Oggi rispondo ad una domanda (non così scontata) di Marco, un ragazzo di 15 anni, e riguarda il termine “frati” che ci contraddistingue come francescani: “Perché usate questa parola “frati” per definirvi e che significato ha all’interno delle varie vocazioni nella Chiesa?”. Ecco la 26° pillola vocazionale.
Al Signore Gesù sempre la nostra Lode. fra Alberto (fra.alberto@davide.it)
La fraternità: una vocazione
Per rispondere alla domanda di Marco, parto da un’altra fondamentale che rivolgo a tutti voi: “In quale maniera e con quale stile di vita, sei chiamato a rispondere alla chiamata del Signore? Da solo? Con altre persone?”.
Infatti, in base ad ogni specifica vocazione, differenti tipi di strade e di scelte di vita sono possibili nella Chiesa:
- Il prete secolare, per esempio, risponde al Signore in modo molto individuale, con una missione altrettanto particolare e ben definita (la parrocchia).
- Il monaco, invece, vive in un contesto comunitario, dove però il silenzio e il cammino personale risultano preponderanti.
- L’eremita, pure trascorre i suoi giorni nella solitudine e nella preghiera.
- E il frate francescano allora? Per il frate francescano, la fraternità, il vivere da fratelli e con dei fratelli, sta al cuore della sua chiamata e vocazione! Da qui nasce la risposta e il senso del nostro chiamarci “FRATI”.
Il Signore mi ha donato dei fratelli
La vocazione francescana è un cammino di maturità per imparare dagli altri e comprendere gli altri. «L’altro» è sempre differente da me, e il Signore me lo dona per farmi crescere e migliorare.
Se guardiamo alla vicenda vocazionale di san Francesco scopriamo che all’inizio della sua ricerca egli è solo, ma ben presto, alcuni compagni ed amici sono sedotti dal suo stile di vita, e così una piccola comunità si forma attorno a lui. Egli stesso, descrivendo questo fatto, dice meravigliato: «Il Signore mi donò dei fratelli ! ». Questa espressione ci fa anche capire come Francesco non scegliesse i frati in base al loro “curriculum” o per particolari doti o carismi, ma semplicemente accogliesse ciascuno come dono dall’Alto! Allo stesso modo anche nelle nostre comunità, non ritroviamo necessariamente le persone migliori o perfette né le più interessanti o semplicemente quelli che la pensano come noi…! No! Ma è il Signore stesso ad inviare i fratelli che egli vuole e sceglie! Essi pertanto sono sempre un dono, non un peso o un onere!
- Senza l’altro, la vocazione francescana perde il suo buon sapore e la sua profezia. Ma anche, sappiamo bene, che l’altro è talvolta difficile da accogliere e accettare .
- Il Vangelo che san Francesco ha voluto vivere è un bel cammino di amore e di perdono e di compassione, dove, a poco a poco, Gesù ci fa crescere nella pazienza reciproca, nel rispetto, nell’amore, nello humor, nel perdono e nella vicendevole libertà.
Ma allora, chi è il frate perfetto?
Ecco la domanda che un giovane frate pose un giorno a san Francesco. Ad essa egli non rispose indicando per esempio, fra Bernardo o fra Leone (che stimava moltissimo), ma con saggezza invitò a guardare alle specifiche qualità di ciascun frate: la bontà dell’uno, l’intelligenza dell’altro, la forza di un terzo, etc. nessuno escluso! Di ognuno, certamente egli conosceva bene anche i difetti, ma mostrandone prima di tutto i doni e i talenti, volle così indicare la via maestra per costruire la vita fraterna e il modo di vivere di una comunità francescana!
- L’insegnamento di san Francesco è dunque semplice: non esiste un frate perfetto! Ma ciascun frate con la sua vita e la sua unicità è chiamato a costruire la fraternità.
- L’altro, il diverso da me, è un’opportunità per la mia vocazione
È proprio questo la cosa che mi affascina… ogni frate vede in tutti gli altri degli altri se stessi simili ma al tempo stesso così diversi da completarsi a vicenda.