Si celebra oggi nella chiesa e nel mondo francescano la festa dell’impressione delle stimmate di san Francesco. Il santo, sul monte de La Verna ebbe il coraggio di chiedere proprio questo nelle sue notti di preghiera, di solitudine e di rapimento: provare un po’ dell’amore e del dolore che Gesù Cristo sentì nei momenti della sua Pasqua di Morte e Risurrezione.
Fu esaudito e, intorno alla Festa dell’esaltazione della Croce (14 Settembre), il suo corpo fu segnato delle stesse piaghe del Crocifisso più, nelle sue mani e nei suoi piedi si formarono come delle escrescenze a forma di chiodi. Mai la storia aveva narrato un fatto simile. Circa venti anni prima (1205/6) aveva cominciato a seguire il Vangelo del Signore ascoltando la Parola del Crocifisso di S. Damiano. Quelle parole e quell’immagine gli si erano stampate nel cuore. Adesso si manifestavano nella sua carne, nel suo stesso corpo.
Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me.
Difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo
(Gal 2,20; 6,17)
Facciamo oggi, 17 settembre, memoria delle stimmate di san Francesco. Il Poverello d’Assisi è nella storia della chiesa il primo cristiano ad essere segnato dalle impronte della passione del Signore nel suo corpo. Gli resteranno impresse fino alla morte, avvenuta la sera del 3 ottobre 1226 a Santa Maria degli Angeli. E così, egli che aveva voluto in tutto farsi simile a Cristo per la sua radicale scelta di vita evangelica, ne diventò anche fisicamente il riflesso vivente, il ritratto visibile, l’alter Christus.
Ma come avvenne questo fatto misterioso?
San Francesco, due anni prima di morire, si trova alla Verna, un monte selvaggio – un «crudo sasso» come lo descrive Dante Alighieri – che s’innalza verso il cielo nella valle del Casentino.
Qui è giunto per vivere in solitudine quaranta giorni di digiuno e preghiera in preparazione alla festa dell’Arcangelo Michele di cui è devoto. Il santo d’Assisi è particolarmente legato a questo luogo, ottenuto in dono dal conte Orlando signore di Chiusi. La leggenda che vuole le enormi fenditure e le caverne che lo caratterizzano generate al seguito del terremoto che seguì alla morte di Gesù in croce sul Golgota, affascina e attrae oltremodo Francesco. Qui gli è più facile meditare la Passione del Signore e partecipare intimamente ad essa. Qui può innalzare un’intensa preghiera che bene esprime tale stato d’animo:
“O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti priego che tu mi faccia, innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione, la seconda si è ch’ io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore del quale tu, Figliuolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori” (dai Fioretti).
«Un mattino, all’appressarsi della festa dell’Esaltazione della santa Croce, mentre pregava sul fianco del monte, vide la figura come di un serafino, con sei ali tanto luminose quanto infocate, discendere dalla sublimità dei cieli: esso, con rapidissimo volo, tenendosi librato nell’aria, giunse vicino all’uomo di Dio, e allora apparve tra le sue ali l’effige di un uomo crocifisso, che aveva mani e piedi stesi e confitti sulla croce. Due ali si alzavano sopra il suo capo, due si stendevano a volare e due velavano tutto il corpo. A quella vista si stupì fortemente, mentre gioia e tristezza gli inondavano il cuore. Provava letizia per l’atteggiamento gentile, con il quale si vedeva guardato da Cristo, sotto la figura del serafino. Ma il vederlo confitto in croce gli trapassava l’anima con la spada dolorosa della compassione. Fissava, pieno di stupore, quella visione così misteriosa, conscio che l’infermità della passione non poteva assolutamente coesistere con la natura spirituale e immortale del serafino. Ma da qui comprese, finalmente, per divina rivelazione, lo scopo per cui la divina provvidenza aveva mostrato al suo sguardo quella visione, cioè quello di fargli conoscere anticipatamente che lui, l’amico di Cristo, stava per essere trasformato tutto nel ritratto visibile di Cristo Gesù crocifisso, non mediante il martirio della carne, ma mediante l’incendio dello spirito» (Leg. Maj., I, 13, 3).
Caro giovane in ricerca e in ascolto della vocazione del Signore per la tua vita… osserva e imita la strada indicata da san Francesco: fu a tal punto “amico di Cristo” da voler essere in tutto somigliante e trasformato in Lui. E il Signore lo esaudì! Ricorda: Noi diventiamo quanto e chi amiamo.
Se dunque, forse anche nel tuo animo vi è un desiderio di vita e di scelta francescana, la meta è di diventare come S. Francesco, un “alter Christus“, un “nuovo Gesù Cristo” fra gli uomini di questa nostra povera e stupenda umanità. Si tratta di una chiamata bella, appassionante e audace che ancora , forse inaspettatamente, risuona nel cuore di tanti.
Carissimo, sarebbe bello che questo fatto misterioso delle stimmate interrogasse anche te sulla direzione del tuo cuore, sui tuoi desideri più profondi, sulle “stimmate” che vuoi segnino e feriscano anche la tua carne.
Soprattutto se coltivi in te o hai intuito come possibile la vita e la scelta francescana, ricorda che la meta è “diventare come S. Francesco”, anche tu un “alter Christus“, un “nuovo Gesù Cristo” fra gli uomini di questa nostra povera e stupenda umanità.
E non sentirti solo su questa strada! Si tratta invece di una chiamata appassionante e audace che ancora risuona nel cuore di tanti. Come ho poi già ricordato più volte, proprio in questi giorni riparte anche in varie regioni, il gruppo vocazionale francescano “San Damiano”, per un primo discernimento e approccio alla vita francescana.
È tempo ormai di lasciarti “trafiggere il cuore” da Gesù!
A Lui sempre la nostra Lode.
fra Alberto – info@vocazionefrancescana.org