Martedì 3 febbraio 2015, Papa Francesco, ha riconosciuto ufficialmente come “martiri” della chiesa due nostri confratelli. Si tratta di fra Michele Tomaszek e fra Zbigniew Strzałkowski, “francescani minori conventuali” polacchi, poco più che trentenni, trucidati in odio alla fede in Perù nel 1991: una vita offerta per amore di Gesù Cristo e dei poveri che avevano scelto di servire.
La vicenda di fra Miguel e di fra Zbigniew non ha tempo né luogo. È universale, parla a me e a voi oggi, parlerà ad altri domani. Anche a chi non ha vissuto gli anni Settanta e Ottanta, a chi non è mai stato in Polonia o in Perù, a chi non ha mai incontrato i francescani, a chi non ha mai vissuto le limitazioni della dittatura comunista o il pericolo della guerriglia rivoluzionaria maoista. È il privilegio della santità, incarnata fino in fondo; la santità come ideale perennemente vivo e nuovo che sgorga dal Vangelo e che sempre illumina la Chiesa. A Pariacoto, in Perù, la sera del 9 agosto 1991, un commando di guerriglieri di Sendero Luminoso entra nel villaggio e fa irruzione nel convento dei frati minori conventuali, sequestrando fra Michał (per tutti Miguel) e fra Zbigniew, trentun anni il primo e trentatré il secondo. Di lì a poco, dopo un processo sommario, i due missionari polacchi vengono uccisi con un colpo di pistola alla testa: il certificato di morte riporta «sfondamento del cranio per ferita da proiettile di grosso calibro». Unico superstite è fra Jarek, superiore della comunità, in quel periodo in Polonia per il matrimonio della sorella. Papa Giovanni Paolo II, a Czestochowa per la Giornata mondiale della gioventù, è raggiunto dalla notizia e incontra fra Jarek in privato, il 13 agosto, chiedendo informazioni di prima mano e incoraggiandolo con queste parole: “Sono i primi santi martiri del Perù“.
Cari amici, se guardiamo a questi testimoni, come non sentirci piccoli e inadatti e deboli!! E’ vero infatti che il “martirio” e “il dono di sé” così cruento, fino all’effusione del sangue sono una chiamata che non a tutti compete, anche se ancora purtroppo tragicamente presente in tante parti del mondo! La vita religiosa e la vocazione francescana però, anche nella loro semplice quotidianità, portano in sé un uguale anelito e una pari esigenza di offerta totale, senza risparmio, senza calcoli, senza misura. Questo da un lato le rende “scandalose” per il mondo, eppure dall’altra, capaci di suscitare ancora nel cuore di tanti giovani un fascino incredibile! E’ il richiamo della alte vette, è la sete di Assoluto, è l’abbandono di tutto ciò che è superfluo per seguire Gesù e abbracciare ogni fratello… E’ lo “sprecarsi” per il Signore!!
Al riguardo, nel prossimo fine settimana si ritroveranno a Brescia (e in altre città) i giovani del Gruppo vocazionale San Damiano. Vi invito a ricordarli nella preghiera insieme a quanti stanno pensando di intraprendere la strada della consacrazione religiosa, come frati francescani: possano tenere il loro sguardo sempre rivolto verso l’Alto.
Vi benedico. Al Signore Gesù sempre la nostra Lode.
frate Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org

Riporto di seguito l’omelia che Fra Jarek Wysoczanski (ora responsabile per le nostre Missioni Francescane nel mondo) tenne qualche anno fa alla Basilica di S. Antonio (Padova) in occasione della Giornata Mondiale Missionaria. In particolare fra Jarek raccontò la sua esperienza missionaria in Perù e il suo coinvolgimento nel tragico dramma che vide l’uccisione di due giovani frati, partiti missionari con lui.
Omelia di fra Jarek – Basilica del Santo
Ogni anno la Chiesa celebra la Giornata Missionaria Mondiale. E’ un giorno dedicato a ravvivare in tutti la consapevolezza che la Chiesa è missionaria per sua essenza, per sua natura, per volontà di Cristo. “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21). Un “invio”, un “andare” è conseguenza di una sequela, di uno “stare con Lui” (Mc 3,13), è conseguenza della fede. Come ha indicato il Beato Papa Giovanni Paolo II, la fede si rafforza donandola (cfr Rm 2). Si trasmette “Qualcuno” di cui si vive e per cui si vive! La fede senza la missione è sterile; e la missione senza la fede è parola vuota!
