Ho già più volte scritto di P. Placido Cortese, un nostro frate della Comunità del Santo (Pd), torturato ed ucciso dai nazisti durante la seconda guerra mondiale per il suo aiuto disinteressato e coraggioso a tante persone che si rivolgevano a lui presso il suo confessionale.
Ora questo luogo ne è diventato il memoriale e spazio di preghiera per tanti pellegrini che ancora continuano a chiedere il suo aiuto e la sua protezione dal cielo. In commemorazione del Servo di Dio p. Placido Cortese, domenica 15 novembre alle ore 11 nella Basilica del Santo, sarà celebrata una Messa a cui seguirà la visita e la preghiera al confessionale-memoriale.
L’esempio e la testimonianza di p. Placido vi aiutino nel vostro discernimento: diventare frate e religioso e prete chiede infatti, anche oggi, come sempre, il totale dono di sè.
Vi benedico. Al Signore Gesù sempre la nostra lode.
Di seguito una provocante lettura della vicenda di p. Placido da parte di un confratello
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org

(Cherso 1907- Trieste 1944)La chiesa ufficiale conserva la differenza e suggerisce “confessore”
“Buon giorno. Sono D.S. nato a Pavia nel 1971. Sono in carcere dal 2014. Ero incensurato. Ho sempre frequentato la comunità parrocchiale del mio paese. Ho fatto il chierichetto, l’animatore al Grest e ai Campi scuola, ACR. Leggevo in chiesa e cantavo nel coro. Qui in carcere vado al catechismo e al corso biblico. Mai avuto problemi con la giustizia. Ho perso la testa e ho ucciso uno che insidiava mia figlia dodicenne. I miei zii M.E.S. e V.A. in visita alla Basilica di S. Antonio, nell’estate scorsa, mi hanno consegnato, in prigione, un segnalibro che parla di Padre Placido Cortese. Sono “curioso” e affascinato dal suo eroismo. Vorrei saperne di più sulla sua vita esemplare. Vi ringrazio e vi chiedo una preghiera”.
I parenti di D.S. hanno trovato il segnalibro, di cui si dice, nel confessionale dove P. Cortese ascoltava i penitenti e riceveva i protagonisti della “Catena di salvezza”, formata da giovani, per lo più studenti, che rischiavano la vita quotidianamente per salvare ebrei e rifugiati, braccati dalla furia nazista, dopo l’8 settembre 1943. P. Placido era la mente e la guida. Nell’estate del 1944 rimase solo: senza il sostegno di preti amici, delle giovani collaboratrici (arrestate), messo in discussione dai superiori e da alcuni confratelli. Lo arrestarono le SS l’8 ottobre di quell’anno, traendolo in inganno. Testimoni ci raccontano che morì per torture inaudite nella sede della Gestapo a Trieste. Non rivelò alcun nome della “Catena di salvezza”. Un referto militare dice che gli tagliarono la lingua e cavarono gli occhi.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, quest’anno (25 aprile), nel fervente discorso per commemorare, a Milano, l’evento della Liberazione, espressamente ha detto:
Ci sono stati “eroi quotidiani che salvarono vite, che diedero rifugio a ebrei, che si prestarono a compiti di cura o di supporto come le sorelle Lidia, Liliana e Teresa Martini, padovane, che guidarono la fuga dai campi di concentramento di decine e decine di prigionieri alleati, prima dando loro il pane e un nascondiglio, poi instradandoli nottetempo verso la Svizzera, attraverso la rete costruita da padre Placido Cortese e dai due latinisti di grande fama Ezio Franceschini, dell’Università Cattolica e Concetto Marchesi, in seguito Rettore dell’Ateneo di Padova e deputato comunista”. P. Cortese è considerato “giusto” dagli ebrei, e “Padre Kolbe patavino, martire dell’amore al prossimo dalla gente comune”.
Per me la storia di Romero, arcivescovo di San Salvador, assomiglia a quella di Cortese, per molti anni dimenticato e anche diffamato:
“Dopo essere stato ucciso. Monsignor Romero è stato diffamato, calunniato anche dai suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato”. “Solo Dio sa la storia delle persone. E quante volte le persone che hanno già dato la propria vita, che sono morte, si continua a lapidarle con la pietra più dura che esiste nel mondo: la lingua”.
Da vent’anni circa padre Placido Cortese è ammirato. Ora si sta passando dall’ammirazione alla devozione. Il “Memoriale”, allestito nella Basilica d S. Antonio, a Padova, è meta di pellegrini che sostano di fronte alla foto gigante di Padre Placido sorridente e scrivono in un libro apposito: i loro sentimenti di fiducia e di ammirazione.
La Chiesa, per ora, non lo considera martire. Consiglia i promotori della causa di beatificazione di verificare l’eroismo nel praticare le virtù cristiane, coronate da un miracolo documentato, per associarlo come “confessore”. Testimoni del suo amore ai poveri, perseguitati civili e politici non hanno dubbi sul suo martirio, consumato come “olocausto del silenzio” per salvare innocenti. “Vox populi vox Dei”. La voce del popolo è la voce di Dio, che sta diventando un coro universale.
fra Luigi – info@vocazionefrancescana.org
Non si è lasciato sopraffare dalla malvagità. E' rimasto consapevole e fedele all' amore per Gesù e per i fratelli. Quando lo prego, lo sento molto vicino e mi commuovo.