Si assiste oggi, ad una singolare allergia decisionale in favore di un rimando continuo. Ma se è la decisione in generale oggi a fare problema, quella cristiana – vocazionale è ancora più penalizzata e in difficoltà.
Questo è evidente anche in quanti di voi mi scrivono raccontandomi la fatica di doversi decidere per il Signore e la difficoltà di una scelta per Lui, insieme all’attrazione e alla seduzione per orientamenti di vita legati maggiormente ai propri progetti, al proprio comodo e garantismo, all’emotività, anziché alla logica del Vangelo!!
La scelta cristiana/vocazionale è, infatti, di un tipo tutto particolare che con le altre decisioni semplicemente umane ha in comune solo il nome: se ad essa applichiamo criteri che non le appartengono appare assurda e rimane necessariamente inevasa. Di seguito cerco di enucleare alcune sostanziali differenze fra decisione umana e decisione cristiana.
Come deve essere la perfetta decisione umana?
La “perfetta decisione umana” ha almeno 4 caratteristiche:
- Sicura: gli elementi di rischio devono essere ridotti al minimo; fra tutte, è migliore quella decisione che più sa assicurarsi contro l’errore e il rischio di sbagliarsi. Di qui la ricerca di quanto possa in qualche modo non solo progettare, ma prevedere, se possibile, il futuro, a partire da ciò che la persona è ed è sicura di saper fare. Qualsiasi scelta che preveda prestazioni percepite oltre le proprie capacità sono accuratamente evitate; il rischio sarà quello di scegliere non il massimo di quel che si può dare e di ripetere qualche si è già, in una sorta di auto clonazione psicologica.
- A minimo costo: è preferibile quella decisione che raggiunga l’obiettivo con il massimo di efficienza e il minimo di perdita. Sembra criterio molto logico; in realtà nasconde la paura di complicarsi la vita e finisce non di rado per orientare la decisione verso obiettivi non troppo impegnativi, o per ridurre, impercettibilmente, livello e qualità delle proprie aspirazioni.
- Precisa e chiara: prima ancora della sua attuazione e in tutti i suoi dettagli: gli obiettivi, finali e intermedi, devono essere esaurientemente analizzati fin dall’inizio in modo da ridurre al massimo l’intromissione, nella fase di attuazione della scelta, di variabili future impreviste. Anche questa pretesa sembra molto razionale e prudente; ma lascia aperto un interrogativo altrettanto realista: è mai possibile fare una scelta così, che riesca davvero a prevedere tutto, quando si tratta di scegliere per la vita? È davvero “umano” questo tipo di decisione, visto che esiste una zona scoperta che il calcolo non può del tutto prevedere e controllare
- Rivedibile (o reversibile): come abbiamo visto più sopra, la decisione umana, calcolatrice e il più possibile preveggente, spesso e volentieri si lascia un’uscita di sicurezza, nel caso l’opzione non dovesse funzionare per i più svariati motivi. In realtà è una scelta paurosa, paurosa della definitività, incapace di abbandono, timorosa o scettica nei confronti di colui che si sceglie e cui ci si dovrebbe in qualche modo “consegnare” … La paura del “per sempre” rende leggera e inaffidabile ogni scelta, e svela una sottile disperazione in chi compie la scelta (apparente).
Invece la decisione cristiana?
La decisione cristiana la possiamo così suddividere in 4 punti:
- A rischio: Nel discernimento cristiano il credente corre il rischio massimo per l’umana creatura: scoprire la volontà di Dio. Rischio reso ancor più …rischioso dalla solitudine sostanziale in cui egli viene a trovarsi poiché la decisione è personale. Il credente sa che nessun comandamento oggettivo, nessuna regola esterna, nessun parere o consiglio di altre persone, persino della guida spirituale, potrà mai dargli la certezza che quanto deciderà di fare è quello che Dio vuole che egli faccia.
- A massimo costo: La scelta cristiana fatta in nome del Radicalmente Altro che misteriosamente attrae il cuore umano viaggia su valori ideali massimi. La decisione è cristiana quando esprime il dono di sé, e quando mette la persona in condizione di mantenere l’offerta di sé anche quando questo comporta rinuncia e chiede un prezzo alto: soprattutto allora ci vuole corrispondenza tra i due livelli, quello del costo-rinuncia e quello dell’amore-desiderio. Più il costo è alto più grande deve essere l’amore, fino a integrare il massimo della rinuncia di sé col massimo del dono di sé.
- Mai totalmente prevedibile e al riparo da sorprese. La decisione cristiana deve essere precisa,
ma mai potrà esser chiara in tutti i dettagli, al punto da risultare prevedibile e da porre al riparo da ogni sorpresa. Certo, i valori accettati all’inizio devono essere oggettivi e realisti, ma non saranno mai esaurientemente chiari; la scelta si scopre man mano che la si attua, in un cammino e in un processo permanente. Discernere e decidere, ancora una volta, non significa disporre del futuro, quasi sapendolo con certezza in anticipo. Significa piuttosto saper leggere una direzione nel presente, che pure va oltre il presente; significa leggere una coerenza tra ciò che si comincia a intuire e una possibilità di attuare quella verità in un progetto di vita.
- È tutta giocata sulla fiducia. Fiducia in un Altro, in Dio e nel suo essere per me Mistero buono che gradualmente si svela; mistero amico perché mi viene incontro; mistero vocazionale perché prima della mia scelta di lui, c’è la sua scelta di me. È un po’ il paradosso vocazionale: noi stiamo riflettendo sulla decisione da prendere e su come possiamo scegliere la nostra vocazione, ma in realtà si tratta di lasciarsi scegliere, di fidarci di Colui-che-chiama, e che chiama perché ama, o che chi-ama, e che di fatto mi ha chiamato da tutta l’eternità, ovvero mi ha amato da sempre preferendomi alla non esistenza. Mistero grande! Come non fidarmi di questa Volontà Buona? La quale mi ha già scelto e chiamato alla vita, quando io non potevo minimamente meritare tutto ciò? A essa sono già affidato, da sempre, vivo solo perché sono nelle sue mani. Dunque è del tutto naturale continuare a fidarmi, a lasciarmi scegliere da essa perché vuole il mio bene e la mia felicità, anche quando mi chiede qualcosa di difficile e costoso, o che va o sembra andare al di là delle mie capacità o oltre una certa logica che sembra così logica o di certi calcoli che paiono
così evidenti…. Anzi, a questo punto capisco cos’è la fiducia: la fiducia è lo spazio della decisione che il calcolo non può o non riuscirà mai a occupare, che il calcolo deve per forza lasciar libero. Una scelta vocazionale senza fiducia sarebbe un non senso per una vocazione votata al fallimento. La vocazione cristiana, invece, è tale proprio perché è espressione di fiducia, apre all’esperienza del Dio affidabile. Se non è la fiducia a occupare quello spazio, sarà la presunzione dell’individuo a occuparlo o comunque la sua lettura soggettiva, con le paure, i dubbi, le resistenze, le interpretazioni riduttive, le aspettative irrealistiche, le difese che sappiamo. Ma se è la fiducia che occupa quello spazio scalzando via il calcolo, allora la scelta è totale e radicale, e irreversibile come tutte le scelte fatte per amore, perché ci si sente amati.