Finché la croce resta un oggetto sul quale fissiamo lo sguardo e non il simbolo di un percorso di crescita spirituale, non comprenderemo mai le parole di Gesù.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?
Rinneghi se stesso
Rinnegare se stessi e prendere la croce equivale ad iniziare un processo di trasformazione che riguarda il nostro attaccamento alla vita. Rinnegare se stessi non significa voler morire, ma vivere senza riempire la vita unicamente di se stessi. Ogni cosa che vuole vivere è ricettiva, ricorda Meister Eckart, ma “ogni cosa che vuole essere ricettiva deve anche essere vuota”.
Facciamo fatica a svuotare noi stessi perché non si tratta di liberarci di questa o quella cosa. Non sono le cose che ci riempiono. Se ci svuotassimo di tutto, ma non dell’orgoglio di averlo fatto… se ci liberassimo di tutto, ma non dell’attaccamento alle nostre idee, non ci sarebbe ancora spazio per incontrare Dio.
Prendiamo la nostra croce e iniziamo a lasciare andare. A lasciare che il dolore sia dolore, il mistero sia mistero, l’incontro sia incontro. Rinnegare se stessi, può diventare la più eloquente affermazione di ciò che siamo veramente: benedetti, amati da Dio e parte della sua Vita.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org
«Tu m'hai detto primo
che il piccino fermento
del mio cuore non era che un momento
del tuo; che mi era in fondo
la tua legge rischiosa: esser vasto e diverso
e insieme fisso:
e svuotarmi così d'ogni lordura
come tu fai che sbatti sulle sponde
tra sugheri alghe asterie
le inutili macerie del tuo abisso.»
da E. Montale, Antico, sono ubriacato dalla voce, in Mediterraneo, Ossi di seppia.