Ecco l’omelia che il Ministro dei frati del nord Italia, fra Giovanni Voltan, ha pronunciato nella Messa in “Coena Domini” di giovedì, qui alla Basilica del Santo di Padova: parole da meditare e custodire.
Al Signore Gesù sempre la nostra lode.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org

“Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1): ci lasciamo incantare da questo frammento di Vangelo, una vera perla. Ci colpisce la ripetizione del verbo amare: è come un rafforzativo di questo verbo, fra tutti il più sacro, amare. E anche ci prende la particella temporale: sino alla fine, cioè sino alle estreme conseguenze, sino al compimento.
Dentro quest’amore sino alla fine, dentro questo fuoco noi comprendiamo Gesù. Dentro quest’amore eccessivo, come lo direbbe Francesco d’Assisi, sta la spiegazione di tutto. Ci stanno le ore drammatiche e terribili che seguiranno la cena condivisa dal Maestro con i suoi, ci sta la passione e la morte di Gesù. Tutto ha un senso perché Gesù ha deciso con la sua libera scelta di amare i suoi, sino alle estreme conseguenze, sino al compimento.
“Avendo amato i suoi….li amò sino alla fine”. Gesù si abbassa sino ai piedi dei discepoli. Chi è Dio? si chiede un autore. “Il mio lavapiedi, in ginocchio davanti a me, le sue mani nei mie piedi” (cf. E. Ronchi) per farsi servo della mia vita. Non dimentichiamo mai che amore e umiliazione, amore perfetto e totale abbassamento sono due realtà inseparabilmente unite nei gesti di Gesù, nel suo stile che rintracciamo nelle sue azioni più quotidiane come nei momenti più sublimi della redenzione.
“Avendo amato i suoi…li amò sino alla fine”: quello di Gesù è un amore fedele, eterno, per gente, -gli apostoli, ma possiamo metterci dentro pure noi- che secondo parametri umani, non “meritava” tanto. Succeda quel che succeda, Lui non ci molla, lava i piedi di tutti: di Pietro che rinnega, di Giuda che tradisce, di noi così “altalenanti” nei suoi confronti… Il mio/nostro amore -se così si può definire- è spesso “liquido”, dura finché le cose van bene. Poi si può lasciare, anche con un sms. Ci sono consacrati che abbandonano, coppie che si sfaldano perché -dicono- è venuto meno l’amore di un tempo, non si sente più nulla, è intervenuta una delusione, un tradimento, non si è più felici…Ogni situazione va vista a sé, con delicatezza, ma il più delle volte ciò che salta è una memoria, una presenza che è certezza: più forte di ogni fatica, di ogni crisi, c’è Lui che è fedele. Se io sono infedele, Lui -sul quale abbiamo costruito tutto- è fedele, Lui c’è. Sulla sua fedeltà, posso/possiamo ripartire, riprendere ad amare, fidarci.
“Avendo amato i suoi…li amò sino alla fine”.
La consegna esplicita di Gesù per noi è fare come Lui ha fatto, forti del suo amore. Chi amare? A chi lavare i piedi? Madre Teresa (Santa M. Teresa) di Calcutta non ha dubbi nel dare risposta: (il più povero è) chi non si sente amato, chi è solo, chi è più ferito.
Nei giorni scorsi mi trovavo con un gruppo di famiglie ad Assisi: qui nella periferia della sua città, il giovane Francesco si è convertito e ha scoperto la gioia di essere cristiano lavando i corpi dei lebbrosi, restando con loro. Così ha scoperto Gesù: nei piedi e nelle piaghe dei fratelli sofferenti abbandonati da tutti. Sarà la prima cosa che circa 25 anni dopo, ormai prossimo all’abbraccio con “sorella morte corporale”, Francesco scriverà nel suo Testamento. Ed è una verità anche per noi: lavando nel nascondimento i piedi dei fratelli, incontriamo dal vivo Gesù, quel Gesù che ci nutre con quel pane fortificante che è il suo Corpo perché, -il cuore colmo dei suoi sentimenti-, possiamo vivere i suoi gesti divenendo la sua amata sposa, la Chiesa.
“Avendo amato i suoi…li amò sino alla fine”. Assieme a voi, nutro una sorta di venerazione per chi lava i piedi ogni giorno: genitori che notte e giorno assistono figli ammalati, persone che non si stancano di stare accanto a persone fragili, fratelli che perdonano e non smettono di credere nella forza del bene, cristiani che nel silenzio si donano con gesti umili, utili, logori -senza essere mai sgualciti- di ripetitività e di tenerezza. Come vorremmo tutti assomigliare a quest’esercito di angeli invisibili che senza saperlo gira con dei catini e degli asciugamani che li rende stupendamente belli perché impregnati di Gesù.

Con l’immagine del catino, desidero, concludere questi pensieri suscitati dal dono di Gesù della lavanda dei piedi, dell’Eucarestia, del Sacerdozio ministeriale che ricordiamo in questo Giovedì santo. Il testo è di Madeleine Delbrel:
“Se dovessi scegliere una reliquia della tua Passione, prenderei proprio quel catino colmo d’acqua sporca. Girare il mondo con quel recipiente e a ogni piede cingermi dell’asciugatoio e curvarmi giù in basso, non alzando mai la testa oltre il polpaccio per non distinguere i nemici dagli amici, e lavare i piedi del vagabondo, dell’ateo, del drogato, del carcerato, dell’omicida, e di chi non mi saluta più, di quel compagno per cui non prego mai, in silenzio, finché tutti abbiano capito nel mio il tuo amore”.
fra Giovanni – info@vocazionefrancescana.org