Il Signore aiuta sempre il suo popolo e, talvolta, si serve di persone fedeli e dal cuore puro come padre Placido.
In questo mese di gennaio in cui si celebra la “Giornata della memoria” (il 27 gennaio 1945 ci fu la liberazione di Auschwitz), mi piace riproporvi la testimonianza provocante di un francescano, un frate minore conventuale, un frate della Basilica di sant’Antonio qui a Padova (dove vivo anch’io), padre Placido Cortese (1907-1944), già direttore del Messaggero di sant’Antonio, morto “martire del silenzio” per avere salvato la vita a centinaia di ebrei e rifugiati durante la Seconda guerra mondiale. Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella l’ha ricordato in un suo discorso dedicandogli una medaglia d’oro al merito civile.
Con uno stratagemma ingegnoso, padre Placido, per anni, aveva preso le foto degli ex voto che i fedeli affidavano alla tomba di sant’Antonio per confezionare documenti falsi e consentire così a tanti di passare la frontiera e mettersi in salvo in Svizzera.
Ma il prezzo da pagare alle SS fu atroce. «Morì sotto tortura e il suo corpo fu disperso nelle cosiddette fauci di Trieste a San Sabba» ci raccontano i testimoni. Nonostante le torture, padre Cortese non rivelò mai i nomi delle persone che proteggeva, autentico «martire del silenzio». E oggi del frate resta un busto in bronzo nel chiostro della Magnolia della basilica di Sant’Antonio a Padova, oltre che un posto tra gli eroi silenziosi che «salvando una vita – come recita il Talmud – salvano il mondo intero».

Davvero stupenda cari fratelli questa vocazione segnata dal martirio, estremo segno di una vita totalmente consegnata al Signore e ai fratelli come frate e prete.
Se dunque anche tu che mi leggi forse pensi alla vocazione religiosa e francescana o sacerdotale… guarda a questi esempi, preparati a questa donazione totale! Non saranno possibili infatti altre vie intermedie o mediocri, ma il Signore ti chiederà tutto!
Sei disposto a questo? Ti benedico.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org

Tratto dal nuovo sito su p. Placido
Padre Placido Cortese è un frate della comunità francescana del Santo di Padova. Scompare senza lasciare traccia (8 ottobre 1944- ha 37 anni). L’allora Rettore della Basilica, nel denunciare al questore di Padova l’assenza inspiegabile dal convento di padre Placido (era stato sequestrato dalle SS naziste), lo descriveva così:
“È una persona di media statura, corporatura piuttosto gracile e snella, storto negli arti inferiori, viso oblungo, capigliatura bionda, occhi celesti con occhiali a stanghetta, dall’incedere claudicante. Devo precisare che verso le ore 13 di ieri (domenica) due sconosciuti chiesero del suddetto padre con rozza insistenza. Uno era di media statura, faccia piena, carnagione bruna e giacca marrone scuro. L’altro, che si teneva in disparte, slanciato, magro e senza il braccio destro, con un impermeabile”.
L’infanzia e la vocazione
Novizio al Santo di Padova
La sua vocazione francescana cresce e si rafforza tanto che a 16 anni (ottobre del 1923), entrando in Noviziato, veste per la prima volta l’abito religioso e l’anno dopo, a 17 anni, diventa frate ufficialmente professando i voti di povertà, castità, obbedienza. E’davvero splendida la lettera che in tale occasione scrive ai famigliari:
Carissimi (…) venerdì 10 ottobre è la data tanto desiderata e ormai raggiunta. Alla tomba di S. Antonio di Padova giurerò di osservare la Regola di San Francesco, coi tre voti: di Obbedienza, Povertà e Castità. Potete credere quanto sia contento!! Ho sempre pensato a questo giorno che credevo lontano, ma con grande gioia è arrivato. La vita da frate francescano è impegnativa , ma è un peso che non ci si stanca mai di portare, ma che sempre innamora l’anima verso maggiori sacrifici, fino anche a dare la vita per la difesa della fede e della religione cristiana, fino a morire fra i tormenti come i martiri del cristianesimo in terre lontane e straniere (Padova 7 ottobre 1924).
