Cari amici, la domanda vocazionale emerge dirompente soltanto quando uno comincia a leggere la propria vita integralmente alla luce di Cristo.
Cioè soltanto dopo una vera conversione, dopo aver abbracciato la fede con una libera decisione personale… quando si capisce che «la fede non è una cosa decorativa, ornamentale; vivere la fede non è decorare la vita con un po’ di religione, come se fosse una torta e la si decora con la panna», come ho sentito dire dal Papa all’Angelus di domenica 18 agosto in Piazza San Pietro insieme con un bel gruppo di giovani. «La fede comporta scegliere Dio come criterio-base della vita», continuava Papa Francesco. Questo è il punto di partenza di una vera vita di fede. Un cammino di conversione che comincia e non finisce… mai.
Soltanto quando si sceglie Dio «come criterio-base della vita» è possibile che “accada” la vocazione. Soltanto quando cominci a dare a Dio il suo legittimo posto – il primo! –, Egli può cominciare a indirizzare la tua vita. Perché solo allora puoi ascoltarLo veramente.
Il santo che oggi ricordiamo, il grande Dottore della Chiesa Agostino di Ippona, è un chiaro esempio di questo passaggio. Sentiamo come lo raccontava Papa Benedetto nella sua prima catechesi su sant’Agostino:
La conversione al cristianesimo, il 15 agosto 386, si collocò quindi al culmine di un lungo e tormentato itinerario interiore […] e l’africano si trasferì nella campagna a nord di Milano, verso il lago di Como – con la madre Monica, il figlio Adeodato e un piccolo gruppo di amici – per prepararsi al Battesimo. Così, a trentadue anni, Agostino fu battezzato da Ambrogio il 24 aprile 387, durante la Veglia pasquale, nella Cattedrale di Milano.
Dopo il Battesimo, Agostino decise di tornare in Africa con gli amici, con l’idea di praticare una vita comune, di tipo monastico, al servizio di Dio. Ma a Ostia, in attesa di partire, la madre improvvisamente si ammalò e poco più tardi morì, straziando il cuore del figlio. Rientrato finalmente in patria, il convertito si stabilì a Ippona per fondarvi appunto un monastero. In questa città della costa africana, nonostante le sue resistenze, fu ordinato presbitero nel 391 e iniziò con alcuni compagni la vita monastica a cui da tempo pensava, dividendo il suo tempo tra la preghiera, lo studio e la predicazione.
Analogo è stato anche il percorso di Francesco d’Assisi. Soltanto dopo che «smise di adorare se stesso» (cfr. Leg. dei tre comagni) e cominciò a dare al Signore il “potere” di decidere cosa fare nella sua vita («Signore, cosa vuoi che io faccia?»), comincia a comprendere la propria vocazione.Così nella vita di molti giovani – specie in questi anni, in cui il contesto sociale contribuisce a rendere “tormentato” il rapporto di molti con la fede e la chiesa – spesso il cammino di conversione e la ricerca vocazionale coincidono, si sovrappongono… e l’interessanto entra un po’ “in confusione”.Il momento di grazia della conversione dona certamente grande energia ed entusiasmo. Può dare molto slancio nella ricerca vocazionale… nello stesso tempo può portare ad autoattribuirsi una vocazione piuttosto che un’altra in modo frettoloso e avventato.
Allora capita che più di qualche neo-convertito bussi alla porta del convento o del parroco, carico di entusiasmo e di zelo, annunciando che ha “capito” qual è la propria vocazione. Salvo poi… dopo poche settimane di accompagnamento spirituale, arenarsi alla prima difficoltà e “scoprire” che “il Signore lo/a chiama al matrimonio”. Se ti capita qualcosa del genere… non è tanto il Signore ad essere all’opera: stai facendo tutto tu!
Quella del discernimento vocazionale è un’arte delicata, in cui non esiste la possibilità di essere “autodidatti”. Improvvisare e arrangiarsi… è segno che forse non ci si è ancora affidati veramente a Dio. Discernere la vocazione (tanto più la propria) è un processo che non può non essere che ecclesiale: deve avvenire nel sincero e umile confronto all’interno della chiesa. Come è avvenuto anche nel caso di vocazioni “eccezionali” come quelle di Agostino e di Francesco. Entrambi hanno maturato la loro scelta di vita coltivando sia momenti di solitudine, sia occasioni di confronto con i pastori. Agostino con il suo “catechista” Ambrogio e con la chiesa di Ippona che lo chiama prima al presbiterato, poi all’episcopato; Francesco con vari sacerdoti che gli spiegano la Scrittura, con il Vescovo Guido e il Papa Innocenzo III, con il suo amico cardinale Ugolino di Segni… e con i suoi primi compagni.
Nell’umiltà e nell’accompagnamento spirituale (animato dalla presenza dello Spirito Santo, oltre che del sacerdote di riferimento) si può imparare a distinguere ciò che è conversione da ciò che è vocazione. Non per dividere, ma per meglio comprendere l’azione di Dio nella propria vita. Questo processo di approfondimento fa meglio scoprire come il Signore interviene nella vita. Individuare i vari aspetti aiuta poco alla volta leggerla in modo sempre più unitario. Un po’ come si impara una lingua straniera che non si conosce… Non si comincia leggendo un romanzo o un testo filosofico in lingua originale, ma cercando di apprendere le forme grammaticali basilari e un minimo di vocabolario. Una volta che si è imparato abbastanza della nuova lingua scomposta nei suoi elementi fondamentali, allora si può accostare qualcosa di più complesso e… unitario: capire un testo per intero o affrontare una conversazione con qualcuno.
Così nella vita con Dio, per meglio comprendere e affrontare il tuo cammino di conversione (che è cominciato, ma non finirà mai…) e la tua ricerca vocazionale, è importante imparare a distiguerli per viverli bene… in modo veramente unitario e armonioso.
Fraternamente: il Signore ti dia pace!
fra Francesco – info@vocazionefrancescana.org