Oggi non posso dimenticare uno straordinario santo francescano (frate minore conventuale), P. Massimiliano Kolbe, nell’anniversario della sua tragica morte ad Auschwitz il 14 agosto del 1941, quando offrì la sua vita al posto di un altro prigioniero già condannato.
Vi propongo al riguardo una bella riflessione di un caro anziano confratello del Convento del Santo (Pd), che da sempre ha studiato e approfondito la figura di p. Kolbe.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org
Papa Francesco ad Auschwitz, recentemente, ha chiesto perdono e silenzio. Nella “cella dell’inferno”, quella di P.Kolbe, ce l’hanno mostrato di spalle, chinato, senza parole: mi dava l’impressione che prestasse la voce a Dio. Aveva scelto di morire lì dentro per risparmiare la vita a un padre di famiglia, disperato. Lo sanno tutti, ne parlano come un ricordo di grande amore, ma fanno fatica a rimanere in silenzio.
In un film “Vita per vita”, ambientato ad Auschwitz, diretto da C. Zanussi, il detenuto che fuggendo procurò la drammatica rappresaglia, si chiede:
“Non so neanche se credere a questa storia. Ad Auschwitz non esistevano santi. Si lottava solo per sopravvivere. Chissà se è vero. Fosse anche vero, io penso che sia stato un modo come un altro per suicidarsi. Non approvo quello che ha fatto a se stesso”. “I preti non ammettono il suicidio. Infatti non si è ucciso contro un filo spinato come altri”. “E se per caso avesse salvato te?” “Tu non hai idea chi fosse l’ufficiale che comandava. Era un bastardo, non avrebbe mai permesso quello scambio”. Al termine del film il fuggitivo vuole emigrare in Germania. “Io me ne frego della memoria, voglio incominciare una nuova vita e lasciare il passato alle spalle”. “Guarda qui c’è scritto che hanno trovato l’uomo salvato da P. Kolbe nel 1941. Era un soldato. Che è quella storia?” “Non lo so e neanche mi riguarda”.
Ho visto Papa Francesco camminare solo, commosso, tra i viali della drammatica schiavitù moderna. Ha abbracciato ebrei e non ebrei sopravvissuti. Anche loro in silenzio. Ha baciato il palo dell’impiccagioni, piantato sulla piazza dell’Appello. Non ha sorriso a nessuno. Dopo aver ascoltato il “De profundis”, letto da un rabbino, ha scritto in lingua spagnola sul libro dei visitatori di Auschwitz: “Signore abbi pietà del tuo popolo! Signore perdona per tanta crudeltà!” Firmato: Franciscus, 29.7.2016.
I campi di concentramento cambiano paese e i martiri credenti e non credenti sono costretti ad abitarli. Diventano polvere, ma non muoiono.
“Vorrei essere polvere, aveva scritto Padre Massimiliano Kolbe, dichiarato ufficialmente dalla Chiesa Cattolica santo martire, per viaggiare con il vento e raggiungere ogni parte del mondo a predicare il Vangelo”.
Il 15 di agosto, festa dell’Assunta, il giorno dopo la morte, le polveri del suo corpo furono sparse al vento.Il drammaturgo rumeno, battezzato francese, Eugène Ionesco, stupito che un uomo abbia offerto volontariamente la sua vita per uno sconosciuto, ha scritto: “Massimiliano Kolbe è un santo. Io ammiro e adoro in lui ciò che è difficile: il sacrificio e la santità. Vivere e morire per gli altri, nell’amore della vita e della morte: ecco quanto fece, ecco ciò che fu l’esistenza di Massimiliano Kolbe. Per me è la sola esistenza invidiabile, la sola esistenza che merita di essere vissuta, che giustifica, abbondantemente, sia la vita che la morte”.
fra Luigi – info@vocazionefrancescana.org