Mettersi alla ricerca della propria vocazione, significa tendere l’orecchio del cuore della Parola di Dio, in cui il Signore è capace di interpellarci personalmente. D’altra parte questo cammino si alimenta anche del confronto con l’esperienza di chi ha già fatto un po’ di strada.
Oggi vi propongo la testimonianza di fr. Daniel Marie, un frate francese, entrato nell’Ordine ad Assisi dopo una giovinezza rocambolesca. Pur non essendo oggi più un ragazzino, ha contribuito a rinfrescare la presenza francescana prima in Francia e… ora in Belgio con la sua giovane comunità. Negli ultimi anni ho avuto la possibilità di visitare la comunità di Bruxelles e mi sono potuto rendere conto di come la loro presenza sia davvero sale, che progressivamente – a partire dalla cura della preghiera – diffonde il sapore del bene attorno a sé… sempre di più.
La versione spagnola della rivista Tracce, organo del Movimento di Comunione e Liberazione, è andata a scovare la loro esperienza e l’ha diffusa (la traduzione è compiuta dall’originale spagnolo, che si può trovare qui su Religión en Libertad).
Buona lettura… ehm… un ultima considerazione: le storie dei frati non sono tutte così pittoresche! La maggior parte di noi probabilmente proveniamo da storie “normali”. Tuttavia il confronto con ciò che la grazia di Dio può operare anche in vite “lontane”, può dare coraggio a tutti (cfr. Ef 2,17)!
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org

Comunista, tossicodipendente e criminale, ha perso tutto… un giorno ha aperto la Bibbia a caso e Dio gli ha parlato
Oggi Daniel Marie è un sacerdote e frate francescano di 59 anni. E’ il superiore del Convento di San Antonio (www.saintantoine.info) a Bruxelles. Ma nella sua giovinezza si era allontano da Dio, molto. E’ stato comunista, tossicodipendente e criminale. Aveva anche pensato al suicidio.
Un giorno aprì la Bibbia a caso e percepì che Dio parlava a lui. Infine ha trovato il suo posto tra i francescani.
Sulla rivista Huellas (versione spagnola di Tracce), del movimento di Comunione e Liberazione, Daniel Marie da testimonianza della sua vita e parla del lavoro che i frati del Convento di Sant’Antonio tentano per le strade di Bruxelles.
Un rampollo di buona famiglia
Daniel Marie è nato nel 1957, all’interno di una famiglia cattolica borghese, ma nella sua giovinezza Dio non era presente. Militava nella Lega Comunista Rivoluzionaria in alla ricerca di un ideale di giustizia: «Le mie radici erano cristiane, amavo gli altri e cercavo la giustizia, ma senza avere un nord (ndt: una direzione)» dice Daniel a Huellas. Gesù Cristo gli sembrava inutile e astratto. La sua quotidianità si basava sul peccato: sesso libero e violenza. Dal fumare spinelli era passato all’eroina. Si procurava soldi rubando, fino ad essere coinvolto anche in rapine a mano armata in qualche banca. Inseguito dalla polizia, si rifugiò in Italia senza nulla.
Il momento di svolta
In Umbria c’è stato un cambiamento nella vita di Daniel Marie. Lì si rese conto che gli mancava tutto. «Mi sono trovato sulle labbra le parole della parabola del figliol prodigo: “Non ho niente”; ma che fosse una parabola io in quel momento non lo ricordavo neppure. E il Padre mi ha risposto: “Daniel, vuoi un lavoro? Vai là“».

“Là” era la casa di un coltivatore di tabacco, che gli ha offerto casa e impiego. Daniel definisce quella casa: la Provvidenza. «Per me, Dio era quella casa». In quel periodo lo Spirito Santo suscitò in lui un desiderio, quello di aprire la Bibbia a caso. E così fece. Lesse: «Io sono la via, la verità e la vita». Qui trovò la risposta che mi serviva. E dopo 10 anni, ha deciso di tornare a Messa. Per lui fu «la Messa più bello del mondo». Perciò si dimostra molto grato verso Dio e desidera testimoniare le ciò che ha sperimentato. «Voglio testimoniare le mirabilia Dei (ndt dal latino: meraviglie, opere mirabili di Dio), ciò che Egli ha operato nella mia vita di peccato».
In seguito, voleva passare un periodo di esperienza in un monastero. Un amico “mangiapreti” (come egli lo definisce), esperto di occultismo, gli trovò il recapito telefonico di alcuni monaci esperti di grafologia. Era un convento francescano nei pressi di Assisi. In questi frati vide uomini normali, «uomini come me». E poi si rese conto che era proprio la compagnia che stava cercando. «Avvertii la chiamata del Signore. I frati furono d’accordo di accoglierlo, mantenendo la cosa segreta per cinque anni, perché capivano che era un’opera di Dio», ricorda.
La “Casa di Dio”
Oggi a Bruxelles Daniel Marie fa parte di una piccola comunità di sei frati francescani, minori conventuali, del Convento di Sant’Antonio, che si trova nel quartiere multirazziale, multiculturale e multireligioso di Molenbeek. Si sono stabiliti qui tre anni fa per espresso desiderio del Generale dell’Ordine.
[Da molto tempo] il Convento di San Antonio un centro di aiuto: tutti i martedì (ndt: il martedì è il giorno della settimana dedicato a sant’Antonio di Padova, in cui viene pregato in modo particolare e si offre qualche aiuto di carità in suo nome) con i loro volontari i frati distribuiscono il cibo in questo quartiere a maggioranza musulmana. Dopo gli attacchi terroristici a Molenbeek pregano insieme la preghiera di San Francesco d’Assisi per la pace. «Da quando abbiamo pregato insieme si avverte che vi è ora una maggiore serenità e un senso di fratellanza», dice fra’ Jack, di origine australiana che guida la preghiera [e il servizio].
Sono conosciuti come la Casa di Dio dei magnifici sei, formata da giovani frati provenienti da vari paesi e che sono stati testimoni di situazioni estreme. Sono riusciti a far partecipare quattrocento persone alla Messa domenicale. Prima non erano più di trenta.

I magnifici sei conoscono bene l’umano, le sue ferite e contraddizioni e hanno sperimentato Gesù Cristo nella loro vita. Un esempio è Benjamin, francese, proveniente dalla stessa città di Daniel Marie: lo conosceva da quando erano bambini. Gli è rimasto registrato nella memoria dopo tanti anni, e ha deciso di andarlo a cercare. Benjamin viveva una situazione dolorosa. I suoi genitori si erano separati e si trasferisce con il padre, malato e alcolizzato. A causa di questo Benjamin è caduto nella droga ed è scivolato in una depressione. Pensò che l’unico che lo poteva aiutare in quel momento era Daniel. Così è andato a trovarlo in convento e per lui «è stato come trovare Cristo in persona».
Il Convento di San Antonio è un luogo vivo, in cui sanno dialogare con tutti e offrire una risposta cristiana. Questo è ciò che il Ministro generale dell’Ordine ha voluto: «Creare una nuova presenza della vita francescana, una presenza fresca nel cuore dell’Europa». E’ il tipo di presenza che attrae tutti, offrendo una proposta di cammino per i giovani e offrendo accoglienza a tutti, anche ai musulmani.