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Home umanizzarsi

Tra poesia e vocazione un legame indissolubile

Sottratti dal caos, nel silenzio e nell'ascolto, l'incontro con Dio

fra Alberto Tortelli di fra Alberto Tortelli
27 Febbraio 2021
in discernere, umanizzarsi, video
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Tra poesia e vocazione esiste un legame intimo e indissolubile. La poesia permette di sottrarci al caos del mondo, di porci in una condizione di silenzio, di metterci in ascolto della nostra anima, arrivando a percepire Dio.

La poesia diventa allora un canale privilegiato di discernimento e di orientamento, avendo la capacità di aprire spazi ed orizzonti inesplorati, dilatando sentimenti ed affetti in cui il Signore ama nascondersi e insieme rivelarsi.

Al riguardo vi propongo oggi dei versi splendidi, “Invocazione”, di un autore francese poco noto e dalla storia controversa, Germain Nouveau (1851-1920).

Di seguito trovate una presentazione da parte di Antonio Vignola, giovane docente di lingua e letteratura francese e tedesca in un liceo lombardo, che da qualche mese frequenta il cammino di discernimento vocazionale nel “Gruppo san Damiano”. Lo ringrazio di cuore invitando ciascuno a pregare per lui e gli altri giovani in cammino.

Al Signore Gesù sempre la nostra lode.

fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org

Invocation

Ô mon Seigneur Jésus, enfance vénérable,
Je vous aime et vous crains petit et misérable,
Car vous êtes le fils de l’amour adorable.

Ô mon Seigneur Jésus, adolescent fêté,
Mon âme vous contemple avec humilité,
Car vous êtes la Grâce en étant la Beauté.

Ô mon Seigneur Jésus qu’un vêtement décore,
Couleur de la mer calme et couleur de l’aurore,
Que le rouge et le bleu vous fleurissent encore !

Ô mon Seigneur Jésus, chaste et doux travailleur,
Enseignez-moi la paix du travail le meilleur,
Celui du charpentier ou celui du tailleur.

Ô mon Seigneur Jésus, semeur de paraboles
Qui contiennent l’or clair et vivant des symboles,
Prenez mes vers de cuivre ainsi que des oboles.

Ô mon Seigneur Jésus, ô convive divin,
Qui versez votre sang comme on verse le vin,
Que ma faim et ma soif n’appellent pas en vain !

Ô mon Seigneur Jésus, vous qu’en brûlant on nomme,
Mort d’amour, dont la mort sans cesse se consomme,
Que votre vérité s’allume au coeur de l’homme!

Invocation – Invocazione (Germain Nouveau) – Presentazione e commento di Antonio Vignola

Invocazione

O mio Signore Gesù, infanzia venerabile,
Ti amo e ti temo piccolo e miserabile,
Perché sei il figlio dell’amore adorabile.

O mio Signore Gesù, adolescente festeggiato,
L’anima mia ti contempla con umiltà,
Perché tu sei la Grazia essendo la Bellezza.

O mio Signore Gesù decorato con una veste,
Colore del mare calmo e colore dell’aurora,
Possano il rosso e l’azzurro fiorirti ancora!

O mio Signore Gesù, casto e mite lavoratore,
Insegnami la migliore pace del lavoro,
Quella del falegname o quella del sarto.

O mio Signore Gesù, seminatore di parabole
Che contengono l’oro luminoso e vivo dei simboli,
Prendi i miei vermi di rame e alcuni oboli.

O mio Signore Gesù, o divino ospite,
Chi versa il tuo sangue come si versa il vino,
Che la mia fame e la mia sete non richiamino invano!

O mio Signore Gesù, tu che sei chiamato bruciando,
Morto d’amore, la cui morte senza tregua si consuma,
Possa la tua verità accendersi nel cuore dell’uomo!

Perché la poesia oggi?

Nel mondo in cui versiamo, regno del prosaico, inclini al tutto e subito, al fare spasmodico, sempre più bisognosi di qualcosa che sia efficace e immediato, non abbiamo più tempo e non possiamo perderne. La società ci obbliga ad essere produttivi ed efficienti e noi, umili e zelanti esecutori, ci adattiamo per paura di diventare dei reietti. La noncuranza, l’egoismo, l’individualismo e la caducità dilagano, siamo sempre più sordi al richiamo interiore proveniente dalla nostra anima.

