Quante volte la vita ci fa passare attraverso momenti bui, momenti di oscurità? Persino dal punto di visto meteorologico, la terra attraversa un tempo nel quale le tenebre si infittiscono, la notte si allunga.
Sono quei momenti della vita in cui facciamo più fatica ad osare speranza e a capire quali passi muovere, momenti in cui ci prende la sfiducia e la rassegnazione, oppure peggio, l’ansia e la paura.
A volte accade persino che vengano meno i nostri punti di riferimento: «non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta» dice il Vangelo, e persino il sole, la luna e le stelle si spengono, come se il cielo non fosse più leggibile, come se le lettere della pagina di un libro improvvisamente si mescolassero.
È, a ben guardare, un’immagine che ricorda il caos primordiale, come se l’opera della creazione voluta da Dio fosse improvvisamente messa in disordine. Questo sicuramente ci dice dell’opera che viene compiuta dal male (disfa, crea confusione) ma ci dice anche di quegli incroci delle nostre vite in cui sperimentiamo il fallimento, il crollo dei progetti e delle aspettative che avevamo pianificato, che seguivamo con il fine di realizzarci. È allora indispensabile operare un buon discernimento, un ascolto attento della nostra vita, per non farci ingannare dal nemico e per seguire fedelmente il Maestro, come veri e propri discepoli.
Un’esperienza del genere fu anche quella di Francesco d’Assisi: sempre ponendoci all’inizio della sua “conversione”, lo vediamo giovane inquieto nella città natale, dopo il fallimento della guerra contro Perugia (per cui vive quasi un anno di carcere) e dopo l’abbandono delle spedizioni militari volte al conseguimento del titolo nobiliare riservato ai cavalieri coinvolti nei combattimenti della Crociata in Terra Santa.
Dopo i progetti di gloria, scombussolati da sogni in cui Dio lo interroga sul senso di servire il servo piuttosto che il Signore, Francesco torna a casa a mani vuote e con il buio dentro di sé. Riconosciuta la vanità delle sue aspettative, non ha però ancora nessun lume sulla strada che adesso egli deve percorrere.
Così, con tali sentimenti, non può che mettersi a pregare, attendendo lungamente di ricevere un orientamento per il suo futuro. Le parole che il Poverello rivolgeva a Dio in quell’ora, sono giunte fino a noi con il titolo di “preghiera davanti al Crocifisso”:
O alto e glorioso Dio,
illumina le tenebre de lo core mio,
e damme fede diritta, speranza certa e caritade perfetta,
senno e cognoscemento, Signore,
che faccia lo tuo santo e verace comandamento.
Amen.
Ancora una volta Francesco ci stupisce per la sua capacità di tenere insieme il “tutto” dell’uomo! Le luci che egli chiede a Dio infatti non sono destinate a vantare una conoscenza più alta del Signore, ma sono finalizzate chiaramente ad un “fare” che possa corrispondere alla volontà divina, ad una vita pratica.
Oltre a ciò vale la pena notare come siano anche legate tra loro la dimensione affettiva (il cuore) e quella intellettiva (la conoscenza). Insomma qui il Santo di Assisi ci regala, attraverso la sua preghiera, uno squarcio prezioso per scendere nella profondità della nostra di preghiera.
Di fronte al buio della nostra vita ci è indispensabile chiedere di essere illuminati, e non possiamo che domandarlo a Dio stesso, anche supplicando quelle virtù che sono proprie di Dio e che ci rendono capaci di vivere in relazione con la stessa Trinità. Persino nello stato di oscurità interiore dunque l’uomo di Dio, il cristiano discepolo, non vuole allontanarsi dalla comunione con l’Altissimo ma anzi interpella con più forza la grazia per ottenere di poter nuovamente agire in conformità al volere di Dio. Da qui sarebbe interessante riflettere:
- Qual è il desiderio che abita la mia preghiera?
- Cosa chiedo io nella preghiera?
- Riconosco nel buio la possibilità di una nuova comunione con Dio?
Il tempo di Avvento in cui fra poco entreremo ci aiuti a ricordare allora questa promessa: proprio nei tempi bui, nei tempi di confusione e sconvolgimento, il Signore continua a venire nella nostra storia personale e comunitaria! L’Avvento ci ricorda infatti che il Signore è già venuto (ventum) verso (ad) di noi e continua a venire incontro a noi fino alla fine dei tempi.
Consapevoli che però tra la promessa e il suo compimento ci sono le nostre notti, lasciamo che il modo in cui rimaniamo nell’oscurità ci sveli a noi stessi, dicendoci chi siamo e quale relazione abbiamo con colui che aspettiamo. Sapendo che il modo in cui vegliamo nella notte rivela quanto ci fidiamo di colui che ci ha promesso di tornare, possiamo compiere tutti un buon cammino di avvento… nella preghiera!
fra Andrea Bosisio – info@vocazionefrancescana.org