Una tra le tante domande che molti giovani mi pongono è la seguente: “che differenza c’è fra un prete e un frate?”. Si tratta di due percorsi vocazionali, per certi aspetti simili: entrambi, infatti, nascono da Gesù, da un Suo invito, ma con accentuazioni poi molte diverse.
Spesso, quando mi capita di incontrare un gruppo di giovani, ragazzi o bambini, specie in seguito ad una testimonianza vocazionale, arriva questa domanda: che differenza c’è fra un prete e un frate?
Non è una domanda da bambini! È una vera e propria domanda “ecclesiologica”, cioè sulla natura della Chiesa e di alcune sue componenti essenziali: il sacerdozio e la vita consacrata. Diciamolo subito:
- senza il sacerdozio la Chiesa non starebbe in piedi;
- senza la vita dei consacrati la Chiesa sarebbe meno bella, più arida, perché non avrebbe la ricchezza dei mille carismi che la colora e che unisce, attorno a Gesù, mille modi di vedere e vivere la Fede in Lui.
Per cercare di cogliere, con uno sguardo semplice, ciò che differenzia (e fa assomigliare) queste due vocazioni, occorre guardare al loro rapporto con Gesù. Ecco in sintesi a cosa si può ridurre la differenza:
- i preti sono chiamati e inviati per fare ciò che Gesù ha fatto (…e magari riescono a farlo meglio se anche vivono come lui);
- i frati sono tali anzitutto per vivere come Gesù ha vissuto (e per questo molti di loro sono in una condizione ottimale anche per fare come lui).
Ma vediamo alcuni passaggi insieme per capire meglio…
Discepoli e apostoli: ieri e oggi
Il Signore Gesù, nel corso del suo ministero pubblico, è stato seguito da molte persone, uomini e donne (tutti più o meno esplicitamente da lui chiamati a condividere la sua strada). Se guardiamo al Vangelo di Marco notiamo che viene raccontata la chiamata di Simone e Andrea, trovando subito dopo anche quella di Giacomo e Giovanni (Mc 1, 16-20; cfr. 2, 13-14). Questi, però, non sono gli unici a sentirsi invitati a seguire Gesù: anche il “giovane ricco”, ad esempio, si sente proporre questa chiamata (Mc 10, 21), ma resta fermo al suo presente e non si mette in discussione da quell’invito, non cambiando (o meglio trasformando) la sua vita. A seguire Gesù poi ci sono anche diverse donne, alcune delle quali, però, non lo lasceranno e lo seguiranno fino ai piedi della croce (Mc 15, 40-41). Questa prima chiamata fa di queste persone dei discepoli.
È una cosa ben diversa quando Gesù, ritiratosi sul monte con vari discepoli, ne individua una dozzina e dà a questi un mandato e un nome ulteriore: li costituisce apostoli (Mc 3, 13-19; cfr. 6,7-13). La Chiesa associa la chiamata e il servizio tipico degli apostoli alla gerarchia costituita dal sacramento dell’Ordine. I vescovi sono i successori degli Apostoli, ciascuno dei quali guida una Chiesa particolare a lui affidata in comunione con il Papa, successore del Principe degli Apostoli: Pietro.
Qual è, dunque, la peculiarità dei vescovi e di coloro a cui essi “delegano” alcune delle caratteristiche più importanti del loro sacerdozio, cioè i sacerdoti? La vocazione peculiare del vescovo e del prete (e in qualche modo anche del diacono) è fare ciò che Gesù ha fatto. E cosa ha fatto Gesù nella sua vita e nel suo ministero pubblico? Essenzialmente ha annunciato il Vangelo e ha operato miracoli e guarigioni. Il vescovo e il prete, in effetti, sono tali per predicare la Parola di Dio e compiere quei miracoli che sono i sacramenti. Attraverso di loro Gesù opera ancora per noi in modo indubitabile.
