Quante volte ricevo mail di ragazzi toccati dalla Grazia, invitati ad una vocazione santa! Quante volte, però, questa intuizione e desiderio di consacrazione e dono di sé viene rifuggito o soffocato o temuto.
La storia vocazionale di fra Rafael Arnáiz Barón
Di fronte alle nostre paure è sempre bello e incoraggiante allora confrontarsi con esempi forti di sequela, da parte di qualcuno che ha sentito la chiamata come irresistibile, irrinunciabile per la sua vita.
Al riguardo, per caso mi è capitata in questi giorni fra le mani una breve biografia di un giovane santo spagnolo dei primi del ‘900: fra Rafael Arnáiz Barón (1911-1938), nativo di Burgos (Spagna) che decide di lasciare tutto per seguire Gesù entrando a 23 anni in un monastero trappista.
Benché Rafael sia molto malato e la vita alla Trappa appaia quasi incompatibile con la sua malattia, la chiamata di Gesù è per lui irresistibile e nulla può anteporsi ad essa, neanche la malattia, perché se
«è Gesù colui che guida cosa c’è da temere?».
Uno dei grandi mistici del XX sec.
Morirà solo dopo 4 anni ben presto considerato come uno dei grandi mistici del XX secolo. Viene proclamato santo nel 2009 da papa Benedetto XVI che, nella sua omelia così ne parla:
«… Fratel Rafael, così vicino a noi continua ad offrire con il suo esempio e le sue opere un modello affascinante, soprattutto per i giovani che non si accontentano facilmente, ma aspirano alla verità piena, alla gioia più indescrivibile, che si raggiungono grazie all’amore di Dio. “Vita di amore… È qui l’unica ragione per vivere”, dice il nuovo santo. E prosegue: “Prendimi e offrimi al mondo”. »
Al Signore Gesù per il suo servo fra Rafael sempre la nostra gioia.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org
Supponi di trovarti in casa tua, malato, circondato di cure e di attenzioni, quasi impotente, inutile, insomma incapace di provvedere a te stesso, ma un giorno vedi passare sotto la tua finestra Gesù.
Se tu vedessi che Gesù è seguito da una folla di peccatori, di poveri, di malati, di lebbrosi…
Se tu vedessi che Gesù ti chiama e ti dà un posto al suo seguito, e se ti guardasse con quei suoi occhi divini che irradiano amore, tenerezza e perdono, e ti dicesse: “perché non mi segui”, tu che faresti?
Gli risponderesti forse: “Signore, ti seguirei se mi dessi un infermiere, medici, per seguirti con comodità e senza pericolo per la mia salute… ti seguirei sì, se fossi forte e sano per essere valido?” No certo!
Se tu avessi visto la dolcezza degli occhi di Gesù non gli avresti detto nulla di tutto questo, ma ti saresti alzato dal tuo letto senza pensare alle tue cure, senza pensare minimamente a te stesso.
Ti saresti unito alla comitiva di Gesù pur essendo l’ultimo – nota bene – l’ultimo! – e gli avresti detto:
“Vengo, Signore, non mi importano le mie sofferenze, né la morte, né il mangiare, né il dormire; se tu mi accetti, vengo. Se tu vuoi puoi guarirmi… Non mi importa se la strada per cui mi porti è scoscesa, difficile e piena di spine; non mi importa se tu vuoi che muoia con te sulla croce. Vengo, Signore, perché sei tu che mi guidi, sei tu che mi prometti una ricompensa eterna, sei tu che perdoni e che salvi…, sei tu l’unico che ricolma la mia anima. Allontanatevi preoccupazioni di quello che mi potrà capitare nel futuro; allontanatevi da me paure umane, perché – dato che è Gesù di Nazareth colui che guida – che cosa c’è da temere?”
Non ti pare, fratello, che lo avresti seguito e che non ti avrebbe importato nessuna cosa al mondo e neppure te stesso?
Ebbene, è proprio questo che capita a me: sento ben dentro all’anima questo sguardo di Gesù…, sento che niente al mondo mi colma, che… solo Dio, solo Dio, solo Dio!
E Gesù. mi dice: “Puoi venire quando vuoi e non ti importi di essere l’ultimo: forse che per questo ti amo meno? … Forse di più”.