Oggi regna nel mondo l’indifferenza? Sul serio? Ci gustiamo allora questa lettera “aperta” scritta ai giovani suoi coetanei da Brunilde (19 anni). Indifferenza o fare la differenza?
Si celebra oggi la memoria di santo Stefano, il primo giovane ucciso a causa di Gesù e del Vangelo. Nel nostro mondo occidentale, episodi tanto drammatici certo difficilmente ormai accadono (in altri paesi lontani ancora si rischia la pelle in nome della fede e in odio ad essa!). Oggi però qui da noi, vige un nuovo atteggiamento ormai generalizzato, un virus forse peggiore dell’odio, che sta devastando non solo la fede di molti, ma anche gli affetti, le relazioni, la coscienza, la libertà, la dignità della nostra umanità. Parlo dell’indifferenza, di un indurimento del cuore, di un menefreghismo dilagante per cui si chiudono gli occhi di fronte ad episodi crudeli, non ci si lascia toccare da nessuna ingiustizia, neppure ci si sente coinvolti in alcun richiamo di bene o bellezza o idealità… La “crisi vocazionale” che la Chiesa vive, nasce anche da questo sentire ormai diffuso che irride e ostacola qualsiasi richiamo a “spendersi” a “donare la vita” per Dio e per gli altri.
Al riguardo, Brunilde (una ragazza di 19 anni), ha scritto una lettera aperta ai suoi coetanei “indifferenti” . Ve la propongo: è davvero bellissima e provocante!
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org
“Eravamo al pian terreno, accanto alla pista. Si è formato un cerchio di ragazzi attorno, noi abbiamo cercato di intervenire, ma è stato un attimo. Nicco perdeva sangue dalla bocca, quei due che l’avevano picchiato sono scappati, nessuno li ha fermati. Abbiamo cercato di soccorrerlo, di sollevare il corpo, era pesante, nessuno ci dava aiuto, erano tutti lì a riprendere la scena con i telefonini ” (Filippo, amico della vittima). Costa Brava, a 70 km da Barcellona, discoteca St.Trop’ (14 agosto 2017). Niccolò Ciatti, 22 anni, morto il giorno dopo il pestaggio… ed “erano tutti lì a riprendere con i telefonini”.
Che ne pensi? Sai, ripensando a questa scena mi è venuta in mente la Crocifissione. È vero, allora non c’erano i telefonini… ma quanto popolo c’era, lì, in quel momento, impassibile! Mancavano solo i macabri, inermi riflettori dei flash, riservati a Niccolò. Ma le persone c’erano in entrambe le occasioni. Persone vive, con un cuore, una coscienza, dei sentimenti, dei pensieri! Persone “vive”…davvero?
Ti faccio una domanda, che in un primo momento potrà sembrarti banale: chi ha ucciso Niccolò? I giornali hanno riportato che sono stati tre ceceni (dai 20 ai 26) ad ammazzarlo di botte, con il calcio finale sul viso. Proviamo a cambiare il punto di osservazione: Niccolò veniva pestato a sangue, e nessuno è intervenuto. Era appena stato picchiato, e nessuno l’ha soccorso. Per che cosa è morto, solo per le botte? Sei sicuro? Più di qualche anno fa ho ascoltato in una fiction televisiva una frase che da allora di tanto in tanto mi torna alla mente, e diceva più o meno questo: “Sai qual è l’opposto dell’amore? L’indifferenza, perché nell’odio risiede ancora una dimostrazione di interesse”. Te che ne dici?
Per capire meglio cosa sia questa indifferenza, l’ho cercata nel dizionario di casa (uno di quelli delle guerre puniche…!) e ho trovato “mancanza di partecipazione e di interesse“. Come sinonimo, invece, era riportata la parola apatia, ovvero “incapacità prolungata o abituale di partecipazione o di interesse, dal punto di vista affettivo o anche intellettivo”.
Forse ci possono aiutare due rappresentazioni bibliche efficaci per capire meglio l’indifferenza e l’amore: il cuore duro e il cuore puro. Adesso però c’ è una cosa pazzesca che vorrei dirti… nella cultura semita il cuore non è il centro dell’emotività, come lo è per noi. È ben di più. Per gli ebrei il cuore è la sede delle tue scelte, delle tue decisioni. È la sede della tua coscienza! Non è geniale?
