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Home ascoltare e pregare

L’assunta: i “transiti” e le “dormizioni”

fra Alberto Tortelli di fra Alberto Tortelli
15 Agosto 2019
in ascoltare e pregare
0

Vi propongo oggi un testo molto interessante sull’assunzione di Maria: Mario Colavita approfondisce questo tema in un bellissimo articolo tratto da settimananews.it. Lo ringrazio per il suo contributo ed auguro a tutti una buona lettura con l’augurio che sia un incontro col mistero dell’assunta che ci aiuti a conoscere meglio la nostra madre celeste!

fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org

Assunta Tiziano frari
Assunta Tiziano frari
L’assunta: i “transiti” e le “dormizioni” Mario Colavita

Nei testi canonici, l’ultimo ricordo che abbiamo di Maria è quello relativo agli Atti degli apostoli in cui si dice che, dopo l’ascensione di Gesù, «tutti erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui» (At 1,14). Dopo di che, non sappiamo più niente della Vergine Maria dai testi sacri ritenuti ispirati. Essi sono piuttosto asciutti nel delineare particolari e indizi circa gli ultimi istanti della vita della Madre di Dio.

Un patrimonio apocrifo

Però, fin dai primi secoli del cristianesimo, ad opera della comunità giudeo-cristiana, si tramandano storie orali circa il corso ultimo della vita della Vergine. Alla fine II secolo queste tradizioni vengono messe per iscritto formando così testi apocrifi in cui si delineano particolari circa la Dormizione o il Transito della Vergine.

Transiti e Dormitio costituiscono un ricco patrimonio apocrifo circa l’esito finale della Madre di Dio. Con il tempo hanno influenzato i padri della Chiesa, scrittori medioevali, pittori e poeti.

Questi testi portano con sé tradizioni antichissime, Anche se, a volte, sembrano abbondare di particolari pittoreschi, portano il lettore al momento in cui la Vergine Maria si addormentò e il suo corpo fu portato in cielo, assunto tra la gloria degli angeli.

I transiti (ne conosciamo circa una ventina in varie lingue: greco, copto, siriaco, latino) nascono per la venerazione alla madre di Dio, la pietà e il culto che nella comunità stava nascendo e crescendo. Non solo, i primi cristiani cercavano di sapere che fine avesse fatto il corpo della Vergine e gli ultimi istanti della vita della Madre di Gesù.

In un libro del 1748 dal titolo emblematico – Il perfetto leggendario: della vita e dei fatti di N.S. Gesù Cristo e di tutti i santi –si dice, attribuendo la narrazione a Epifanio di Salamina, che la Vergine si addormentò 24 anni dopo l’ascensione del Figlio; altri, secondo quanto scrive Eusebio di Cesarea, che la Vergine morì sotto l’imperatore Claudio nell’anno 48 d.C. all’età di 73 anni.

La chiesa del Kathisma

Secondo la tradizione di Gerusalemme, Maria si è addormentata al Sion, il monte alto della città Santa, carico di memorie. Su questo colle i cristiani veneravano il santo cenacolo.

Nel IV secolo sul Sion sorge un’imponente chiesa chiamata la Santa Sion che incorpora sia il luogo della santa cena che il luogo della dormizione della Vergine.

Dagli apocrifi sappiamo che, dopo la dormitio della Vergine, gli apostoli presero il corpo e lo portarono in un sepolcro nuovo nella valle del Cedron, vicino alla grotta del tradimento, nel terreno del Getsemani.

Leggendo gli apocrifi, veniamo a conoscenza del luogo della sepoltura della Vergine:

«Gli apostoli trasportarono la lettiga e deposero il suo corpo santo e prezioso in una tomba nuova del Getsemani; e un profumo squisito si diffuse dalla sacra tomba della nostra signora teotoco. Per tre giorni si udirono voci di angeli invisibili che glorificavano Cristo, Dio nostro, nato da lei. Dopo il terzo giorno, le voci non si udirono più: tutti allora compresero che il puro e prezioso corpo di lei era stato trasportato in paradiso».

