Oggi ricorre la festa di S. Antonio abate (250 d.C.), padre del monachesimo e precursore della vita consacrata e della vocazione religiosa.
Giovane ardente e desideroso di compiere la volontà di Dio (18 anni), dopo avere ascoltato l’ammaestramento evangelico “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi”, egli realizza alla lettera l’invito di Gesù; vende così ogni suo bene e si ritira nel deserto vivendo in povertà e castità, dedicandosi alla preghiera, nella meditazione della Parola e nel lavoro umile.
L’esperienza di Antonio, raccontata da un suo discepolo, S. Atanasio, si diffuse rapidamente in tutta la Chiesa suscitando nei secoli imitatori e discepoli . Anche oggi , per quanto lontana nel tempo, continua ad essere prototipo di ogni vocazione alla vita religiosa e a svelarci nel suo dinamismo, il “cuore” e “l’essenziale” e “la bellezza” di una scelta così radicale e ” di perfezione” che ancora affascina tanti giovani: lasciare tutto per seguire Gesù!!
Al riguardo vi presento parte di una lunga lettera giuntami da Alessio, il quale mi pone un problema che talvolta ritorna anche nelle discussioni fra preti e religiosi e giovani “in ricerca”: cosa significa questa “perfezione” che leggiamo nel Vangelo? Ve la ripropongo sperando possa chiarire i dubbi anche di altri, che su questo argomento, mi hanno scritto più volte! Vi benedico. Al Signore sempre la nostra Lode. frate Alberto

Lettera di Alessio
Caro frate Alberto, sono un suo assiduo lettore, nonché giovane in ricerca vocazionale ..al 5° anno di medicina. Da un po’ di tempo (dopo un mio ritorno alla fede con alle spalle anni di abbandono e disinteresse) mi sto interrogando sulla possibilità di una scelta di vita consacrata, affascinato dal desiderio di un di più, di una totalità, di una radicalità, che non riscontro in altri stati di vita semplicemente laicali, (anche se non nego il forte richiamo anche alla vita matrimoniale). Credo di essermi aperto a tale orientamento anche grazie ai miei studi scientifici che gradualmente mi hanno condotto verso un orizzonte di senso “assoluto”, che si chiama Dio, che solo alcuni anni fa neppure immaginavo. Anche l’impatto duro e talvolta devastante con la malattia e il male, questo pure, ha scosso in me certezze e stili accomodanti lasciando spazio ad una serie di interrogativi e di ipotesi inaspettate di sequela e di scelta vita radicali. Sono anche convinto sia stata la lettura quotidiana del Vangelo a portarmi lentamente a sentirmi amato in modo speciale da Gesù e a percepire come non assurdo l’invito a seguirlo con tutto me stesso. Ho poi nella mia storia recente, varie esperienze ad Assisi (ero all’ultimo GVA); in realtà S. Francesco mi ha da sempre affascinato (…). Ho iniziato pertanto da qualche mese un cammino di discernimento vocazionale con i frati francescani a me vicini di..(…) Parlando con il mio parroco (diocesano) di questi miei pensieri, mi sono visto con mia grande meraviglia, indirizzare parole depistanti e scoraggianti, della serie: “ma chi te lo fa fare?; puoi diventare santo e operare il bene anche e di più come medico e padre di famiglia; tutte le vocazioni sono uguali non è necessario che tu diventi frate; non è vero che la vita consacrata sia espressione di una “perfezione” e di una singolarità nella Chiesa; il Concilio Vaticano II ha equiparato tutte le vocazioni; oggi cè bisogno di bravi laici più che religiosi; la vita consacrata non è indispensabile per la Chiesa ecc..ecc…” Non sono un teologo né un esperto, ma le sue parole mi hanno profondamente ferito: ho visto infatti di colpo demolire e minimizzare tutta la mia ricerca, appiattire tutta la mia tensione interiore, sgonfiare ogni mia prospettiva di Dono di me al Signore e trovare senza significato quelle famose parole di Gesù che tanto mi avevano affascinato : ” se vuoi essere perfetto, va vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri poi vieni e seguimi”. Vorrei sapere da lei un pensiero “certo” al riguardo. Che significa “essere perfetto”? Che valore dare a quelle parole di Gesù? Se non indicano scelte “particolari” di vita consacrata, di opzioni di vita radicali (in cui al primo posto c’è solo Gesù e niente e nessun altri), che cosa vogliono dire e a chi si riferiscono? Grazie. Alessio

