C’è una definizione di ogni vocazione che mi piace tantissimo: la vocazione è amore, è capacità di amare, assume i contorni della nostra vita nella sua concretezza e quotidianità; guida scelte e responsabilità, suscita decisioni, ci indirizza verso vie talvolta inaspettate e nuovi sentieri.
“In quale modo ameremo Dio? Senza modo, smodatamente!In quale misura Lo ameremo? Senza misura, smisuratamente!”
(S. Bernardo)
Vocazione come capacità di amare
Al riguardo, in diverse occasioni, Papa Francesco ha detto che non esiste un vero amore (e dunque neppure un’autentica vocazione) se basato sul calcolo o confezionato “a nostra misura”; non vi può essere un amare a spicchi o con data di scadenza. Quando veramente si ama, non si può non farlo fino all’estremo, fino “alla fine” e con tutte le conseguenze che questo comporta.
Amare così è certamente bellissimo ed esaltante, ma anche può essere molto costoso ed esigente! Sempre, infatti, si deve un po’ morire per aprirci a Dio e agli altri, per uscire da noi stessi, per vincere il nostro egoismo, per non mettere in primo piano solo il nostro star bene o il nostro piacere, per farci forti contro la nostra pigrizia o la nostra tristezza.

In ogni vocazione o chiamata ci giochiamo dunque in questa capacità di amare. In particolare, la vocazione alla vita consacrata, il diventare frate o suora, sacerdote o missionario, richiede un desiderio d’amore per Dio e i fratelli senza calcoli o interessi o doppi fini, un anelito d’amore assolutamente gratuito, senza misura, smisurato, smodato, totale!!
Ma è poi davvero possibile vivere secondo questo richiamo?
Si! Con l’aiuto e la grazia del Signore, che solo sa dilatare e far ardere e incendiare il nostro cuore.
fra Alberto – info@vocazionefrancescana.org