Il mese di marzo vede una festa davvero speciale: la festa delle donne! Papa Francesco per l’occasione così si è espresso: «Il mondo sarebbe sterile senza donne !».
Alle donne ha rivolto il suo grazie per l’impegno «a costruire ogni giorno una società più umana e accogliente » e per «i mille modi in cui riescono a testimoniare il Vangelo e a lavorare nella Chiesa (…) Esse non solo portano la vita, ma ci trasmettono la capacità di vedere oltre. Di capire il mondo con occhi diversi, di sentire le cose con cuore più creativo, più paziente, più tenero. (…) Cosa saremmo senza di esse? ».
Fra i vari modi con cui le donne testimoniano il Vangelo e operano nella Chiesa, vi è la vita religiosa che concretamente si esprime nel vissuto di tante suore che quotidianamente si spendono per gli altri, per Dio. Parafrasando papa Francesco mi chiedo: Cosa sarebbe la Chiesa e l’intera società senza le consacrate?? Certamente più povera, meno umana e di sicuro più aggressiva e distante… Eppure quanti pregiudizi e precomprensioni, stereotipi e ostilità nei riguardi di questa chiamata anche nei nostri ambienti ecclesiali!
Una vocazione “al femminile” spesso incompresa è quella claustrale e di vita contemplativa (le suore “dietro una grata”), considerata “antica” e inutile rispetto al “fare” e al richiamo produttivo dell’agire, dell’operare. Riporto di seguito un bel articolo delle sorelle Clarisse, le figlie di S. Chiara di Assisi, che da secoli, esprimono l’ideale evangelico e francescano nella forma radicale della clausura, trascorrendo la loro vita in un monastero solo apparentemente chiuso e inaccessibile.
In realtà, veniamo a scoprire come “la casa delle monache”, sia “la porta sempre aperta” per tutti, “il cuore pulsante” delle città e dei paesi e dei territori che vi gravitano attorno, il riferimento e il ristoro per tantissime persone che vi accorrono come ad una fonte cristallina e pura.
Per chi volesse conoscere più da vicino la forma di vita delle Clarisse, l’invito è a visitare il loro sito.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org

San Francesco aveva un legame molto forte con la sua città. Poco prima di morire si fece portare alla Porziuncola, e «mentre quelli che lo portavano passavano per la strada vicino all’ospedale, [Francesco] disse loro di posare la barella per terra, ma voltandolo in modo che tenesse il viso rivolto verso la città di Assisi… si drizzò allora un poco sulla barella e benedisse Assisi» (CAss 5: FF 1546). Le sue parole sono cariche di affetto e gratitudine per la misericordia sovrabbondante con cui il Signore ha ricolmato i suoi concittadini.
Anche Chiara, pur vivendo in clausura, ha vissuto un rapporto molto intenso con la sua città. Quando questa fu assediata da Vitale d’Aversa Chiara
«chiamò a sé le sorelle e disse: “Carissime figlie, da questa città ogni giorno riceviamo molti beni; sarebbe grande empietà se al momento della necessità non le venissimo in soccorso come possiamo”. Ordina di portare della cenere, e che le sorelle si scoprano il capo. Poi prima cosparge di molta cenere il capo suo scoperto, quindi impone la cenere sullo loro teste. “Andate – disse – da nostro Signore e con tutto l’affetto implorate la liberazione della città”» (LegsC 15: FF 3203).

Sono passati quasi 800 anni, ma il rapporto con le città che ci accolgono è rimasto immutato. Spesso i monasteri clariani, soprattutto quelli di antica fondazione, si trovano proprio nel cuore delle città, nei centri storici, sulle mura paesane… Infatti «numerose città si ornano di monasteri» (LegsC 7: FF3178), dice la leggenda di Santa Chiara, ed è bello pensare ai monasteri come ad elementi che abbelliscono ed impreziosiscono il circondario. Questa vicinanza ha contribuito a creare delle reti di relazioni con persone, luoghi, istituzioni.
La quotidianità dei nostri concittadini entra prepotentemente nella nostra clausura senza interrompere o disturbare la contemplazione, anzi dandole un senso e una forza particolari che la rendono più aperta ed universale. Alla nostra porta bussano tante persone: alcune chiedono solo di essere ascoltate, altre vengono per condividere una gioia, molte domandano preghiere per i loro cari, specie là dove ci sono sofferenza o fatiche… C’è poi anche chi si fa tramite della provvidenza, che dai nostri ambienti raggiunge non solo noi ma anche altri che chiedono un aiuto concreto.
A volte questo “scambio” è favorito proprio dalla logistica. Essere a “portata di mano” rende i nostri parlatori più attraenti, così dopo una vasca per il corso o il giro per il mercato ci scappa anche la visita dalle sorelle, e il campanello suona… Potrebbe quasi dirsi quello che si diceva sulla fama di Chiara, ma a rovescio…: «Chiara infatti si nascondeva, ma la sua vita era rivelata a tutti. Chiara taceva, ma la sua fama gridava. Si teneva nascosta nella sua cella, eppure nelle città lei era conosciuta» (BolsC 4: FF 3284). Le mura forti e spesse dei nostri monasteri diventano traspiranti, e lasciano entrare le ansie che trasudano dalle persone e dalle strade che ci circondano, così come allora lasciavano uscire la luce della vita di Chiara. E il miracolo della comunione continua…
Clarisse Urbaniste