Sono qui per condividere con voi l’esperienza della missione, voglio parlare dei miei fratelli: Miguel Tomaszek e Zbigniew Strzałkowski, oggi già Servi di Dio, con i quali abbiamo iniziato la missione in Perù-Pariacoto. Miguel e Zbigniew furono uccisi da guerriglieri del Movimento terrorista “Sendero Luminoso” a Pariacoto (Perù) il 9 agosto 1991. Erano francescani conventuali polacchi. Miguel aveva 31(trentun) anni e Zbigniew 33. Giunti nel paese andino, due anni prima della loro morte violenta, si dedicarono a servire il popolo a noi affidato, per restituire alla gente la dignità di figli di Dio attraverso il Vangelo e la carità. Amarono fino a dare la vita, seguendo i passi di Gesù con lo stile di Francesco d’Assisi e secondo l’esempio di Massimiliano Kolbe, martire in Auschwitz. Hanno semplicemente reso realtà le parole di Gesù: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.” (Gv 15,13). Siamo arrivati in Perù con Zbigniew il 2 dicembre del 88, e dopo arrivò Miguel. I primi mesi non abbiamo vissuto insieme io e Zbigniew, cosi che abbiamo potuto imparare con più velocita la lingua spagnola e, più a contatto con la gente, abbiamo potuto conoscere e comprendere meglio la cultura e la religiosità delle persone. Questo periodo fu caratterizzato da un profondo e lento avvicinamento ai problemi sociali (la violenza, l’ingiustizia, il terrorismo, la povertà, la migrazione dalle zone rurali alla città) e anche a certi fenomeni ecclesiali emergenti, e per noi importanti: la religiosità popolare, le Comunità Ecclesiali di base, l’organizzazione della Caritas. Il 30 agosto del ’89 abbiamo assunto, ufficialmente, la missione di Pariacoto, situata nelle Ande peruviane, include 70 piccoli villaggi (per arrivare in alcuni occorrono 12 o piu ore a cavallo). Noi siamo arrivati alla missione di Pariacoto con poche risorse e la realtà ci invitò a sottometterci a tutte le creature umane. Il nostro atteggiamento risvegliò la curiosità dei campesinos che, indubbiamente, hanno un’incredibile capacità di osservazione. Il nostro stile di vita semplice facilitò, fin dall’inizio, lo scambio e la comunicazione. Potemmo sperimentare, nella nostra propria carne, lo “stare con la gente”.
Il 9 agosto dopo la Messa, Miguel e Zbigniew furono fatti uscire dal convento e condotti, separatamente, al Municipio di Pariacoto (in quel tempo io ero in Polonia, per le mie prime vacanze). Da lì, insieme, furono fatti salire nella camionetta della missione insieme a suor Bertha. Poi, dopo un po’ di strada, i guerriglieri fecero scendere la suora e portarono i frati in un luogo chiamato Pueblo Viejo, vicino al cimitero. Lì assassinarono Fra Miguel con un colpo alla nuca e Fra Zbigniew con due colpi, uno alla spalla e uno alla testa. Uccisero anche il sindaco del villaggio. Appena prima di essere catturati, sentendo la gravità della situazione, i nostri fratelli difesero i tre postulanti che stavano con loro, e chiesero loro di andare a pregare in cappella senza uscire. Hanno vissuto la situazione di Gesù che sul monte degli Ulivi disse per i suoi discepoli: “Se cercate me, lasciate andare questi”. Anch’essi dissero a chi li catturava “qui siamo noi i Sacerdoti, ma non toccate i giovani”. I terroristi di “Sendero Luminoso” uccisero i missionari perché secondo loro: “ingannavano il popolo”, “Predicavano la pace”,“addormentavano la gente dando da mangiare”, cosi che non trovassero la spinta e il desiderio di fare “la rivoluzione”. “La religione è l’oppio del popolo, un modo di dominarlo” (secondo il famoso detto marxista!).
Miguel era un uomo di profonda fede, semplice, un uomo di preghiera, evangelizzatore e solidale. Amava molto la Vergine ed era vicino ai giovani e ai bambini per mezzo della musica, nella quale aveva grandi doti. Zbigniew aveva doti organizzative e molto senso di responsabiltá. Amava la natura, voleva servire gli altri, aveva una fede profonda e una vera passione per la figura di San Massimiliano Kolbe. Miguel y Zbigniew non ci hanno lasciato un testamento “formale”; sono stati sorpresi da sorella morte, in piena corsa. Lasciarono il testamento che rappresenta e riassume l’identità di tante vite e morti anonime che credevano, lottavano e lavoravano per i valori del Regno in Perù e in molte altre parti del mondo, nelle varie situazioni storiche, politiche, culturali, ideologiche.
La morte da martiri di Miguel e Zbigniew è un fatto, non un discorso; come lo fu l’abbraccio di Francesco al lebbroso, o il sorriso di Giovanni Paolo I, o il passo silenzioso di Massimiliano Kolbe per Auschwitz, o la fuga di una donna africana dal suo paese con il poco che ha sulla testa e i suoi figli stretti per mano, o l’uomo che vedeva la sua casa divorata dalle fiamme… Sono fatti e gesti che umanizzano gli uomini, risvegliano in noi una sana passione per l’autenticità, mostrano il volto di Gesù, che continua a dirci: “Seguimi”.
Per approfondire la nostra Realtà Missionaria Francescana, visita il sito dell’ Ordine dei Frati Minori Conventuali