In una versione del Transito della Vergine del V secolo in siriaco leggiamo:

«Stamattina prendete la Signora Maria e andate fuori di Gerusalemme nella via che conduce al capo valle oltre il Monte degli Ulivi, ecco, vi sono tre grotte: una larga esterna, poi un’altra dentro e una piccola camera interna con un banco alzato di argilla nella parte di est. Andate e mettete la Benedetta su quel banco e mettetela lì e servitela finché io non ve lo dica».

Secondo la tradizione, la Vergine Maria su sepolta nei pressi del torrente Cedron, non lontano dal podere del Getsemani. Qui sorse, fin dal primo secolo, una speciale venerazione per una tomba nuova, intagliata nella roccia, dove gli apostoli avevano deposto il corpo della Madre di Dio. Successivamente il luogo fu trasformato in una chiesa rupestre (IV secolo). Essa fu consacrata alla Madre di Dio dal vescovo Giovenale di Gerusalemme dopo il concilio di Calcedonia del 451.

Nel 490 d.C. l’imperatore Maurizio volle edificare una nuova chiesa a pianta rotonda (come quella dell’anastasi per la tomba di Cristo) sopra la prima chiesa, la quale divenne così la cripta che custodiva la santa tomba (vuota) della Vergine.

Il ricordo del luogo fu conservato dalla devozione dei fedeli che vi celebravano, con solenni riti, la memoria del transito e dell’assunzione di Maria al cielo. La data del 15 agosto, probabilmente, la dobbiamo al giorno della dedicazione della chiesa del Kathisma (= sosta, fermata), sulla via per Betlemme. Dopo il concilio di Calcedonia, forse, anche per problemi tra le due chiese (una fedele al concilio di Calcedonia, l’altra no), al Kathisma la festa era anticipata al 13 e al Getsemani il 15 agosto.

La chiesa edificata dall’imperatore Maurizio fu distrutta prima dell’arrivo dei crociati.

Il sepolcro di Maria

I benedettini, nel 1112-1130, aprirono un nuovo accesso alla cripta e vi edificarono una terza chiesa con annesso monastero. Essa fu distrutta da Saladino dopo il 1187, ma risparmiò la cripta e la tomba per la venerazione che la religione islamica ha nei confronti di Maria venerata come la madre del profeta Gesù.

L’abate russo Daniele, pellegrino in Terra Santa nel 1106, ricorda:

«Il sepolcro della santa Madre di Dio […] è una piccola grotta scavata nella pietra, che ha porticine così piccole che un uomo si deve piegare per introdursi. All’interno della grotta, di fronte alle porticine, c’è come un banco scolpito nella pietra della grotta, e su quel banco fu posto il corpo venerabile».

Per venerare il sepolcro della Vergine, si scende una lunga scalinata che porta alla cripta. Dopo l’alluvione del 1972, il padre francescano Bagatti studiò il sito giungendo ad affermare che la tomba della Vergine fa parte di un sito sepolcrale in uso nel I secolo d.C.

La tomba venerata corrisponde alle indicazioni contenute negli apocrifi. Essa si eleva da metri 1,60 a metri 1,80 e presenta due aperture, una a nord e l’altra a ovest. Sono le porte attuali per le quali passano i devoti per entrare. La tomba di Maria ha tutte le caratteristiche di una tomba del primo secolo, benché i crociati abbiano abbellito il banco roccioso, che presenta quattro resti di decorazioni succedutesi le une alle altre tra il IV e il XII secolo.

La “dormizione” di Maria

Gli apocrifi sulla dormizione risentono fortemente del periodo storico, delle differenze delle varie comunità (Gerusalemme – Betlemme), delle eresie, del culto, della devozione, dell’ambiente giudaico, elementi che ne hanno costituito i racconti. Nella maggior parte dei casi gli scritti rispettano una sorta di pista comune: Maria muore di morte naturale (scartando così sia il martirio sia l’immortalità, seguita o no dalla risurrezione); gli apostoli giungono tutti miracolosamente al capezzale della Vergine a Gerusalemme, alla quale un messaggero celeste aveva annunziato la prossimità della morte; timore di Maria all’approssimarsi della morte; intervento ostile degli ebrei alla sua sepoltura; assunzione gloriosa del corpo della Vergine in cielo.