Risposta di fra Alberto
Carissimo Alessio, grazie per la fiducia. Prima di tutto, vorrei incoraggiarti nella vocazione alla vita consacrata che stai intuendo: non lasciartela “rubare”, né sminuire, né minimizzare da nessuno!! Fai comunque tesoro sempre anche delle prove e delle contestazioni, come opportunità di approfondimento e verifica per la tua scelta. Continua poi in un serio e veritiero discernimento con l’aiuto delle tue guide spirituali e in uno spirito costante di preghiera e di affidamento.
Circa quanto mi chiedi, grazie per la domanda che mi consente di affrontare una questione sulla quale vi è spesso fra i cristiani e i giovani in ricerca (e anche tra preti e religiosi) tanta confusione. Per risponderti, mi ricollego ad un bellissimo post che proprio oggi un mio caro confratello (che ringrazio di cuore!) ha pubblicato in “Cantuale Antonianum” e che riprendo in parte.
Le parole del tuo Parroco purtroppo, spiegano in parte il perchè di una disaffezione alla vita religiosa anche nei nostri “bravi” giovani, quelli che da sempre frequentano i nostri oratori e i nostri gruppi, che fanno gli animatori e frequentano la chiesa… “Penso che qui sia all’opera quella infausta teologia della vita consacrata in voga in anni passati (e comunque combattuta da Giovanni Paolo II, anche con la famosa esortazione Vita Consacrata).
Mi riferisco a quel voler appiattire tutte le vocazioni come fossero strade diverse, ma indifferenti in realtà, per cui il matrimonio, la vita sacerdotale o la consacrazione monastica e religiosa sono cammini diversi a seconda del “temperamento” del battezzato. Tutti gli stati di vita sarebbero sostanzialmente e oggettivamente uguali, quello che cambia è il soggetto che deve “scoprire” quale sia quello voluta per lui da Dio.
E così si costruisce tutta una “mistica” della ricerca della propria vocazione come fosse un andare a scoprire “che cosa Dio ha già scelto”, nel senso che la scelta personale non conta nulla, ma sarebbe solo un’adeguarsi (o rifiutare) il progetto di Dio. Molti rimangono smarriti davanti al dilemma: se tutte le strade fossero uguali, perché non percorrere quella più frequentata, quella del matrimonio, cioè quella “normale” e naturale invece di fare scelte umanamente “assurde” come la vita monastica? Tanto è lo stesso….!!!
Non deve pertanto stupire che molti buoni e bravi giovani (anche da me conosciuti in questi anni), per quanto seriamente interpellati dal Signore ad una sequela di consacrazione e di “scelta di perfezione”, proprio per questa confusione e omologazione indebita, vi abbiano rinunciato seguendo altre vie più immediate e comode, oltretutto con piena tranquillità di coscienza. Del resto, se … tanto è lo stesso e tutte le strade sono uguali…, perchè non fare così ?!!!
Va anche aggiunto che, tutto questo, nel cammino del soggetto che deve discernere la vocazione, può diventare opprimente o poco responsabilizzante; tutto viene comunque a ruotare solo sul “sento” oppure “non sento” la vocazione… o sul “chissà cosa Dio vuole da me??“. Invece, proprio la scelta positiva e la decisione volontaria di sant’Antonio abate ci mostrano come la vocazione alla vita consacrata sia di natura essenzialmente diversa da quella al matrimonio e ancora diversa dallo stato di vita dei ministri ordinati.

La strada dei “consigli evangelici” ( vita in povertà, castità, obbedienza), da sempre, è considerata dalla Chiesa la migliore forma di vita cristiana. Antonio abate, dunque, ha condotto un genere di vita sublime, che all’epoca era anche un “nuovo modello” di vita cristiana. Ma l’accento deve essere messo su quella che Giovanni Paolo II chiamava, con tutta la Tradizione cristiana, “l’eccellenza della vita consacrata” (cf Vita Consacrata n. 18; 32; 105).
Infatti non dobbiamo andare a cercare quale sia, oggettivamente, il modello di vita che più si avvicina a quella di Cristo, unico e totalizzante modello del cristiano. Lo sappiamo benissimo dai Vangeli e dalla Tradizione: Gesù non era sposato, viveva poveramente e dipendendo dagli altri per vitto e alloggio, e in totale obbedienza alla volontà di Dio. I tre voti della vita consacrata vogliono riproporre gli ideali evangelici vissuti storicamente da Gesù e proposti da lui con l’esempio (lo dice anche il Concilio Vat II, cf. Lumen Gentium, 42 e 46).
Certo questo genere di vita non è per tutti. Può non essere adatto, “soggettivamente”, per il singolo, ma non c’è dubbio che se uno ne ha il desiderio, la possibilità umana e spirituale, e decide di lasciare tutto per seguire Gesù, per essere conforme a lui, fa sempre una cosa molto buona. Come vediamo ben attestato nel caso del Giovane ricco del vangelo di Matteo 19,16-22 (brano che, da qualche decennio, con salti mortali si vorrebbe non dicesse quello che con molta chiarezza dice).
Caro Alessio, ecco dunque spiegato il senso di quell’affermazione di Gesù “se vuoi essere perfetto”. Esso consiste nell’invito rivolto a qualcuno in particolare (non è per tutti) ad imitare più perfettamente e più da vicino Lui: nei suoi gesti, nelle sue parole, nei suoi sentimenti, nelle sue scelte… per vivere e operare come Lui ha vissuto. I religiosi, i consacrati, sono persone affascinate da questa possibilità; uomini e donne che decidono in tal modo di spendere tutta la loro vita.
Ti rinnovo pertanto l’invito a non scoraggiarti né a farti confondere da teorie inesatte. Se il fascino di un invito radicale di Gesù ha risuonato nel tuo cuore, seguilo con tutte le tue forze e troverai la gioia. Resto a disposizione per ogni altro chiarimento o approfondimento che riterrai necessario chiedere.
ti benedico.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org