In uno scenario umano così tetro e angosciante, la poesia rappresenta un anticorpo contro il dilagare della superficialità, essa è la quintessenza della bellezza e, come scriveva Dostoevskij, “solo la bellezza salverà il mondo”. Immersi in una realtà così frenetica, necessitiamo tutti, ogni tanto, di confrontarci con qualcosa che richieda uno sforzo e una concentrazione maggiori di quelli che occorrono per scorrere distrattamente qualche articolo sul telefono mentre siamo in metro o in bus o per cambiare velocemente una canzone su spotify.

Il compito della poesia è di ricordarci che esiste qualcos’altro che ci tiri fuori dalla quotidianità, non anestetizzandoci o offrendoci una banale via di fuga dalla realtà, ma risvegliando qualcosa di addormentato nel nostro più intimo e mettendoci in contatto con la nostra anima. Ci ricorda che abbiamo un’anima, consapevolezza che, troppo spesso, trascuriamo, schiacciati dal peso dei mille pensieri che affollano le nostre giornate.

Ogni poeta incarna un piccolo mondo e, attraverso la lettura delle loro poesie, possiamo ricomporre i pezzi di un grande puzzle, il puzzle della nostra umanità. La poesia non dobbiamo mai meritarcela, è dono che ci fa percepire il dono che siamo.

Poesia e vocazione

Tra poesia e vocazione esiste un legame intimo e indissolubile. Per leggere o scrivere delle poesie, bisogna saper fare silenzio, isolarsi dal frastuono del mondo. Il silenzio non è da intendersi come assenza di parola, ma come un orientare tutte le parti della nostra anima a un ascolto che può donarci un senso e una risposta più grandi di noi, delle nostre aspettative, delle nostre capacità. Tale ascolto ci rende più profondi e ricettivi. Il silenzio ci costringe a scendere nella nostra interiorità, ma non tutti sanno fare silenzio, non tutti sono capaci di fare i conti con la propria intimità, si ha paura e si tende a riempire il silenzio con un fare estenuante.

La poesia permette di sottrarci al caos del mondo, di porci in una condizione di silenzio, di metterci in ascolto della nostra anima, arrivando a percepire Dio. La poesia stimola l’uomo a riflettere sulla vita, a porsi delle domande di senso, a ricercare la verità. Ed è proprio in questa capacità di fare silenzio, di mettersi in ascolto, di scendere nella propria interiorità, che ognuno di noi discerne la propria vocazione.

Come affermava il poeta tedesco Novalis, “la poesia è il vero”, essa è come l’acqua nelle profondità della terra e noi, simili a rabdomanti, riusciamo a rintracciare quest’acqua anche nei luoghi più impervi e aridi e la facciamo zampillare.

Germain Nouveau: tra simbolismo e surrealismo

La poesia summenzionata è stata scritta dal poeta francese, Germain Nouveau, vissuto tra il 1851 e il 1920. Primogenito di quattro figli, resta orfano di madre sin dall’età di sette anni e vivrà con suo nonno. Dopo un’infanzia trascorsa à Aix-en-Provence, gli studi in seminario minore pensando di abbracciare il sacerdozio e un anno di insegnamento al liceo Thiers di Marsiglia, Nouveau si trasferisce a Parigi nel 1872.

Al café Tabourey, celebre punto di ritrovo degli intellettuali nella Parigi della Belle Époque, conosce alcuni poeti simbolisti, tra cui Mallarmé, Verlaine e Rimbaud. Nouveau aiuta Rimbaud a copiare le Illuminations, una delle più importanti opere del poeta veggente. Di recente, un interessante lavoro di Eddie Breuil, Du Nouveau chez Rimbaud, mette in luce l’ipotesi, sostenuta da un grosso impianto filologico e grafologico, che Nouveau abbia non solo copiato ma addirittura scritto di suo pugno le Illuminations di Rimbaud. Tuttavia, questa tesi iconoclasta è stata contestata e respinta dalla maggior parte degli specialisti di Rimbaud.

Nel 1878 entra nel ministero della pubblica istruzione e nel 1883 intraprende dei viaggi che lo condurranno a Beyrouth dove insegnerà francese e disegno, ma, dopo aver sedotto la madre di un alunno, verrà espulso dalla scuola e ritornerà in Francia. Professore di disegno al collegio Bourgoin nell’Isère, poi al liceo Janson de Sailly a Parigi, è colpito, durante una lezione, da una crisi di follia mistica nel 1891.

