Il 2 agosto ricorre la festa di “Santa Maria degli Angeli alla Porziuncola”, ma quasi tutti collegano questa data al cosiddetto “Perdono di Assisi”. Di cosa si tratta? E perché ci può interessare anche oggi?
Un po’ di storia
Nel 1216 Francesco d’Assisi si reca nella vicina Perugia, dove un conclave aveva da poco eletto il nuovo papa Onorio III. Il Poverello chiede al pontefice un privilegio mai concesso fino ad allora: l’Indulgenza plenaria a tutti coloro che fossero andati in pellegrinaggio alla chiesetta della Porziuncola, confessandosi e pentendosi dei propri peccati.
Oggi questa richiesta può sembrarci del tutto normale, ma bisogna ricordare che fino ad allora, per secoli, ottenere l’Indulgenza era una cosa rara e legata spesso al compimento di un pellegrinaggio, le cui mete erano tradizionalmente Roma, Gerusalemme o Santiago di Compostela. Figuriamoci come dev’essere sembrato agli orecchi dell’epoca accostare a questi famosi luoghi santi il nome, ancora sconosciuto, della Porziuncola di Assisi!!
Una porta aperta per tutti
Al tempo di Francesco esisteva già il sacramento della riconciliazione (la confessione e il perdono dei peccati), ma al gesto sacramentale si legava sempre anche un gesto esistenziale, che dimostrasse concretamente il lavoro interiore di conversione che si stava compiendo. Nel linguaggio medievale questo atto concreto era la “penitenza” che andava fatta per scontare la “pena”, cioè per riparare al male commesso, e spesso prevedeva qualcosa di oneroso come andare pellegrini in Terra Santa o alle tombe degli apostoli.
Tali pellegrinaggi evidentemente non erano realizzabili da tutti, tanto meno dalla gente povera. Probabilmente è proprio il contatto con i poveri che accende in Francesco il desiderio di rendere possibile anche a loro un pellegrinaggio più “facile”, ma che ottenesse gli stessi benefici spirituali, senza necessità di spese o oboli. Questo desiderio si intravede nelle parole commosse del Santo, quando annunciò ad Assisi l’ottenuta indulgenza: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!“(FF 3391-3397).

Cancellare tutto: la “colpa” e la “pena”
“Indulgenza” significa “perdono”, e di fatto è quello che riceviamo nella confessione, con l’assoluzione del sacerdote. Plenaria indica invece che c’è una “pienezza”, un di più da ricevere… di che cosa si tratta?
Dobbiamo ricordare che ogni peccato ha una duplice conseguenza. Da una parte causa una “ferita” nella buona relazione con Dio, quella relazione da figli che già ora chiamiamo “vita eterna”. D’altra parte i peccati compromettono anche l’equilibrio interiore della persona e il suo ordinato rapporto con le creature. Per un risanamento totale, non occorrono solo il pentimento e la remissione delle colpe, ma anche una riparazione del disordine provocato, che di solito continua a sussistere (cf. Catechismo degli adulti, 710).
Non accade forse lo stesso anche dopo un litigio tra amici? La bella relazione tra loro si potrà certamente risanare, ma con un po’ di tempo. Infatti, anche dopo che un’offesa è stata perdonata, rimane una certa difficoltà nei rapporti, finché con il tempo e la reciproca buona volontà non si guarisce l’amicizia che era stata “ferita”.
Dopo ogni nostro peccato certamente Dio vuole riammetterci alla piena comunione con Lui, e sempre perdona (quante volte lo ripete papa Francesco!). Da parte nostra però, per “guarire” pienamente dal peccato e dai suoi effetti su di noi e sugli altri, è necessario un cammino di conversione, un tempo di purificazione. Questa, in un linguaggio in uso da secoli, è la “pena temporale”, così chiamata perché ha una durata limitata nel tempo, temporanea appunto e non eterna. Di fatto è il tempo che ci serve per rigenerare la nostra capacità di amare Dio e i fratelli.
Un regalo enorme!
Quando ci si confessa, l’assoluzione cancella i peccati (la colpa) e la «pena eterna» causata dai peccati gravi. L’indulgenza «rimette» (cioè cancella) anche la pena temporale, ovvero quella penitenza o purificazione che può essere attuata nel tempo della vita terrena (con vari mezzi: le opere di carità, la preghiera, la penitenza ecc.) oppure dopo la morte, in quella condizione di passaggio chiamata “purgatorio”.
A ben guardare, è un dono molto prezioso quello dell’indulgenza! Ma come può permettersi la Chiesa di fare al penitente questo “sconto”? Lo fa in virtù dei meriti di Cristo (cf. 1Pt 1,18-19, 1Cor 6,20) e dei santi. Il “tesoro” di santità, di bene, di amore già guadagnato dal nostro Capo e da chi lo ha seguito può essere accessibile anche a noi.
Come è vero infatti che il peccato di un singolo danneggia anche gli altri a lui collegati (vedi quanto detto sopra), è altrettanto vero che la santità di uno dei membri del corpo di Cristo è di grande beneficio a tutte le altre membra (cf. CCC 1475). Questo meraviglioso scambio di doni si chiama “Comunione dei santi”, ed è un articolo del Credo a cui spesso non si bada.
In sintesi, nel suo impegno di purificazione ciascun penitente non è isolato. Si trova inserito in un mistero di solidarietà, per cui la santità di Cristo e dei santi giova anche a lui. Dio gli comunica le grazie da altri meritate con l’immenso valore della loro esistenza, per rendere più rapida ed efficace la sua riparazione (cf. Catechismo degli adulti, 710).

Come ottenere questo dono
Chi desidera ricevere l’Indulgenza plenaria del “Perdon d’Assisi” deve seguire questo semplice ma altrettanto profondo itinerario:
- Innanzitutto il cuore: il pentimento, il desiderio di staccarsi completamente dal peccato dev’essere sincero.
- La visita a una chiesa (dove si recitano le preghiere indicate più sotto):
- Alla Porziuncola i pellegrini possono ottenere l’Indulgenza tutti i giorni dell’anno, una volta al giorno, per sé o per un defunto;
- Dal mezzogiorno del 1 agosto alla mezzanotte del 2 agosto di ogni anno la stessa facoltà è estesa a tutte le chiese parrocchiali e a tutte le chiese francescane del mondo.
- La Confessione sacramentale, (celebrata anche negli otto giorni precedenti o successivi alla festa).
- La partecipazione alla Messa e alla Comunione eucaristica (nello stesso arco di tempo indicato per la Confessione).
- La recita del CREDO, per riaffermare la propria identità cristiana.
- La recita del PADRE NOSTRO, per riaffermare la propria dignità di figli di Dio, ricevuta nel Battesimo.
- Una preghiera secondo le intenzioni del Papa, per riaffermare la propria appartenenza alla Chiesa, il cui fondamento e centro visibile di unità è il Romano Pontefice. Normalmente si recita un Padre Nostro, un’Ave Maria e un Gloria; è data tuttavia ai singoli fedeli la facoltà di recitare qualsiasi altra preghiera.
Auguro a tutti una buona preparazione a questa importante festa, e che ciascuno possa davvero “gustare e vedere quanto è buono il Signore” (Sal 33,9).
Ogni pace e bene!
fra Fabio – frafabio@vocazionefrancescana.org