Sabato 15 settembre 2018 ad Assisi, 10 giovani, hanno iniziato il cammino di Noviziato , il così detto “anno della prova” per verificare, guidati da un maestro (un frate saggio ed esperto) la profondità della loro chiamata e vocazione francescana.
La meta, fra un anno, è la Professione Religiosa (con i voti di povertà, castità, obbedienza) così come è avvenuto per il gruppo di novizi precedente che, a fine agosto, hanno concluso questo tempo fondamentale nel cammino di ogni frate. Alle 19.00 nella Basilica inferiore di san Francesco il rito ha preso il via con la consegna della tonaca o saio, l’abito dei frati a forma di Croce.
A presiedere la celebrazione c’era, in via straordinaria, il Ministro Generale P. Marco Tasca (il superiore di tutti i frati del mondo) e 119° successore di San Francesco alla guida dell’Ordine francescano.

Mi ha molto colpito la sua omelia di cui riporto alcuni passaggi.
Scherzando un poco sul significato della tonaca, definita dallo stesso Francesco come “panno della prova“, ha esordito rilanciando ai giovani candidati un interrogativo provocatorio:
- “Cari Novizi, oggi sarete rivestiti per la prima volta della tonaca o saio, i così detti “panni della prova”. Siete consapevoli di che cosa questo significhi, di che “prova” vi sia richiesta in quest’anno? …. Forse che si tratti di qualche cosa di simile alla “Prova del cuoco”, o di Ercole…… in cui sarà saggiata e messa a verifica la vostra bravura o intelligenza, o devozione o valore morale o spirituale??? Niente di tutto questo!!
- Caro novizio, ricorda piuttosto che “la prova” del noviziato che stai per affrontare non dipenderà tanto dalla tua bravura, dalla tua auto-redenzione, ma solo dall’amore di quel Dio che risuscita i morti, che ti chiede unicamente di svegliarti dal torpore di una vita centrata su di te e di accorgerti di Lui accogliendo questo Suo amore.
- Questo richiede una decisione e una disponibilità verso un cammino di conversione, anche per dei “bravi” giovani, come molti di voi, che hanno frequentato la chiesa fin da quando sono nati.
- E a chi guarda al proprio passato con qualche rimpianto o rimorso dico: Non importa chi sei stato o chi sei, ma chi posso diventare in Cristo. La mia identità non mi viene dal passato, ma dal futuro.
- L’importante non è ciò che faccio e che cosa sono, ma dove guardo e che cosa vedo.
- La differenza fondamentale è tra un io che si progetta o un io che, al contrario, si percepisce come un dono.
Cari amici in ricerca, credo che le parole del Ministro Generale valgano anche per ciascuno di noi e possano invitarci ad una seria verifica:
- Dove e soprattutto verso Chi sto guardando?
- Mi vedo auto centrato sul mio progetto di vita, oppure voglio essere aperto e disponibile al Signore che mi viene incontro e a me si dona?
A Lui sempre la nostra Lode.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org