Internato in manicomio per alcuni mesi, una volta uscito, fa esperienza di molteplici crisi mistiche che lo portano all’alienazione e intraprende una vita da mendicante e pellegrino, ispirandosi a San Benedetto Giuseppe Labre, detto “il vagabondo di Dio”. Dopo anni di erranza, due pellegrinaggi a Roma e uno a Santiago di Compostela, ritorna nel suo paese natale nel 1911 dove si spegnerà a causa di un digiuno troppo prolungato tra il venerdì santo e la domenica di Pasqua del 1920.

Le sue opere sono state pubblicate dopo la sua morte. Nouveau ha esercitato anche una notevole influenza sul Surrealismo e il poeta Louis Aragon, capostipite dei surrealisti, lo considerava: “non un poeta minore, ma un grande poeta. Non un epigono di Rimbaud: un suo eguale”.

Nouveau: un modello per tanti giovani in ricerca

Dopo aver analizzato la vita di questo poeta, oggi quasi dimenticato e caduto in un magma di oblio e divulgazione mancata, possiamo certamente individuare molte caratteristiche che lo accomunano a molti giovani di oggi.

L’educazione religiosa ricevuta da bambino nel seminario minore viene ben presto sovvertita dalla sregolatezza degli anni parigini, dalla vita bohémienne ai margini della società tra droghe, assenzio e la ricerca forsennata di sesso. Tuttavia, ad un certo punto, la sua vita cambia radicalmente e, colto da visioni mistiche, si riavvicina alla fede, spendendo il resto della sua esistenza tra erranza, mendicanza e pellegrinaggi. Sulla scia di S. Francesco d’Assisi, rinuncia a tutti i beni materiali per vivere radicalmente il vangelo, senza nulla di proprio.

Il suo esempio deve essere da monito a tutti quei giovani che, avendo vissuto in modo dissoluto e sentendosi chiamati a donare la propria vita al Signore, siano reticenti a compiere questo passo per paura di essere inadeguati. Ogni qualvolta siamo assaliti da questa paura, dobbiamo far riecheggiare nella nostra mente come un memento queste frasi: “i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio” (Mt 21, 28-32) e “non temete dunque: voi valete più di molti passeri” (Mt 10, 29-31). Dunque, non esitate, lasciate le reti e abbandonatevi all’Amore. Tutto passa, solo l’amore resta.

Invocazione

L’impianto di questa poesia, come recita lo stesso titolo, rappresenta un’invocazione appassionata al Signore.

  • Nella prima strofa, il poeta canta il suo profondo amore e si sente piccolo e misero al cospetto del figlio infante dell’Amore.
  • Nella seconda strofa, l’anima del poeta contempla con umiltà Gesù adolescente, scrigno di grazia e bellezza.
  • Nella strofa successiva, il poeta celebra la dicotomia cromatica rosso-azzurro rifacendosi al colore del mare e dell’aurora, ma il blu è anche il colore della regalità e il rosso del sangue e del sacrificio, in questi colori si proietta, dunque, quello che sarà il destino di Cristo.
  • Nella quarta strofa, il poeta celebra la castità e la mitezza di Gesù lavoratore, implorandolo di insegnargli la pace e l’umiltà del sarto e del falegname, facendolo restare ancorato alla realtà.
  • Nella quinta strofa, il poeta invoca Gesù seminatore di parabole, quelle parabole contenenti oro vivo e simboli, pregandolo di allontanare i vermi e il marcio insito nella sua anima.
  • La sesta strofa celebra la passione di Cristo, il sangue e il vino. Il poeta prega Gesù di saziare la sua fame e la sua sete con il suo corpo e il suo sangue.
  • Nell’ultima strofa, il poeta contempla la morte di Cristo, una morte consumata senza tregua, dolorosa e straziante.
  • La poesia si conclude con un augurio, quello che la verità e l’amore di Gesù possano accendersi e infiammare il cuore di ogni uomo.

La struttura della poesia, sette terzine dallo stile molto fluido, ripercorre quella che è stata la vita di Cristo, dalla nascita sino alla morte in croce, passando per l’adolescenza, il lavoro di falegname, la predicazione attraverso le parabole, l’ultima cena e il dono del pane e del vino, del suo corpo e del suo sangue.

Sperando davvero la verità e l’amore possano ardere e infiammare i nostri cuori, auguriamoci di realizzare il progetto di Dio sulla nostra vita, che è sempre un disegno d’amore. La chiamata di Dio è amore e ad essa si risponde solo con l’amore.

Buon cammino. Al Signore sempre la nostra Lode.

Antonio Vignola – info@vocazionefrancescana.org

pellegrino a Finis Terrae (Galizia -Spagna) – tramonto sul mare
Tags: pellegrinitemi di discernimentotestimonianza vocazionale
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