Che differenza c’è fra confessarsi e avere un dialogo con una guida spirituale? Le due cose possono coincidere? Lo scopriamo insieme!
Potremmo cavarcela abbastanza in fretta e dire – senza tanti giri di parole – che la confessione è un sacramento, mentre la direzione spirituale non lo è.
Se questo è vero, rimane però viva la necessità di capire bene non solo che cosa sia un “sacramento” (non è così scontato, credetemi…), ma anche perché esso si diversifica da un cammino di direzione spirituale.
Provo a richiamare solo qualche coordinata di massima, senza la pretesa di approfondire del tutto un tema piuttosto impegnativo.
Confessione: tuffarci nella bontà di Dio
Credo innanzitutto sia importante ricordare che la confessione, in quanto sacramento, ci fa entrare in comunione con il Signore morto e risorto per noi. Tutti i sacramenti, infatti, ci mettono nella possibilità di lasciarci invadere totalmente dalla bontà del Signore, dal suo farsi accanto, vicinissimo, intimo a noi.
Un sacramento ci permette di “tuffarci” nel dono della vita che il Risorto ci offre sempre. Sempre. Possiamo sperimentare che Gesù è vivo ed è “sbilanciato” a favore nostro, tutto preso dal desiderio di farci vivere nella speranza. Nella sua amicizia.
Mi esprimerei così: quando siamo traballanti, sfiduciati, tristi o ansiosi, diviene quanto mai importante fare l’esperienza della bontà del Signore; e il sacramento della confessione avrebbe esattamente questo “potere”: farci sentire che non ci manca più il terreno sotto i piedi, perché abbiamo ritrovato un punto di appoggio: Gesù.
Ma perché spesso ci sentiamo traballanti e bisognosi di appoggi affidabili? Per la “semplice” ragione che siamo fragili e peccatori; per il fatto che spesso cerchiamo felicità e gioia lontano dal Signore, come presi dalla smania di fare “di testa nostra”, senza che nessuno ci dica niente. Siamo fatti così; in noi c’è una specie di “tarlo ribelle” che ci dice così: “Fai di testa tua, vedrai dopo come starai bene!”.
E poi scopriamo che, così facendo, ci disperdiamo, ci sfibriamo, diventiamo tristi… Insomma: andiamo a cercare acqua in mezzo al fango invece che accoglierla pura e limpida, gratis, dalle mani del Signore.
Questo “cercare lontano”, questo “fare di testa nostra” si chiama peccato. E il Signore sa che noi siamo così vacillanti, che ci lasciamo ingannare. Non ci guarda in modo cattivo, ma desidera ardentemente che noi possiamo tornare a rituffarci nel suo sguardo dolce e simpatico. Ecco il senso della confessione.
Un sacerdote, per quanto sia debole come tutti, ci fa sentire delle parole buone e ci ricorda questo sogno di Dio: darci perdono e pace. Che significa: non solo il perdono, ma anche la gioia di essere perdonati. E si riparte con fiducia!
Dovremmo uscire dal sacramento della confessione con la soddisfazione dei bimbi di avercela fatta: non l’hanno avuta vinta il male e la tristezza; l’ha avuta vinta il Signore della gioia, che ci ha riconciliati. Confessione, il sacramento della riconciliazione: un modo per ristabilire legami fiduciosi, con il Signore e tra di noi.
PS: a questo link trovi un altro articolo interessante su “cosa dire in confessione“.
Direzione spirituale: cercare insieme
Anche la direzione spirituale parte dalla constatazione che da soli non possiamo farcela, che abbiamo bisogno di aiuto.
Mentre nella confessione domandiamo il perdono per i nostri peccati, con l’assoluta certezza di essere inondati e “rifatti nuovi” dalla misericordia del Signore, nella direzione spirituale possiamo desiderare e cercare tantissime cose, le più diverse. Proveremo a fare qualche esempio.
Ma prima, forse, val la pena evidenziare subito una cosa. Stiamo parlando di direzione “spirituale”. Il che significa che ci collochiamo in un orizzonte di fede: siamo cioè interessati a leggere la nostra vita nella certezza di essere accompagnati dallo Spirito Santo; e quindi desideriamo cercare la nostra felicità in compagnia del Signore, fidandoci del suo Vangelo, anche se non lo conosciamo poi così bene.
Un direttore spirituale, per intenderci, non è uno psicoterapeuta, un counselor… Nemmeno un cartomante o un astrologo… Ma un amico di Dio, che può aprirci la strada per vivere, anche noi, la medesima amicizia con Gesù.
Perché iniziare un cammino di direzione spirituale? Ed eccoci finalmente agli esempi:
- Non mi capsico più. Sto girando a vuoto. Le cose non vanno male, ma sento che manca un senso profondo alla mia vita. Non so cosa fare “da grande”. La direzione spirituale, in tal caso, mi aiuta ad ascoltare i miei desideri, le mie inclinazioni, i miei sogni. E un direttore spirituale mi può aiutare a scoprire quanto il Signore mi ha donato, affinché anch’io lo doni ad altri. Per fare bella la vita degli altri. Cerchiamo, insomma, quella che chiamiamo “volontà di Dio”. E la volontà di Dio è sempre un bellissimo sogno che attende di trovare vie concrete, di far esplodere profumo e bellezza.