Attraverso queste narrazioni la nascente comunità cristiana vuole riaffermare la sua fede in Gesù Cristo nato da Maria Vergine.

assunta con s. Antonio
assunta con s. Antonio

Cosa leggiamo nel “Transitus Romanus”

La dormizione della Vergine è così descritta:

«Mentre Pietro parlava e confortava le folle, giunse l’aurora e spuntò il sole. Maria si alzò, uscì fuori, recitò la preghiera che le aveva dato l’angelo, e dopo la preghiera si stese sul letto e portò a compimento la sua economia […]. Il Signore l’abbracciò, prese la sua anima santa, la pose tra le mani di Michele» (Transito R, 32.34).

Dopo questi fatti prodigiosi, il testo del transito descrive la processione funebre del corpo della Vergine dal Sion al Getsemani. Gli apostoli escono cantando «Israele uscì dall’Egitto, alleluja», mentre una luce grande avvolge tutta la città di Gerusalemme. I sommi sacerdoti del tempio, udito il frastuono, escono pieni di odio e vogliono bruciare il corpo della Vergine, «il corpo che portò quel seduttore». Ma gli angeli li accecano tutti, tranne il sommo sacerdote Jefonia.

Qui il transito vuole dimostrare la superiorità della comunità cristiana su quella giudaica, facendo confessare la fede in Gesù Cristo al sommo sacerdote:

«Jefonia si avvicinò agli apostoli e, allorché li vide portare il lettuccio incoronato cantando inni, restò pieno di collera e disse: “Ecco quanta gloria riceve oggi la dimora di colui che ha spogliato la nostra stirpe!”. E, pieno di collera, si diresse verso il lettuccio con l’intenzione di rovesciarlo; lo toccò nel punto ove si trovava la palma: subito le sue mani si incollarono al lettuccio, furono troncate ai gomiti e rimasero sospese al lettuccio» (Transitus R, 39).

Jefonia, allora, chiede la grazia della guarigione agli apostoli, i quali lo invitano a fare la professione di fede. Pietro – continua il racconto – fa fermare il letto con il corpo di Maria e il sommo sacerdote fa la professione di fede:

«Nel nome del Signore Gesù Cristo figlio di Dio e di Maria colomba immacolata di colui che è nascosto nella sua bontà, le mie mani si uniscano senza difetto! E subito divennero come erano prima» (Transitus R, 43). Sarà poi Jefonia ad annunciare alla folla piangente a Gerusalemme il prodigio della Vergine: «[Jefonia] prese la foglia [la palma], parlò loro della fede e quanti credettero riacquistarono la vista».

La narrazione del Transito si chiude con l’assunzione della Vergine Maria. Gli apostoli, dopo aver deposto il corpo nel sepolcro nuovo, videro giungere il Signore Gesù:

«Ecco, giunse dai cieli il Signore Gesù Cristo con Michele e Gabriele […]. Il Signore disse a Michele di innalzare il corpo di Maria su di una nube e trasferirlo in paradiso […]. Giunti nel paradiso, deposero il corpo di Maria sotto l’albero della vita. Michele portò la di lei anima santa che deposero nel suo corpo» (Transitus R, 47-48).

Il Signore disse a Michele di innalzare il corpo di Maria su di una nube e trasferirlo in paradiso

Il simbolo della palma

Per alcuni autori i transiti si possono dividere in due grandi famiglie: quelli in cui si fa menzione della palma (segno della gloria di Dio) che Maria riceve da Dio e quelli dell’annuncio della Dormitio a Betlemme con un aspetto più liturgico.

È interessante notare come il simbolo della palma accompagni Maria fino alla sua glorificazione.

