenne il Signore, che stravolse tutti i suoi piani di grandi battaglie e glorie eterne per metterlo davanti a un luogo santo, un luogo di pace e silenzio, tutto l’opposto di come probabilmente si era immaginato di vivere la sua vita adulta.
Le Fonti Francescane ci dicono (qui trovi un approfondimento su questo) che nel 1213, probabilmente qui dimorava un certo frate Silvestro, che il giovane Francesco interrogava, assieme alla sua amica Chiara, per avere lumi sulla scelta di vita da fare: una vita attiva o contemplativa? La predicazione o solitudine negli eremi, magari in quello stesso luogo?
Ed è evidente che fra Silvestro (con l’aiuto di Chiara) riuscì ad illuminare Francesco, che capì una cosa fondamentale: l’eremo non è il luogo della fuga dal mondo! Non è il luogo dove rifugiarsi perché la vita è “brutta e cattiva”. Ma al contrario: è il luogo dove trovare riposo, dove ricaricarsi, per poi tornare nella vita ordinaria in maniera sempre rinnovata.
Conscio che nelle nostre vite è davvero difficile poter trovare un “Eremo delle Carceri” personale sempre a portata di mano, è bene cercare ugualmente di imitare il Poverello di Assisi prendendo di quando in quando una pausa dalla frenesia delle nostre vite sempre di corsa (come fare? Qui trovi una piccola guida…), affidando al Signore (e alla nostra cara mamma, la Madonna), nel silenzio e nella preghiera tutte le fatiche e tribolazioni che ci pesano sul cuore: dopotutto anche ad amare a volte si fa fatica, ma l’importante è non smettere mai!
Il Signore ci benedica.
Giulio, 20 anni, Padova – info@vocazionefrancescana.org