Spesso mi sento rivolgere questa domanda: Perché pregare? E, come pregare? All’inizio dell’ Avvento, chiediamoci com’è la nostra preghiera e lasciamoci interrogare per ravvivarla, riaccenderla se necessario, per prepararci ad accogliere il Signore Gesù che viene.
Al riguardo vi propongo oggi una bellissima riflessione di un anziano e saggio confratello che vive con me nel Convento del Santo (Pd): Frate Francesco Ruffato, 85 anni di passione evangelica e gioia francescana .
A Lui sempre la nostra lode.
Grazie Fra Francesco, buon avvento e a tutti buon cammino.
Signore, insegnaci a pregare fra Francesco Ruffato
Signore, insegnaci a pregare
Sono certo che le prime preghiere le ho imparate dalla mia mamma e dal mio papà che, dopo una frugale cena, guidava la recita del santo rosario: lingua ufficiale il latino “macheronico” o un “italiano” dialettale.
Da grandicelli imitavamo i genitori: piegavamo le sedie di paglia verso lo stomaco. I fratelli più piccoli si adagiavano tra il grembo della mamma e le ringhiere della sedia. Pregavamo per i vivi e per i morti. Si concludeva con una preghiera classica nelle famiglie dei cristiani contadini: “Gesù, Giuseppe, Maria, vi dono il cuore e l’anima mia; Gesù, Giuseppe, Maria, assistetemi nell’ultima mia agonia; Gesù, Giuseppe, Maria, spiri in pace con voi l’anima mia”.
A dieci anni avevo già la convinzione che non fosse domenica senza partecipare alla S. Messa. Si pensava e si pregava così al mio paese, il 95% di contadini al termine della seconda guerra mondiale.
Pregare nel quotidiano
Oggi in Italia è molto bassa la percentuale di cristiani praticanti.
Sopravvivono la devozione popolare e alcune tradizioni religiose che si mescolano con il folclore. Nei giorni festivi lo spazio occupato nel passato dalla partecipazione alla Messa, oggi è riservato alle attività sportive. Nel giorno di riposo la famiglia si stempera e quel giorno non è più il giorno dello scambio di opinioni, del pranzo condiviso o del buon umore familiare, dove i piccoli si alimentano del credo dei genitori. I piccoli crescono fuori, come se appartenessero ad altri e vivessero in un altro pianeta.
Con l’aumento dell’istruzione, anche la scuola sembra alienare il fatto religioso.
I più intellettuali dei cristiani vantano il diritto di considerare che tutto è pregare: quando si lavora, quando si mangia, quando ci si diverte. A questa lettura del mondo Albino Luciani, futuro papa Giovanni Paolo I, così rispondeva:
“Oggi alcuni affermano Dio non conoscibile e verificabile, non più attuale, e ne deducono la necessità di distogliere da Lui ogni interesse per concentrarlo tutto e solo sulla realtà mondana. Altri, Dio non lo vogliono neppur pensato e nominato, lo dichiarano “morto”, perché alienante e di ostacolo al progresso. Spiegano la morte di Dio dicendo: “Dio è morto in Gesù Cristo che (…) diventando “uomo, si è seppellito nell’uomo”.
E così si è passati da un Cristianesimo senza Dio a un Cristianesimo senza Cristo, (..) ad un Cristianesimo che si batte per la giustizia sociale e per il benessere. Siamo caduti – in un certo senso – in un integrismo a rovescio: sacro e profano si identificano di nuovo. Nel Medio Evo il sacro assorbiva il profano dichiarandolo sacro; adesso il profano si mangia il sacro, dichiarando sacro sé stesso.
John Henry Newman, celebre teologo anglicano convertito al cattolicesimo e recentemente canonizzato da Papa Francesco, denuncia che abbiamo ridotto il Vangelo a una “fede razionale”, e Robert Cheaib, ultimo biografo di Newman, scrive, citandolo, che alcuni si rifugiano nello slogan: “Tanto, io prego sempre”. Ma osserva Cheaib:
“Pregare lungo il giorno è effettivamente una caratteristica dello spirito cristiano, ma possiamo essere certi che, nella maggior parte dei casi, quelli che non pregano in tempi prefissati, in modo più solenne e diretto, non pregheranno mai bene.” Ed ancora: “Statene certi, fratelli miei, chiunque di voi sia convinto di disattendere alle sue preghiere mattutine e serali, sta rinunciando all’armatura che lo proteggerà dalle astuzie del diavolo (…) e cadrà senza preavviso, mentre chi è rigoroso nell’osservanza della preghiera del mattino e della sera, pregando con il cuore e con le labbra, difficilmente si smarrisce, perché ogni mattina e ogni sera portano a lui consiglio per ravvedersi. La condizione più adatta per pregare bene è il silenzio, lontani dal rumore.
Il silenzio della preghiera è come un seme piantato
“Se vuoi pregare bene, prega spesso, prega con regolarità, prega con ritmo. La preghiera, essendo un’abitudine, va acquisita come tutte le altre abitudini, attraverso la pratica (…). Se vuoi pregare bene, devi accettare di cominciare a pregare male, dato che è tutto ciò che possiamo fare. Come possiamo altrimenti perfezionare la preghiera se non la pratichiamo?”