Dai discepoli ai consacrati
D’altra parte, nella Chiesa, ci sono molti uomini e donne che – come molti tra i discepoli del tempo di Gesù – vogliono vivere come Gesù ha vissuto. In qualche modo intendono fare proprio ciò che era essenziale e tipico del suo stile di vita:
- egli non si è mai sposato o unito ad una donna: è stato casto;
- non ha avuto niente per sé, specie negli ultimi tre anni di vita: è stato povero;
- ha poi affrontato la vita facendo propria la volontà del Padre celeste: è stato obbediente.
Le caratteristiche peculiari dello stile di vita che Gesù ha scelto per se stesso, sono i tre voti che fondano la vita consacrata di monaci e monache, di frati e suore, e pure di uomini e donne consacrati pur rimanendo “nel mondo”. Tramite loro la vita di Gesù è ancora viva e attuale in mezzo agli uomini di ogni epoca.
Siamo tutti a conoscenza della grandissima varietà di carismi e di ordini religiosi che danno sapore alla vita dei consacrati donando tanti volti alla Chiesa. Ovvero si può vivere la castità, povertà e obbedienza di Cristo in modi estremamente diversi: nella clausura estrema del Certosino, nell’accompagnamento dei giovani del Salesiano, nella contemplazione della Carmelitana, nella sollecitudine dei malati del Camilliano, nello studio e nella predicazione del Domenicano… nella fraternità e minorità del Francescano. E non solo!
Come le due vocazioni evangeliche – discepolo e apostolo – hanno coinciso nelle persone dei Dodici, così oggi le due vocazioni alla consacrazione religiosa e al sacerdozio ministeriale giungono a coincidere talvolta nella stessa persona. In modo molto evidente lo si può vedere nel caso di congregazioni nate e cresciute come clericali, come i gesuiti o i salesiani, ma questo accade spesso anche in famiglie religiose che potremmo definire “miste”, come francescani o carmelitani.
E il celibato per i preti allora?
Ma allora perché i preti – nonostante le varie polemiche che periodicamente si rilanciano sui giornali – continuano a vivere nel celibato (così si chiama la loro “promessa di celibato”) se questo invece è “tipico” della forma di vita religiosa come “voto di castità”?
Fin dai primi secoli, molte chiese locali di tradizione latina hanno ritenuto importante che i loro preti, per poter essere bravi apostoli, fossero anche discepoli. Della serie: il modo migliore per operare le azioni di Cristo è farlo a partire da uno stile di vita il più possibile simile al suo, cioè celibi. Più tardi il papa san Gregorio VII ha pensato bene di estendere questa disciplina a tutti i preti latini (rito romano, ambrosiano, ecc…).
Resta il fatto che – come testimonia la disciplina delle Chiese orientali (e non solo) dei preti sposati – per accedere al sacerdozio, il celibato non è una conditio sine qua non teologica, ma disciplinare, ovvero la Chiesa romana ha deciso di ammettere al sacerdozio soltanto coloro che si sentono chiamati a vivere nel celibato. Ma questa è un’altra storia…
Il prete diocesano in sintesi
La vocazione peculiare del Prete diocesano (in sintonia e in comunione col proprio Vescovo) è quindi di fare ciò che Gesù ha fatto. Nella parte iniziale del testo ho già esposto cosa vuol dire questo: essere annunciatori della Parola di Dio e amministrare i Sacramenti.
Pensiamo un po’ alla figura del prete, alla sua importanza, all’interno del nostro percorso spirituale, dandogli anche un nome e un volto… pensiamo al prete che ci ha battezzato o meglio ancora quello che ci ha dato la prima comunione, oppure quello che ci ha seguito fino alla cresima, o che ci ha confessato in quel momento particolare… il prete, possiamo proprio dire, che guarisce, risana e guida la nostra vita alla salvezza e ci aiuta ad allontanarci dal peccato. Il servizio pastorale del Prete è fondamentale per la guida, la crescita e la custodia delle comunità cristiane e si esprime principalmente nella “parrocchia”.
Il frate francescano in sintesi
La vocazione del Frate francescano e più in genere di ogni religioso (suore, monaci, frati di diverse congregazioni) è invece, come detto, vivere come Gesù ha vissuto. Essi dunque, intendono in qualche modo, fare proprio, ripresentare e rivivere lo stesso stile di vita di Gesù, essere come Lui. Tutto, infatti, di Gesù è bello, nobile, santo, divino e degno di essere imitato e seguito “alla lettera”, così come è descritto nei Vangeli.
