Ogni autentica vocazione nasce sempre dall’incontro con Gesù, dal dialogo con Lui. Non c’è altra via!
Questo vale, sia quando essa matura gradualmente, attraverso un ponderato discernimento, sia quando essa si manifesta repentina, come esperienza imprevista e inaspettata, per il potente agire della grazia Divina (come fu per san Paolo sulla via di Damasco).
La vocazione è dunque sempre un’esperienza “di incontro” e “confronto”, in cui la voce del Signore misteriosamente inizia a risuonare nel cuore di una persona. E’ una voce che invita e interpella, che via via diventa provocazione e presenza continua; è una voce che con dolcezza e forza, sollecita e chiede sempre più un ascolto e una risposta, una presa di posizione.
Tale “incontro-confronto” è solitamente accompagnato da una ricerca di silenzio e di luoghi solitari o spazi in cui più facilmente poter rientrare in se stessi e dunque “poter ascoltare” le domande profonde che risuonano interiormente; per accogliere e far emergere sempre più con “umile certezza”, quella Parola o quel segno che può spingere a fare un nuovo passo, anche senza avere tutto chiaro.
All’inizio del suo percorso vocazionale e di ricerca di senso, egli sperimenta un nuovo e profondo bisogno di solitudine e di silenzio. Solo così, infatti, scopre di poter riascoltare i sussurri di quella voce divina udita in una notte piena di stelle che lo aveva chiamato e toccato profondamente, mentre andava a divertirsi con gli amici per le vie di Assisi.
Una voce, scrive il suo biografo, che “aveva riempito il suo cuore di tanta dolcezza, che non riusciva più nemmeno a parlare”. (cfr Cel 1, 6 e la Leggenda dei Tre Compagni – capitolo III). Per riudirla e meglio comprendere il “tesoro” intuito in essa, Francesco ama ritirarsi per molte ore in una grotta.
Ecco come ce ne parla il suo biografo Tommaso da Celano (Vita Prima – F.F. 329):
«Vi era ad Assisi un giovane, che Francesco amava più degli altri. Poiché era suo coetaneo e l’amicizia pienamente condivisa lo invitava a confidargli i suoi segreti, Francesco lo portava con sé in posti adatti al raccoglimento dello spirito, rivelandogli di aver scoperto un tesoro grande e prezioso. L’amico, esultante e incuriosito, accettava sempre volentieri l’invito di accompagnarlo.
Alla periferia della città c’era una grotta, in cui essi andavano sovente, parlando del «tesoro». L’uomo di Dio, già santo per desiderio di esserlo, vi entrava, lasciando fuori il compagno ad attendere, e, pieno di nuovo insolito fervore, pregava il Padre suo in segreto (Mt 6,6). Desiderava che nessuno sapesse quanto accadeva in lui là dentro e, celando saggiamente a fin di bene il meglio, solo a Dio affidava i suoi santi propositi. Supplicava devotamente Dio eterno e vero di manifestargli la sua via e di insegnargli a realizzare il suo volere. Si svolgeva in lui una lotta tremenda, né poteva darsi pace finché non avesse compiuto ciò che aveva deliberato. Mille pensieri l’assalivano senza tregua e la loro insistenza lo gettava nel turbamento e nella sofferenza.
Bruciava interiormente di fuoco divino, e non riusciva a dissimulare il fervore della sua anima. Deplorava i suoi gravi peccati, le offese fatte agli occhi della maestà divina. Le vanità del passato o del presente non avevano per lui più nessuna attrattiva, ma non si sentiva sicuro di saper resistere a quelle future. Si comprende perciò come, facendo ritorno al suo compagno, fosse tanto spossato da apparire irriconoscibile. “Da allora, nascondendo agli occhi degli uomini, si ritirò tutto i giorni di preghiera, segretamente attratti dalla dolcezza del cuore, che, visitandolo sempre più spesso, lo invitava alla preghiera, lontano dalle piazze e da altri luoghi pubblici».
Le domande di San Francesco
E’ ancora il suo biografo, fra Tommaso da Celano, a parlarcene (Vita seconda – FF 586-587):
“Una notte, mentre era immerso nel sonno gli appare in visione uno splendido palazzo, in cui scorge armi di ogni specie e una bellissima sposa. Nel sonno Francesco si sente chiamare per nome e lusingare con la promessa di tutti quei beni. Allora, tenta di arruolarsi per la Puglia e fa ricchi preparativi nella speranza di essere presto insignito del grado di cavaliere. Il suo spirito mondano gli suggeriva una interpretazione mondana della visione, mentre ben più nobile era quella nascosta nei tesori della sapienza di Dio.
E infatti un’altra notte, mentre dorme, sente di nuovo una voce, che gli chiede premurosa dove intenda recarsi. Francesco espone il suo proposito, e dice di volersi recare in Puglia per combattere. Ma la voce insiste e gli domanda: “Francesco, chi ritieni possa esserti più utile, il servo o il padrone”. “Il padrone”, risponde Francesco. “E allora – riprende la voce – perché cerchi il servo in luogo del padrone?” E Francesco: “Cosa vuoi che io faccia, o Signore?”
“Ritorna – gli risponde il Signore – alla tua terra natale, perché per opera mia si adempirà spiritualmente la tua visione”. Ritornò senza indugio, fatto ormai modello di obbedienza e trasformato col rinnegamento della sua volontà.
Ed è, infine, l’esperienza dell’ascolto di una Parola che risuona nel silenzio, mentre Francesco è inginocchiato davanti al Crocifisso di San Damiano, a mostrargli la nuova via da seguire: «Francesco, va e ripara la mia casa…». Ora la sua risposta, è pronta e generosa, disposta anche ad affrontare l’ignoto e l’inaspettato, il non calcolato: «Lo farò volentieri, Signore».
La testimonianza più antica in proposito si trova nella “leggenda dei Tre Compagni”(13), in cui si narra che a Francesco, ancora agli inizi del suo percorso di conversione, mentre un giorno passava:
«vicino alla chiesa di San Damiano, gli fu detto in spirito di entrarvi a pregare. Andatoci, prese a fare orazione fervidamente davanti a un’immagine del Crocifisso, che gli parlò con pietà e benevolenza: “Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va’ dunque e restaurala per me”». Tremante e stupefatto, rispose: «Lo farò volentieri, Signore». Egli, però, aveva inteso che si trattasse di quella chiesa che, per la sua antichità, minacciava prossima rovina. Per quelle parole fu colmato di tanta gioia e inondato da tanta luce, che egli sentì nell’anima «ch’era stato veramente il Cristo Crocifisso a parlare con lui»
“Parla, Signore,
che il tuo servo Ti ascolta”
A te sempre la nostra lode!
fra Alberto – info@vocazionefrancescana.org
come mi riconosco in questi turbamenti e sentimenti,per ben 3 volte o piu’ho sentito,ho pensato di capire male e poi mi sono arresa,da adolescentestavo entrando in un convento,ne ero attratta mia madre non volle,da ragazza avevo il mio padre spirituale francescano che poi celebrò il mio matrimonio,per anni feci volontariato e studi in ambito religioso,sognavo spesso Gesu’,alla morte di mio padre durante un congresso in ambito religioso ebbi l’esperienza del Tremendum e mi sconvolse,alla morte di mio marito rifiutai e poi mi riappacificai con la fede,grazie a Sant’Antonio e a voi,e ora al finire del mio giorno sto iniziando il… Leggi il resto »