Incredibile e profetico!! A 17 anni si consacra al Signore con tanto fervore da scrivere di essere pronto “a dare la vita” per la fede, “fino morire fra i tormenti come i martiri”.In un’altra lettera scriverà alla sorella di pregare per lui perché “diventi buono, ma buono sul serio”. Colpisce questa determinazione in un ragazzo e spero provochi anche voi che leggete queste righe!!
Roma – Milano – Padova
A Roma si reca per proseguire gli studi. Il 6 giugno del 1930 diventa sacerdote (ha soli 23 anni). Ritorna quindi al Nord Italia dove si impegna fra i giovani come cappellano dell’Oratorio/patronato in una nostra parrocchia di Milano in viale Corsica. Di quella prima esperienza pastorale e di vita in comunità, così scrive: “sono contentissimo; qui ho due compagni d’oro. Ci divertiamo, non ci offendiamo mai!”
Nel 1937 torna a Padova come direttore del Messaggero di S. Antonio, la storica rivista dei frati della basilica. Sono anni di grande impegno, in cui con grande abilità (è un uomo molto intelligente e preparato) fa arrivare il giornale ad un numero incredibile di copie (800.000).
La guerra – Il campo di Chiesanuova
Il 1 settembre del 1939, Hitler invade la Polonia dando così inizio alla seconda guerra mondiale e ad anni terribili per l’intera Europa. Anche l’Italia fascista di Mussolini, il 10 giugno 1940, dichiara guerra agli alleati: é il conflitto totale, una guerra che causerà circa 50 milioni di morti. A Padova arrivano migliaia di prigionieri (di guerra, prigionieri politici, soldati alleati catturati dai nazifascisti..) Molti sono Sloveni e Croati dopo che Hitler e Mussolini hanno invaso quei territori.
In località Chiesanuova (ex caserma Romagnoli) vi era un enorme campo per questi prigionieri (3000-3500). Tra questi, ben presto p. Placido diventa conosciuto e ricercato: P. Placido li visita spesso con la sua bicicletta.., parla la loro lingua (molti provengono dalla sua terra, l’Istria); porta indumenti, cibo , pane.. lettere e pacchi dei famigliari, nascondendo tutto sotto la tonaca.
La svolta dell’armistizio
Cosa fa P. Placido?
In modo assolutamente segreto (anche molti frati non sapevano della sua azione) si dedica a salvare Ebrei (Hitler ne voleva lo sterminio); fa fuggire i soldati che lasciano l’esercito per non essere catturati dai nazisti; soccorre i civili prigionieri di guerra e i militari alleati evasi dai campi di prigionia, protegge i rifugiati sloveni, croati… che i tedeschi consideravano partigiani comunisti.Fra tutti i perseguitati dai nazisti di Padova ormai si è sparsa la voce che una via di salvezza è possibile grazie a P. Cortese della Basilica del Santo (zona relativamente protetta perchè considerata extraterritoriale e territorio vaticano). P. Placido (grazie a S. Antonio!!) sa come recuperare i soldi per dare un aiuto a queste persone, sa come trovare e falsificare i documenti, sa come ottenere i timbri della questura, sa farsi aiutare da collaboratori e collaboratrici spesso giovanissimi (le sorelle Martini) che accompagnano questi prigionieri (per non dare sospetti) alla stazione e nel viaggio in treno sulla linea Verona, Milano, verso la Svizzera.
