Sono sempre molti coloro che mi scrivono chiedendomi della nostra vita di frati francescani. Fra le caratteristiche più evidenti vi è la fraternità‘, il vivere insieme da fratelli. Tipico del frate francescano è dunque, non vivere da solo (come per es. i preti diocesani), ma condividere con altri frati una vita, le scelte, un ideale, una missione.
Che significa vivere e considerarsi “fratelli”? Alcune suggestioni….
a) La doppia relazione presente nel termine “fratello”:
- E’ riconoscere prima di tutto una comune origine e figliolanza, nell’unico “Padre nostro” che è nei cieli.
- Dice uno stato paritario tra noi : condividiamo la stessa dignità, gli stessi diritti e doveri. Nessuno è “sopra” o “sotto” altri.
b) I sentimenti di San Francesco nell’usare il termine “fratello”.
- Per Francesco i fratelli sono un dono elargitogli dal Signore. (Testamento, FF 116)
- Francesco non si atteggia mai a padrone o profeta nella suo relazionarsi con gli altri, ma si presenta come “frate Francesco, il più piccolo dei frati” (Testamento). Questo è lo stile che deve segnare ogni comunità francescana.
- Francesco vuole poi essere fratello di tutto il mondo e di ogni creatura: “frate sole, sora luna” (cf. anche FF. 460-461)
c) Come Francesco voleva che fossero i sentimenti reciproci dei suoi frati:
- Francesco non fonda un monastero o un’abbazia sullo stile monastico in un rapporto piramidale fisso, ma una “fraternità” (“protettore di questa fraternità”: Regola FF. 108)
- Il nome che sceglie per sè e i suoi compagni, di “frati minori”, rivela una relazione di assoluta uguaglianza, di servizio e responsabilità reciproca, guidata dall’amore (Regola: FF. 91). Anche i frati chiamati a guidare la comunità, afferma: “sono servi di tutta la fraternità”.
- Francesco vuole che i frati siano lieti, semplici, umili, poveri e miti…
c) Missione della fraternità francescana:
- I frati sono chiamati a “vivere il santo Vangelo” sulle orme e sull’esempio di Cristo povero, umile e crocifisso, che ha raccolto attorno a sé i discepoli, ed ha lavato loro i piedi. La fraternità è lo spazio privilegiato d’incontro con il Signore, nel servizio e nel dono reciproco, nella testimonianza gioiosa e lieta di camminare insieme dietro a Lui.

Uno spaccato della fraternità evangelica di Francesco:
Piuttosto che stendere un elenco di virtù, Francesco presenta degli uomini reali, i suoi primi compagni, sottolineando di ciascuno la virtù caratteristica. Il frate minore ideale dovrebbe essere la somma vivente di questi aspetti della medesima vocazione. Si noti l’amore col quale egli si sofferma anche sulle doti naturali dei frati; è l’attitudine che lo caratterizza come santo e poeta nel Cantico delle creature.
Dallo Specchio di Perfezione [cap. 85: FF 1782]
Francesco, immedesimato in certo modo nei suoi fratelli per l’ardente amore e il fervido zelo che aveva per la loro perfezione, spesso pensava tra sè quelle qualità e virtù di cui doveva essere ornato un autentico frate minore . E diceva che sarebbe buon frate minore colui che riunisse in sè la vita e le attitudini dei seguenti santi frati:
- la fede di Bernardo, che la ebbe perfetta insieme con l’amore della povertà;
- la semplicità e la purità di Leone, che rifulse veramente di santissima purità,
- la cortesia di Angelo, che fu il primo cavaliere entrato nell’Ordine e fu adorno di ogni gentilezza e bontà,
- l’aspetto attraente e il buon senso di Masseo, con il suo parlare bello e devoto;
- la mente elevata nella contemplazione che ebbe Egidio fino alla più alta perfezione;
- la virtuosa incessante orazione di Rufino, che pregava anche dormendo e in qualunque occupazione aveva incessantemente lo spirito unito al Signore;
- la pazienza di Ginepro, che giunse a uno stato di pazienza perfetto con la rinunzia alla propria volontà e con l’ardente desiderio d’imitare Cristo seguendo la via della croce;
- la robustezza fisica e spirituale di Giovanni delle Lodi, che a quel tempo sorpassò per vigoria tutti gli uomini;
- la carità di Ruggero, la cui vita e comportamento erano ardenti di amore,
- la santa inquietudine di Lucido, che, sempre all’erta, quasi non voleva dimorare in un luogo più di un mese, ma quando vi si stava affezionando, subito se ne allontanava, dicendo: Non abbiamo dimora stabile quaggiù, ma in cielo (Eb 13,14).
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org