Nell’ottocentesimo anniversario dall’incontro tra san Francesco e il sultano si rinnova una provocazione antica e sempre nuova: Come testimonio la mia fede all’altro? San Francesco lo spiega ai suoi con esempi di vita prima e con parole poi.
Testimoniare l’amore è amare
Consiglio invece, ammonisco ed esorto i miei frati nel Signore Gesù Cristo che, quando vanno per il mondo, non litighino ed evitino le dispute di parole, e non giudichino gli altri; ma siano miti, pacifici e modesti, mansueti e umili, parlando onestamente con tutti, così come conviene. (…) In qualunque casa entreranno dicano, prima di tutto: Pace a questa casa. (dalla Regola di san Francesco III)

Giusto ottocento anni fa (1219), in piena quinta crociata, San Francesco “guidato dallo Spirito“, attraversa con un compagno le linee nemiche musulmane chiedendo di incontrare a Damietta il sultano d’Egitto, Al Malik Al Kâmil.
Erano partiti disarmati e senza scorta. Sapevano che avrebbero potuto rischiare la morte, il martirio, ma questa prospettiva non li fece recedere. Negli Arabi vedevano semplicemente degli uomini e non dei nemici, delle creature di Dio che avevano diritto alla Buona Novella del Vangelo.
Nel contesto di un conflitto crudele come la Crociata, Francesco sceglie la via evangelica della pace, della mitezza e del dialogo e così avviene il suo incontro con Al Malik Al Kâmil.
Le guardie avevano annunciato al Sultano che due uomini mal vestiti, senza uniforme militare nè armatura o armi alcuna, dal campo dei crociati, desideravano essere ricevuti da lui.
Sappiamo che, forse incuriosito da questa inconsueta richiesta, li accolse trattandoli con grande ospitalità e che anche il confronto fra loro si svolse con rispetto e cortesia.
Un evento lontano, ma che è ancora per noi oggi ricco di insegnamenti.
Francesco ci richiama, infatti, a vivere e ricercare continuamente, nelle nostre più svariate relazioni, l’umanità più autentica così come Gesù nel Vangelo ci indica.
Nella Regola più volte darà indicazioni circa il comportamento dei frati nel mondo. Addirittura al cap XVI si sofferma sugli atteggiamenti dei frati nei riguardi dei così detti “infedeli” o “non cristiani”:
“I frati poi che vanno fra gli infedeli e gli altri non cristiani, possono comportarsi spiritualmente in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio (1Pt 2,13) a e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché essi credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani”
L’esempio e le indicazioni di San Francesco sono ancora straordinariamente valide, ovviamente per i frati e per chi desidera esserlo, ma anche per ogni uomo di buona volontà di questo nostro tempo troppo spesso segnato da violenza, arroganza, disprezzo dell’altro:
- E’ possibile incontrare in cortesia e umiltà il “diverso da noi”, superando paure e pregiudizi;
- E’ possibile relazionarsi con rispetto, attenzione e ascolto anche con chi è lontano per tanti motivi dalla nostra fede o cultura o ambiente;
- E’ possibile testimoniare in pace e mitezza a tutti, quando a Dio piace, il nostro essere cristiani e proclamare prima di tutto con la nostra stessa vita, la bellezza e la gioia del Vangelo.

Al Signore Gesù sempre la nostra lode.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org