E’ in contatto per questo con la Resistenza, in particolare con un’organizzazione partigiana detta fra-ma (Franceschini- Marchesi), dal nome di due illustri professori universitari antifascisti che l’avevano fondata.Il tutto si svolge con la massima segretezza: p. Placido sa di correre enormi rischi! Sa di rischiare ogni giorno di essere catturato e ucciso. Le autorità religiose e alcuni confratelli gli consigliano di andarsene, lontano da Padova. Ma la coscienza lo spinge ad affrontare anche questi rischi: non può tirarsi indietro!! Così dal convento, continua nella sua opera, nonostante alcuni fra i più stretti collaboratori siano stati arrestati, mentre altri, per paura l’abbiano abbandonato.
Una rete segreta
Alcuni testimoni suoi collaboratori, in particolare le sorelle Martini ( Lidia e Carla, Liliana e Teresa, queste due saranno poi arrestate e portate in campo di concentramento a Mathausen) hanno raccontato (salvatesi dalla guerra) gli stratagemmi, e i trucchi che con tanta intelligenza e furbizia p. Placido sapeva ideare. L’appuntamento era in basilica al confessionale dove Placido stava in alcune ore fisse. Fingendo dunque la confessione, comunicavano in codice.: “padre…ci sono 12 scope, oppure padre avrei bisogno di cinque uova, o tre chili di farina e altre frasi simili”. E p. Placido capiva che c’erano 12 prigionieri, oppure 5 o 3 persone da accompagnare in Svizzera e che dunque servivano per loro denaro, vestiti, ma soprattutto documenti.
Ma come provvedere a tutto questo, specie ai documenti?
S. Antonio e la Provvidenza divina davvero facevano miracoli: le offerte in basilica servivano per avere dei soldi da dare; qualche abito si rimediava, ma soprattutto grazie ai macchinari grafici con cui si stampava il Messaggero di S. Antonio (di cui era il direttore) ecco che p. Placido riusciva a riprodurre perfettamente passaporti falsi, carte d’identità, permessi. I timbri giungevano dalla questura dove aveva amici segreti. Ma per le fotografie? Sapete che alla tomba del Santo anche oggi molti fedeli mettono la foto dei propri cari! Già allora era così (la gente portava una candela, la foto di un famigliare, una piccola offerta).
Ebbene succedeva che andando alla tomba di s. Antonio, con le sorelle Martini e altri collaboratori, che già avevano incontrato questi prigionieri da far fuggire, P. Placido cercava fra le tante fotografie (in bianco e nero) quelle che più si potevano avvicinare al volto di quei poveretti e così i documenti risultavano completi e quasi perfetti. Ed allora, ecco che le scope, o le uova o i tre chili di farina, diventavano dei volti concreti di persone da portare in salvo. Con i documenti falsi poi organizzava per essi un viaggio verso Milano e poi dal lago di Como ( grazie all’aiuto dei contrabbandieri, ben pagati per questo), attraversavano le Alpi verso la Svizzera. Queste sorelle Martini, allora ragazze giovanissime, e altri della sua rete di amici (fingendosi ora mogli, o sorelle o figlie o figli), con tanto coraggio accompagnavano i fuggiaschi cercando di tutelarli e aiutarli il più possibile (questi prigionieri infatti spesso non parlavano italiano, erano americani o canadesi o sloveni…). Un rischio enorme!!!

I sospetti dei tedeschi e il rapimento
Per molti mesi le cose filano lisce e centinaia sono i prigionieri fatti fuggire. I tedeschi però, scoprono e arrestano due delle sorelle Martini (prima condannate a morte e poi inviate in Germania in campo di concentramento) e ormai hanno capito che p. Cortese è la mente di questa organizzazione segreta. La sorte di p. Placido, soprannominato dalle SS con disprezzo “frate zoppino”, per una disabilità che lo rendeva un poco claudicante, è ormai segnata: è un traditore del Reich e va eliminato e tutti i suoi collaboratori vanno scoperti e puniti.
E così domenica 8 ottobre, verso le ore 13,00, si presentano al convento del Santo, due persone misteriose, soprabito scuro, cappello, occhiali neri. A consegnarlo alle SS, che attendevano oltre il sagrato della basilica (territorio pontificio), era stato un amico, che gli aveva teso una trappola facendolo chiamare dal portinaio del convento per prestare un soccorso d’urgenza ad alcuni rifugiati.