- Vivo abbastanza bene. Le mie amicizie sono serene e i miei rapporti familiari anche. Tuttavia sento che la mia vita di fede è piuttosto scialba… So con la testa che il rapporto con il Signore è importante, ma ho bisogno di riscoprirlo con il cuore, con gli affetti. Un direttore spirituale mi può aiutare a recuperare mordente e profondità nel mio rapporto con Gesù, a riscoprirlo amico affidabile. Non presenza teorica lontana, ma confidente e affascinante, con cui è bello stare.
- Mi sento davvero lontano dal Signore… Nemmeno so più chi sia. Nonostante questo, qualcosa mi dice che è troppo importante per lasciarlo “sparire del tutto”; che forse conviene proprio verificare se il Signore, anche per me, ha qualcosa da dirmi, da darmi. E allora il direttore spirituale mi può aiutare a recuperare i contorni di Dio. Magari posso anche scoprire che il Signore mi sta già accanto e mi sta parlando in mille modi, ma io non me ne sono accorto.
- Ho sempre vissuto una vita spirituale che, a me, è sembrata frizzante e vivace. Ma mi è accaduto qualcosa di difficile, di troppo pesante da sostenere. Anche la mia fede pare andare a rotoli, perché il Signore non mi sembra più accanto a me. Sono tentato di buttare via tutto. Il direttore spirituale mi può aiutare a fidarmi anche del “silenzio” di Dio, a crederlo al mio fianco anche se, affettivamente, non lo sento. Lo riscopro a livello più profondo.
Sono soltanto alcuni esempi, forse tra i più comuni. In fondo ci dicono che nessuno di noi può camminare isolatamente, che abbiamo sempre bisogno di qualcuno da ascoltare, a cui raccontarci. Non si tratta più, come nella confessione, di chiedere perdono per i peccati; ma di cercare luce, sale, sapore, medicina, consolazione. “Ingredienti” buoni da lasciar cadere nel terreno della mia storia personale.
Per tutte queste ragioni, mentre un confessore può anche essere diverso di volta in volta, sarà quanto mai importante che la direzione spirituale possa essere vissuta con una stessa persona, che pian piano ci conosce e di cui, noi, pian piano impariamo a fidarci, aprendoci progressivamente. Sapendo che si potrà ritornare da quella stessa persona, per aprire assieme a lei nuove porte, riacciuffare qualche filo nuovo, intercettare nuove domande che nascono in me…. Forse si tratta di aprire nuovi interrogativi, che mi rimettano in gioco; non di dare risposte definitive.
PS: Se cerchi altre informazioni sulla “direzione spirituale” vai a questo link.
Qualcosa in comune?
Esperienza di benevolenza
Si dice che la confessione “vale sempre”, indipendentemente dal sacerdote: anche se è frettoloso, o burbero, o distratto… Sì, è vero. Grazie a Dio il sacramento è, appunto, di Dio. E del suo perdono possiamo rimanere sicuri.
Tuttavia, proprio perché un sacramento è anche un’esperienza, un momento in cui “toccare con mano”, è importante che noi, nell’atteggiamento del sacerdote, possiamo “toccare con mano” la bontà di Dio, la sua tenerezza, la sua pazienza, il suo sguardo accogliente. Per questo sarà importante che il sacerdote si predisponga a offrire proprio questo stile “divino”, che abbia benevolenza, che sappia donare a tutti la fiducia di ripartire.
Nella direzione spirituale, chiaramente, questo è altrettanto importante. Anzi: se un direttore spirituale non è in grado di offrire accoglienza, benevolenza, pazienza, assieme a determinazione e incoraggiamento… allora è proprio meglio che cambi mestiere!
A partire da ferite condivise
Un altro aspetto che accomuna confessione e direzione spirituale va senz’altro riconosciuto nel fatto che sia il sacerdote che confessa, sia il direttore spirituale che guida sono “bisognosi”. Con le persone che ascoltano, cioè, condividono a loro volta una medesima povertà, lo stesso bisogno di aiuto.
Anche il sacerdote è peccatore; anche il direttore spirituale ha bisogno di essere guidato. E tale stato di bisogno e carenza dovrebbero permettere che entrambi siano nella situazione di capire meglio le persone, di farsi loro compagni di viaggio con discrezione e comprensione. Nessuna altezzosità, dunque, nessuna saccenteria o durezza può caratterizzare il ministro della riconciliazione o la guida spirituale; ma sempre e solo tanta umiltà, guardando “dal basso”, come Gesù ai piedi dei suoi discepoli.
Conclusione
Nessuna conclusione è possibile, ovviamente, a partire da queste poche considerazioni. Solo un’ultima battuta. Credo sia un aspetto molto bello, questo, della nostra fede cristiana. E cioè che le “cose” più significative e importanti per un discepolo di Gesù non lo riguardano mai solo singolarmente e solo mentalmente. Ma sempre come persona chiamata a relazionarsi, a chiedere e donare aiuto. Sempre come persona chiamata a fare esperienza mettendosi in gioco totalmente: mente, cuore, affetti, volontà, sogni, desideri, fallimenti, conquiste.
Buon cammino alla ricerca della volontà del Signore e buoni tuffi nell’amore di Dio a tutti voi!
fra Antonio Ramina – Rettore della basilica di sant’Antonio a Padova – info@vocazionefrancescana.org