Anche oggi Papa Francesco, è tornato sul dramma dei profughi, invitandoci ad aprire a questi disperati le nostre porte e il nostro cuore.
Si tratta di un richiamo forte già rivolto in tante occasioni durante quest’anno Giubilare; un tema in realtà (riconosciamolo con onestà!) non scontato, nè facile che ci trova tutti impreparati. Al riguardo, è bello vedere come alcune nostre comunità (Treviso, Camposampiero, Padova..) abbiano provato ad attivarsi in questi mesi con discrezione e senza clamori.
Si tratta di accoglienze spicciole e semplici, di due o tre persone per convento. Niente di eclatante! Il segno è però grande ed è un’esortazione e una provocazione prima di tutto per noi frati e ogni nostra realtà.
Riporto di seguito la testimonianza di Fra Antonio Ramina, rettore del nostro seminario maggiore “Sant’ Antonio dottore” in Padova, il convento dove studiano e si preparano i nostri giovani frati alla Professione solenne e al sacerdozio. Da qualche mese, in comunità sono giunti due giovani nigeriani, fuggiti dalla loro terra. La loro presenza ci aiuti a non chiudere gli occhi ai fratelli nel bisogno.
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fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org

Da circa quattro mesi ospitiamo presso il nostro convento due giovani nigeriani, di 23 e 25 anni. La nostra è un’unica comunità, composta da frati professi solenni e dal gruppo dei giovani frati professi temporanei in formazione iniziale.
L’anno scorso ci siamo tutti interrogati più volte su quanto potevamo fare per offrire un segno concreto di accoglienza. Gli inviti del papa e la constatazione delle esigenze sempre più pressanti che bussavano alle nostre porte ci hanno spinto a riservare concretamente alcuni spazi della nostra casa per ospitare persone bisognose di un luogo in cui trovare protezione.
Il nostro desiderio era di poter dare ospitalità a qualcuno che desiderasse condividere con noi i «ritmi» della nostra vita, con libertà e semplicità. Si voleva evitare, in altre parole, di offrire semplicemente una stanza, senza che poi ci fosse la possibilità di contatti effettivi nella quotidianità ordinaria.
E così, verso la metà del mese di novembre 2015, sono giunti i due ragazzi nigeriani. Un po’ l’italiano lo sapevano, dato che in Italia erano arrivati già da qualche mese. Con loro si è instaurata una relazione cordiale, sin da subito. Certo: sono fortunati, perché sono arrivati nel nostro convento avendo già iniziato un’esperienza di lavoro presso una cooperativa, dove tuttora sono impegnati. Per il resto vivono con noi come persone di casa, condividendo con noi i pasti, qualche serata di fraternità quando desiderano trascorrere del tempo in più con i frati.

Danno gioiosamente il loro contributo in alcuni servizi semplici e sono fedelissimi nel partecipare con noi ai momenti di preghiera comunitaria, pur avendo lasciato loro la piena libertà di esserci o meno. Sta di fatto che, da quando sono arrivati, non hanno mai mancato di regalarci il loro quotidiano sorriso, la loro discreta testimonianza di serenità nonostante, alle spalle, abbiano un vissuto drammatico e doloroso.
Ci rendiamo conto: è solo un segno, un segno piccolissimo, che certamente non risolverà il problema enorme dell’accoglienza dei profughi.
E tuttavia siamo noi a ringraziare il Signore che ci sta donando di scoprire nel «forestiero» il volto di un Dio che si fa incontrare lì dove c’è limite, precarietà e bisogno di cura.
fra Antonio – info@vocazionefrancescana.org