Le torture, il silenzio, il martirio
Tra l’8 ottobre e il 15 di novembre di quell’anno (1944), si consuma il dramma di padre Placido, martirizzato nella tristemente famosa sede della Gestapo di piazza Oberdan, a Trieste. Interrogato, torturato, non svelò i nomi dei suoi collaboratori, pur sapendo che ciò gli sarebbe costato la vita.Janez Ivo Gregorc prigioniero, compagno di cella e testimone dell’agonia di padre Cortese, scrive:
“Padre Placido era terribilmente malridotto: l’avevano bastonato, picchiato; il vestito lacerato e la faccia rigata di sangue. Ho ancora presenti le sue mani deformate e giunte in preghiera. Ci siamo riconosciuti. Mi incoraggiava a rimanere fedele, a confidare in Dio, a non tradire nessuno”.
Il celebre pittore sloveno Anton Zoran Music, per un mese prigioniero nelle celle delle torture della Gestapo a Trieste, poi deportato nel campo di concentramento di Dachau, rievocando la figura del Cortese, confidò al compagno di campo Janez Ivo Gregorc:
“Mi ricordo che nel bunker di piazza Oberdan c’era un sacerdote, un certo padre Cortese. Erano visibili sul suo corpo i segni delle torture. Lo vidi per la prima volta quando ci portarono tutti in Questura per le fotografie di rito. Sulla giacca era vistosa una grande macchia di sangue. L’avevano picchiato duramente. Era una persona squisita. Teneva un comportamento da mite e pieno di speranza. Pregava sempre, a mezza voce. Gli avevano spezzato le dita. Mi colpiva la sua tenace volontà di resistere. La fermezza e la fede di quel piccolo e fragile padre, che non si arrese e non tradì nulla”.
Anche il noto scrittore Boris Pahor ha ricordato la figura di padre Placido in un brano nel suo ultimo libro edito in Italia: “Piazza Oberdan”, (Nuova Dimensione, 2010).P. Placido, da giovane novizio, aveva scritto ai genitori:
“Il cristianesimo e la vita francescana sono un peso che non ci si stanca mai di portare, che sempre più innamora l’anima verso maggiori sacrifici, fino a morire tra i tormenti come i martiri”.
Era stato profeta! Infatti, così riferisce Vladimir Vauhnik, colonnello sloveno, capo della rete informativa pro-alleati: “Al religioso Placido Cortese la Gestapo cavò gli occhi, tagliò la lingua e lo seppellì vivo“. Aveva 37 anni e otto mesi!

Servo di Dio
I frati del Santo, dopo la guerra, per vario tempo non seppero più nulla di questo loro confratello scomparso misteriosamente, così come era loro pressoché ignota l’opera segreta da lui compiuta. Interpellarono al riguardo persino san Pio da Pietralcina; questi tramite un’amica suora padovana, suor Giustina Fasan così rispose profeticamente:
“Dica ai padri del Santo che non facciano ricerche su padre Cortese, perché è in paradiso per la sua grande carità”.
E infatti, la Provvidenza volle che senza particolari indagini, via via giungessero e fossero raccolte negli anni seguenti innumerevoli e incredibili testimonianze sul suo operato di carità, rendendo così possibile uno squarcio sul silenzio e sul “segreto” che aveva accompagnato da sempre la vicenda di questo frate umile e coraggioso, vero testimone dell’amore a Dio e al prossimo. Da allora la sua figura è sempre più studiata e conosciuta ed anche la causa di beatificazione iniziata nel 2002 ha terminato la fase diocesana che ha riconosciuto p. Cortese “Servo di Dio”, ed ora sta velocemente proseguendo il suo iter a Roma. Per tenere viva la sua memoria in Basilica del Santo è stato da alcuni mesi restaurato il confessionale di P. Placido, visitato con devozione da molti fedeli.