Un cuore duro quindi come potrà essere? Io me lo immagino come una terra riarsa al sole nelle giornate estive più secche, così impaccata che non riesce nemmeno più ad assorbire acqua né a respirare. Oppure come i terreni negli inverni rigidi, che si imbiancano senza che la brina possa penetrarli. Un cuore che non partecipa e non si interessa, che non si fa carico delle cose, degli impegni, delle persone, come sarà? Splendente, riposato, respirante, gioioso, ordinato, con voglia di vivere? O, piuttosto, spento, stanco, affollato (e quindi sempre e comunque immerso nella solitudine) e soffocato, triste, disordinato, morto dentro?
Il cuore duro è un cuore separato. Separato da Dio, dagli altri, da se stesso. Perdendo la comunione con Dio l’uomo subisce la ribellione delle passioni e l’oscuramento della conoscenza, deforma il modo di rapportarsi agli altri e alle cose, crea conflitto sociale e strutture di peccato. La separazione nel cuore dagli altri può portarci a non riconoscere quello che dobbiamo fare, quello che è importante, che vale, la parte più profonda della vita e delle persone alla quale non vogliamo rinunciare. La separazione nel cuore da noi stessi può portarci a non riconoscere quello che possiamo fare, chi siamo, il nostro valore (in quanto figli di Dio), la parte più profonda di noi alla quale non vogliamo rinunciare?
E com’è facile che le cose scivolino di dosso, come l’acqua! Talvolta anch’io mi sorprendo a pensare o dire che non c’entro niente con quanto accaduto, che la responsabilità è di questo, quello, quell’altro… e la mia? Un lavoro negligente, uno studio superficiale e dell’ultimo secondo, le amicizie trascurate, la battuta non pensata “contando fino a dieci” (come dicono sempre i genitori), una chiamata posticipata troppo, le omissioni (mancate azioni di bene),… diciamocelo: non è colpa dell’allenatore che ci ha chiesto un allenamento in più, della nonna che ci ha tenuto al telefono mezz’ora, dell’amico… La responsabilità è nostra, senza scuse. E quanto moriamo dentro di noi, giorno dopo giorno, o facciamo soffrire gli altri, giorno dopo giorno!
Però la Bibbia ci parla anche del cuore puro. Dono del Signore e frutto dell’impegno personale. Impegno nell’amore. La via della carità purifica il cuore da quei pesi, quei blocchi che attanagliano la nostra vita, la nostra volontà, la nostra libertà. Lo Spirito sostiene il cammino, ma è l’uomo che cammina. Un percorso lento ma costante, alimentato con la preghiera, l’esercizio pratico delle virtù; ricco di gesti frequenti e generosi di premurosa attenzione. Perché la carità non ci rende indifferenti, ma capaci di amare tutti appassionatamente in Dio. Ehi, ma questo è il Regno dei Cieli! Non il Paradiso, ma il Regno di Cieli: quello vicino a noi, che possiamo vivere ogni giorno nonostante tutti gli impegni che abbiamo e le cose che facciamo: perché Dio regna, e regna anche sulla terra, sulla nostra storia.
“Amare gli altri sia per te più che stare in un appartato eremo”, diceva San Francesco ad un superiore di un convento affaticato dalle cattive relazioni con alcuni suoi frati. E ce lo dice proprio lui, quel Francesco che ad un certo punto ha deciso: voglio passare dall’indifferenza a voler fare la differenza! Facendo pulizia del cuore dal “di più”, per essere disponibile. Facendo sintesi, unione e coerenza tra tutti i diversi ambiti della mia vita. Dando senso alle mie azioni, e omissioni.
Per essere santi non ci sono abbonamenti speciali, caratteristiche ereditarie o posizioni socialmente utili o di svantaggio! Francesco ha voluto fare la differenza rispetto a quello che era, nelle piccole cose, in ogni azione, impegno, relazione, per essere parte delle tante gocce del mare dell’amore. Gocce indispensabili. Quanto amore possiamo vivere in ogni giornata! Non ci credi? “Vieni e vedi”… Per accompagnarti nell’immersione della tua quotidiana Felicità, S. Francesco ti lascia una sua preghiera tutta speciale che lo ha aiutato nel suo cammino:
“O alto e glorioso Dio, illumina el core mio.
Dame fede dricta, speranza certa,
carità perfecta, humiltà profonda,
senno e conosciemento,
che io servi li toi comandamenti”.
Brunilde, 19 anni – spiritodelsole3@gmail.com