Il ponte
Avevo
innanzi agli occhi le tenebre.
L’abisso che non ha rive, l’abisso che non ha vette,
era lì, tetro, immenso, e nulla si moveva.
Mi sentivo perduto in quel muto infinito.
Nel fondo, nell’ombra, velo impenetrabile,
si intravedeva Dio come una buia stella.
Gridai: «Anima mia! O anima! Bisogna,
per traversare il baratro che non ha sponda alcuna,
e perché questa notte fino al tuo Dio ti innalzi,
costruire un ponte immenso, con milioni di arcate!
Chi mai potrà? Nessuno! O dolore, o spavento! Piangi!»
Un fantasma candido si rizzò accanto a me
mentre gettavo nell’ombra uno sguardo sgomento
aveva, quel fantasma, la forma di una lacrima
e una fronte virginea e mani di bambina;
rassomigliava al giglio, che il candore protegge
le mani, congiungendosi, emanavano luce.
L’abisso mi additò, in cui tutto va in polvere,
abisso così fondo che mai vi risponde l’eco,
e mi disse: «Se vuoi, costruirò io quel ponte».
Verso quell’ombra pallida alzai trepido il viso.
«Il tuo nome?» le chiesi. Rispose:
«La preghiera».
Victor Hugo