L’esperienza di san Francesco nasce proprio da questo stesso desiderio di imitazione “carne a carne”, di assimilazione all’Amato, di totale identificazione con Gesù. San Francesco, non a caso fu definito dai suoi contemporanei “alter Christus“!
Come abbiamo già detto all’inizio, i religiosi, i consacrati imitano Gesù facendo voto di povertà, castità e obbedienza, cercando di rassomigliarli. Un altro insegnamento evangelico dove i religiosi e i consacrati prendono come esempio essenziale per la propria vita è quell’invito che Gesù ha fatto ad ogni uomo a sentirsi fratello e figlio dell’unico Padre nei cieli, come Lui è stato. Dunque anche il frate ha come caratteristica fondamentale la dimensione della fraternità e della comunità con il cuore aperto ad ogni persona.
Esistono frati sacerdoti?
Nelle varie lettere che ricevo, molte sono le domande che riguardano, ovviamente, la vita di noi frati. Una richiesta frequente è questa: “i frati francescani possono diventare anche preti/sacerdoti e dunque celebrare l’Eucarestia e i Sacramenti? E come vivono questi frati/sacerdoti? Restano sempre religiosi e francescani?”
La risposta è senza dubbio positiva! Nell’Ordine francescano infatti, moltissimi frati sono anche sacerdoti e prestano il loro servizio prezioso nelle nostre comunità, in tante parrocchie, opere e missioni sempre francescane. Io stesso, fra Alberto, sono frate e sacerdote.
Molti frati infatti decidono di rispondere alla chiamata del Signore diventando presbiteri, quindi sacerdoti. Questi ultimi, comunque, prima di tutto, si sentono principalmente frati, si sentono coinvolti e ripieni del carisma del proprio fondatore, della propria confraternita, poi anche sacerdoti!
Attraverso queste scelte, la vita di Gesù è ancora viva, attuale, visibile e riconoscibile in mezzo agli uomini di ogni epoca: ecco la “pretesa” di noi frati e religiosi, francescani e non solo! Si tratta di una “vocazione divina”, di un’ispirazione dall’Alto, di una chiamata che da sempre risuona nel cuore di qualcuno che a questo appello, lascia tutto, e semplicemente segue Gesù cercando di essere come Lui.
Già vivente san Francesco, del resto, accorsero e si unirono a lui, moltissimi “chierici” (preti) chiedendo di poter condividere la sua vita. E’ nota la grande stima e devozione che Francesco sempre ebbe per i sacerdoti.
Naturalmente l’essere preti, non toglie nulla al nostro carisma francescano, ma anzi, per certi aspetti, ne diventa un completamento prezioso e una possibilità ulteriore di aiutare tante persone, di guidare (come nel mio caso) i giovani con il sostegno santo dei Sacramenti e una più profonda vicinanza spirituale. Questo non significa però un nostro assimilarci ai sacerdoti diocesani o uno svendere la nostra identità francescana.

Cosa distingue un sacerdote francescano da un prete diocesano?
Il frate sacerdote francescano ha naturalmente tutte le responsabilità connesse alla sua Ordinazione sacerdotale (celebrazione dell’Eucarestia, Sacramenti, predicazione…), ma vive questa grande chiamata sempre all’interno della dimensione francescana. Ecco alcune sue caratteristiche:
- Ancora prima di diventare prete, egli è innanzitutto un frate che con la professione religiosa ha emesso i voti di povertà e castità e obbedienza secondo la propria specifica vocazione francescana.
- Anche il frate/sacerdote vive dunque in comunità; non opera e non sta mai da solo, ma sempre condivide la sua vita con altri fratelli: dai pasti, alla preghiera che scandiscono la giornata di ogni frate, alle normali quotidiane mansioni necessarie alla vita di un convento, all’azione pastorale…
- E’ sempre legato agli altri frati da uno stile e da vincoli di fraternità semplice, di vita famigliare sincera ed essenziale, in una piena e paritaria condivisione di ideali e di scelte.