La palma, con le sue foglie verdi, è simbolo della vita, che niente può distruggere. Per la sua altezza, profondità e flessibilità è anche simbolo di bellezza, eleganza, grazia, stabilità. Il giusto che, radicato nella Parola si innalza in alto, verso Dio (Sal 93,13), è come una palma verdeggiante. Nel vangelo di Giovanni, la palma indica la vittoria di Gesù sulla morte e la sua risurrezione. Nell’Apocalisse ricorda il trionfo dei martiri (Ap 7,9).

Sulla strada che da Gerusalemme va a Betlemme, al terzo miglio, vi sono i resti di un’antica chiesa ottagonale detta del Kathima (il risposo della Vergine), i mosaici rinvenuti sono tutti attorno e dentro la Chiesa. Tra di essi uno è di particolare importanza e bellezza: la palma con i datteri.

Nel vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo si narra della santa famiglia che ritorna dall’Egitto. Ad un certo momento Maria chiede di riposarsi un po’ all’ombra di un’alta palma desiderando mangiare dei frutti. Giuseppe rispondendo dice:

«Mi meraviglio che tu dica questo, e che, vedendo quanto sia alta questa palma, tu pensi di mangiare dei frutti della palma. Io penso piuttosto alla mancanza di acqua: è già venuta a mancare negli otri e non abbiamo onde rifocillarci noi e i giumenti. Allora il bambinello Gesù che, con viso sereno, riposava sul grembo di sua madre, disse alla palma: albero, piega i tuoi rami e ristora, con il tuo frutto mia mamma. A queste parole, la palma subito piegò la sua chioma fino ai piedi della beata Maria, e raccolsero da essa i frutti con i quali tutti si rifocillarono. […] Gesù disse: Palma, alzati, prendi forza e sii compagna dei miei alberi che sono nel paradiso di mio padre. Apri con le tue radici la vena di acqua che è nascosta nella terra, affinché da essa fluiscano acque a nostra sazietà. Subito si eresse, e dalla sua radice incominciò a scaturire una fonte di acque limpidissime oltremodo fredde e chiare» (Vangelo dello Pseudo Matteo, 20,1-2).

Nel Corano la palma è citata nella sura 19 a proposito della nascita di Gesù:

assunta
assunta

«Non essere triste. Il tuo signore ha fatto zampillare una fonte ai tuoi piedi. Scuoti verso di te il tronco della palma che farà cadere su di te datteri freschi e maturi. Mangia, bevi e rallegrati […]» (Sura 19,25-26).

Secondo P. Manns il simbolo della palma che apre l’apocrifo del transito della Vergine, assieme ad altri simboli come le nuvole, la lampada e il profumo, richiama la festa di Succot, la festa giudaica delle capanne.

Tutti questi simboli possono essere associati alla festa giudaica di Succot.

Per il profeta Zaccaria (14,16) sarà sul monte degli Ulivi che i sopravvissuti delle nazioni, che hanno fatto la guerra a Gerusalemme, si raduneranno per celebrare la festa delle capanne.

Rileggendo gli apocrifi, gli apostoli, quando portano il corpo di Maria nella valle del Cedron, cantano l’halel, il salmo che viene cantato per le grandi feste ebraiche.

La festa delle capanne è presentata come festa di risurrezione e Filone d’Alessandria afferma che la festa è speranza d’immortalità. Se il simbolismo è accettato, il senso dell’apocrifo, secondo Manns sarebbe: «Maria celebra la sua ultima festa delle capanne sul monte degli Ulivi. Il simbolismo giudaico di tale festa illustrava bene il senso della sua morte e la sua fede nella risurrezione. In altre parole, significa che la fede nell’assunzione di Maria risale ai giudeo-cristiani di Gerusalemme. I giudeo cristiani erano ben preparati ad accettare l’assunzione di Maria, perché dal giudaismo avevano ereditato la fede che Myriam, sorella di Mosè, non aveva conosciuto la corruzione della tomba». F. Manns

Tags: frati francescani e l'Immacolata
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