Domani, venerdì 20 novembre avremo la fortuna di ascoltare in diretta la storia di una santità giovane, quella di Benedetta Bianchi Porro, raccontata dalla sorella Emanuela. È una testimonianza di quelle che toccano il cuore e rimangono indelebili.
Noi frati abbiamo avuto la fortuna di ascoltarla di persona il mese scorso, quando abbiamo festeggiato gli anniversari (venticinquesimi e cinquantesimi) di professione e di ordinazione di alcuni confratelli. Per l’occasione ci siamo recati a Dovadola (tra l’altro, tappa del Cammino di S. Antonio), dove è sepolta la giovane proclamata beata nel 2019.

Prima di celebrare la Messa nella bellissima Abbazia di S. Andrea, abbiamo sentito dalla viva voce di Emanuela Bianchi Porro il racconto di una santità genuina, autentica, ma anche molto «normale», domestica, vissuta nel giorno per giorno. Ricordo queste parole: «Benedetta non è nata santa. La santità si conquista caduta dopo caduta, cammino dopo cammino!». Difficile non pensare al giovane S. Antonio, che proprio in quei luoghi, all’eremo di Montepaolo, ha trascorso un tempo «feriale», umile, a tratti faticoso.

Perché conoscere Benedetta?
Sono convinto che l’esperienza vissuta da Benedetta Bianchi Porro possa donare luce, coraggio e consolazione a tanti giovani come lei: gli universitari, che lottano tra gli esami e la fatica a vivere la loro fede; i giovani in ricerca che non riescono a capire la chiamata di Dio sulla loro vita, e tanti altri.
Moltissime persone nel mondo si rivolgono a Benedetta, come ad un’amica in cielo, da ben prima che fosse proclamata beata il 14 settembre 2019 (festa dell’Esaltazione della Santa Croce). Speriamo di far nascere anche in ciascuno di voi un legame speciale con questa giovane donna, che a soli 27 anni aveva già espresso il meglio, pur nella difficoltà e nei limiti. Era fiorita del tutto, dove sembravano esserci solo spine …come una rosa bianca in pieno inverno.
fra Fabio – frafabio@vocazionefrancescana.org
Benedetta è nata a Dovadola, piccolo paese in provincia di Forlì, dall’ingegner Guido Bianchi Porro e da Elsa Giammarchi, l’8 agosto 1936, seconda di sei figli. Fin da piccolissima la sua vita è stata toccata dalla sofferenza: a tre mesi fu colpita dalla poliomelite che la lasciò “zoppetta”, con la gamba destra un pochino più corta della sinistra. La personalità di Benedetta si contraddistingue fin dalla fanciullezza per la sensibilità, l’intelligenza e la forza di volontà.
Trascorreva le sue giornate frequentando la scuola elementare, giocando con gli altri bambini, tuttavia era sensibile e riflessiva sul miracolo della vita che trionfa in tutte le cose, nei fiori, nei prati pieni di sole e nella sua piantina di ciliegio che innaffiava quotidianamente. A tredici anni iniziò a perdere progressivamente l’udito, ma un nuovo cambiamento l’aspettava, perché la famiglia nel 1951 si trasferì a Sirmione del Garda, trovando sempre un ambiente naturale che la giovane apprezzava molto, la cui piacevole visuale si affiancava alla passione per lo studio e per il pianoforte che suonava nel tempo libero.
«Tu riempi l’universo e tutto grida le tue meraviglie.
Tuo è questo cielo pieno di sole!
Ogni cosa buona e bella, da Te procede…»
La sofferenza la toccò di nuovo e fu costretta, ancora adolescente, ad indossare un busto per evitare la malformazione della schiena. Il prosieguo degli studi all’università, dove si iscrisse a Medicina, le consentì di autodiagnosticarsi il male che l’affliggeva da tempo: neurofibromatosi diffusa. Nel 1959 Benedetta sostenne l’ultimo esame all’Università, fra mille difficoltà per la sua salute. Durante l’estate fu operata al midollo spinale con esito infausto, perché rimase paralizzata agli arti inferiori e dalla poltrona passò al letto, inferma, nel quale rimase per oltre quattro anni. Gradatamente perse il gusto, il tatto e l’odorato.

«Nelle mani di Dio anche le cose più insignificanti
possono diventare la nostra cometa»
Dal suo letto nel quale era costretta Benedetta riceveva gli amici, ai quali era tanto legata. Da loro riceveva conforto e con loro condivideva il suo cammino spirituale nella sofferenza. Benedetta nel suo cammino di fede aveva capito di essere nella ricchezza accettando il criterio di Dio che dà senso a ciascuna persona, anche se inferma in un letto. A febbraio del 1963 Benedetta diventò cieca e le sofferenze fisiche aumentarono d’intensità. Ormai poteva comunicare solo attraverso il palmo della mano destra, l’unica che aveva conservato la sensibilità.
Benedetta morì a Sirmione il 23 gennaio 1964. Nel suo giardino, quel giorno, sbocciò una rosa bianca…
«La carità è abitare negli altri»
Qui il sito della Fondazione Benedetta Bianchi Porro
Come ascoltare la testimonianza on-line:
Incontreremo Emanuela Bianchi Porro domani sera alle 21:00 su Google Meet. È necessario segnalare la propria presenza qui, per ricevere via mail il link di accesso.
Per saperne di più su Benedetta:
- Uno speciale di TV 2000.
- Qualche notizia e immagine recente su facebook.
- Le uniche immagini video di Benedetta Bianchi Porro e alcune testimonianze.