- In comunità, l’essere sacerdote non garantisce certo privilegi di sorta o supremazie varie: tutti i frati sono uguali (pur nella diversità di compiti e ministeri) e insieme si cammina cercando di seguire le orme del Signore Gesù e del suo servo san Francesco.
- Il frate e prete francescano non è esclusivamente a servizio di una Chiesa locale (diocesi e parrocchie), ma può svolgere il suo ministero in moltissimi altri ambiti extra diocesani o extra parrocchiali, in un’ottica di servizio e missione alla Chiesa universale e all’avvento del Regno di Dio dovunque verrà inviato e vi è necessità.
Come un frate comprende la chiamata anche al sacerdozio?
La vocazione sacerdotale, all’interno del cammino formativo francescano, è naturalmente una chiamata specifica che chiede di essere vagliata e scrutata con uno specifico discernimento sotto la guida di attenti educatori e formatori, in particolare durante il post-noviziato.
Non è raro che alcuni giovani si decidano semplicemente per la vita da frate e religioso senza accedere agli Ordini Sacri. Per altri frati, invece, diventare sacerdote si presenta come un’esigenza e un dono prezioso da accogliere e vivere con gratitudine e gioia grande. Un percorso specifico di studi e preparazione spirituale li accompagnerà gradualmente all’Ordinazione sacerdotale.
Cari amici, ecco pertanto alcune semplici note sulla nostra vita.
Se qualcuno desiderasse ulteriori approfondimenti mi scriva pure, ma soprattutto se qualcuno si sente attratto contemporaneamente dalla vita francescana e sacerdotale, non tema: le due vie possono camminare insieme.
Resto disponibile per ulteriori chiarimenti o approfondimenti.
Al Signore Gesù sempre i nostri sguardi e la nostra Lode.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org
Un'altra differenza nell'essere frate molto importante secondo me, da come la percepisco io, e che a me personalmente attrae di più della vita del frate rispetto a quella del prete diocesano, è che il frate non si ritrova mai solo sul cammino, neppure umanamente, ma può sempre contare nel sostegno e nel ritrovarsi nell'altro fratello.Ho sempre infatti visto il sacerdote diocesano come una persona talvolta molto sola, anche in quelle parrocchie dove c'è parroco e viceparroco i due lavorano insieme, ma spesso per quanto in buoni rapporti, non si considera l'altro prete come un familiare in tutto e per tutto.… Leggi il resto »
Grazie per il tuo contributo caro Simon. E' vero in parte quello che dici: il frate non è mai solo, a differenza ( tal volta..) del prete diocesano. Ma questo dipende proprio dalla diversità di vocazione e chiamata. Se un frate infatti è tale proprio anche perché vive in una comunità, per il sacerdote diocesano questa non è una dimensione fondamentale e necessaria. La sua comunità di riferimento sarà quella parrocchiale e presbiterale allargata che certo ha altre dinamiche relazionali rispetto al modo di vivere tra frati. Anche la fraternità che tanto apprezzi è dunque legata alla scelta e ancor… Leggi il resto »
Beh… Certo… Non era mia intenzione dire che la vita del prete diocesano è meno apprezzabile rispetto alla vostra per la quale provo effettivamente una quale attrazione, dico solo che nella valutazione del tipo di Chiamata è anche importante questo aspetto che per me costituirebbe un'attrattiva in più, ma magari per altri no.
Sono stato in gioventù frate è chierico cappuccino. Sono uscito dall’Ordine per la superbia che mi faceva giudice sciocco. Ancor oggi, a 80 anni, conservo un ricordo struggente della meravigliosa fraternità. della vita spirituale, delle preghiera ricorrente , dell’amore per il prossimo, della serenità e della letizia francescana. Quanto ho amato la santa povertà. i piedi scalzi d’inverno… Ho una meravigliosa famiglia con figli sposati e nipoti. Prego ogni giorno Maria. patrona dei Cappuccini perché interceda affinché abbiano tante sante vocazioni. Il Signore benedica i francescani !