Oggi ci lasciamo interrogare sul senso della nostra vita e del nostro “fare”! chiediamo al Signore di illuminarci e di aiutarci a discernere la sua volontà con l’aiuto del vangelo di Luca di questa domenica.
“E noi, che cosa dobbiamo fare?” (Lc 3,14)
“Cosa dobbiamo fare?”. Per tre volte nel Vangelo di questa domenica ascoltiamo tale domanda rivolta dalle folle, dai pubblicani e dai soldati a Giovanni, uomo di Dio.
“Che cosa dobbiamo fare? Cosa devo fare?”: una domanda che risuonò anche nel cuore del giovane e inquieto Francesco d’Assisi secoli fa..e lo spinse a ricercare, ad andare oltre se stesso, a mettersi in discussione, a fidarsi, a non accontentarsi…e giungere così a scegliere Gesù, a scegliere il Vangelo, a scegliere la Santità!
“Che cosa devo fare?”: è la domanda che, sulle orme di Francesco ancora molti giovani si pongono, chiedendosi quale sia la volontà del Signore per la loro vita. Un interrogativo decisamente compromettente, perchè carico di libertà e nuovi orizzonti e prospettive inedite di vita. E’ in fondo l’esperienza dei giovani che si arrischiano in un cammino di discernimento vocazionale( nel gruppo san Damiano), è la domanda che spinge un ragazzo ad entrare in postulato, che guida i novizi e ogni frate, giorno dopo giorno . Essa, infatti, ci svincola dall’autosufficienza dei nostri ragionamenti, dall’autoreferenzialità delle nostre scelte, delle nostre azioni e ci apre ad altro, al Vangelo e alla sequela di Gesù come proposta che rende buona la vita. E in fin dei conti porta alla gioia (Gaudete), umile e lieta protagonista di questa domenica: ecco allora che qualcun Altro (più grande di me!) mi fa vedere la possibilità di una vita più umana, più vera, più ricca di senso. Più…più..più..più..

Dal Testamento di san FrancescoNessuno mi mostrava “che cosa dovessi fare”, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. E io la feci scrivere con poche parole e con semplicità, e il signor Papa me la confermò.
E quelli che venivano per intraprendere questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere, ed erano contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, del cingolo e delle brache. E non volevamo avere di più. (…) Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: «Il Signore ti dia la pace!».