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Home ascoltare e pregare

Talenti e vocazione

fra Alberto Tortelli di fra Alberto Tortelli
27 Febbraio 2009
in ascoltare e pregare
0

Dal Vangelo secondo Matteo

Avverrà infatti come a un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno; poi partì.

Subito colui che aveva ricevuto cinque talenti andò a impiegarli, e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.

Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò e volle regolare i conti con loro. Si presentò colui che aveva ricevuto cinque talenti e ne portò altri cinque, dicendo: “Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Si presentò poi colui che aveva ricevuto due talenti e disse: “Signore, mi hai consegnato due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due”. “Bene, servo buono e fedele – gli disse il suo padrone –, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Si presentò infine anche colui che aveva ricevuto un solo talento e disse: “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso. Ho avuto paura e sono andato a nascondere il tuo talento sotto terra: ecco ciò che è tuo”.

Il padrone gli rispose: “Servo malvagio e pigro, tu sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. Perché a chiunque ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche quello che ha. E il servo inutile gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. (Matteo 25,14-30)

Talenti e vocazione la strana contabilità di Amedeo Cencini

La parabola dei talenti (Mt 25,14-30) è un altro dei brani classici vocazionali, molto sfruttato nella prospettiva della chiamata. Per indicare chi la chiamata l’accoglie investendo in essa, ma anche chi se ne difende e la manda a vuoto, o forse anche chi fa entrambe le cose: un po’ la riconosce e un po’ la rifiuta. In effetti il racconto di Gesù ci mette spalle al muro, come al solito, poiché ci svela, in realtà, che quel terzo servo, “malvagio e infingardo”, è un po’ ciascuno di noi, nell’interpretazione distorta del gesto dell’uomo che, prima di partire per un lungo viaggio.“…consegnò loro i suoi beni”

Il Vangelo è pieno di immagini o definizioni della vocazione, questa è una delle tante, e senz’altro tra le più suggestive: la chiamata come consegna che il Padre fa a ciascun figlio suo dei “suoi beni”. Non un semplice incarico da portare a termine, nemmeno una pista per la promozione del chiamato o la soluzione di qualche crisi ecclesiale (vocazionale)…; troppo poco e troppo estrinseco al rapporto Creatore-creatura. Il Padre chiamandoci ci affida i suoi beni, ciò che ha di più prezioso, ci affida se stesso, si consegna a noi. È come se nel compimento della vocazione noi non realizzassimo semplicemente la nostra identità, ma quella di Dio in noi. Mistero grande!“…a ciascuno secondo le sue capacità”

Al tempo stesso tale consegna è su misura del singolo chiamato; ed è altra delicatezza divina, o è il bello della vocazione cristiana: il tutto (di Dio) nel frammento (dell’uomo), il progetto illimitato divino che si compie nelle piccole e incerte trame umane, o l’impossibile umano divenuto possibile in Dio.

Nel mistero della vocazione esplode il paradosso cristiano: da un lato il Creatore si piega, adattando il suo disegno alla misura della creatura, dall’altro eleva a sé quest’ultima moltiplicando le sue capacità, la rende bella e vera, facendo della storia umana una parabola del mistero divino, proprio come la parabola che stiamo commentando, ove i talenti raddoppiano.

Per questo la vocazione non può essere intesa e decisa solo a partire da quel che uno è capace o si sente di fare, ma è la scommessa che Dio per primo fa sull’uomo, e il rischio che l’uomo intelligente è disponibile a correre fidandosi di Dio, per ritrovarsi poi come solo Dio lo può sognare.

E non correre il rischio opposto: vivere una vita non più moltiplicata, ma mortificata, appiattita sulla misura delle proprie doti, che si riducono a ben poca cosa quando l’uomo pauroso e stolto vi si attacca così tanto da non permettere a Dio di scommettere su di esse. “Prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

Se la vocazione nasce come consegna che Dio fa a noi di sé, essa si compie quando l’uomo chiamato si consegna a Dio, o si mette nelle sue mani, provocando la sua gioia. Il Padre gode, non può che godere quando un figlio accoglie il suo progetto e lo realizza, gode perché allora può manifestare pienamente il suo essere padre, perché può effondere totalmente la propria benevolenza, e fare grandi cose perché finalmente ha trovato chi si è fidato di lui.

Che bello pensare che Dio è gioia! Ma non solo: se Dio è comunione, non può tenere per sé la propria gioia (che a questo punto non sarebbe più tale), anzi, non è proprio capace di godere da solo, e allora condivide la sua felicità, ne fa partecipe chi è stato “fedele nel poco”, nel piccolo della sua esistenza.

Donandogli “molto”. E siamo di nuovo nella logica della moltiplicazione, del centuplo che Gesù promette proprio a chi lo segue, un molto qualitativo, che trasforma la fatica umana della risposta alla chiamata divina in gioia, la rinuncia in libertà, la solitudine del cuore in capacità di amare tanti.

Ogni vocazione è alla fine una chiamata alla gioia, quella vera, quella di Dio. Mentre non esiste che un’unica tristezza, quella di chi non risponde alla chiamata.“…una buca nel terreno”

Costui nella parabola è rappresentato, con altra immagine espressiva, da chi il talento lo nasconde in una buca in terra. Chi nasconde o si nasconde fugge per paura da Dio, come Adamo ed Eva dopo il peccato, i primi a non fidarsi del Dio-che-chiama, a pensare che sia tipo “duro” che pretende raccogliere ove non ha seminato; ma fuggendo da Dio in realtà scappano disperati da se stessi.

Fa la stessa cosa chi nasconde il dono ricevuto di fronte agli altri sperando forse di nasconderlo anche ai suoi occhi, chi se ne vergogna, chi teme di non essere capace, chi pensa che quel dono lo renderà infelice… E lo nasconde in una buca. Fa persino mestamente sorridere: quale buca potrà mai nascondere il dono del Dio-che-chiama e consegna “i suoi beni”? Quanti giovani in quella maledetta buca, semmai, hanno perso per sempre la loro felicità?!

“A chi ha sarà dato…,a chi non ha sarà tolto quel che ha”. Strana logica conclusiva, ma a suo modo è ancora il “principio della moltiplicazione”, che potremmo rendere così: chi si fida di Dio e obbedisce al suo invito “sarà nell’abbondanza”, la sua vita sarà una continua chiamata, vivrà sempre più nella luce e nella gioia. Chi invece non si fida e non accoglie la chiamata di Dio perderà anche la propria vita, quel che ha ed è, perché così lui stesso ha deciso allontanandosi dalla fonte della vita.

Per lui, allora, sarà la disperazione a moltiplicarsi: sarà, infatti, gettato “fuori nelle tenebre”, nell’oscurità di chi – non più chiamato da nessuno – non sa dove andare. E “sarà pianto e stridore di denti”.

Amedeo Cencini – info@vocazionefrancescana.org

Tags: Parola e vocazione
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Mai cedere alla tentazione di fare una "Chiesa a parte"!".

Alessandro, cantante dei REALE (@realemusica ) ci ha condiviso questa frase un paio di settimane fa durante una diretta Instagram (puoi trovarla ancora sul nostro profilo, cercando fra i Reels).

Di fronte alle fatiche della nostra Chiesa, agli scandali, alle lentezze, alle divisioni al suo interno... ci viene forse la tentazione di fare noi una "Chiesa-come-Dio-comanda", ci viene la presunzione di sapere noi come dovrebbe essere la vera Chiesa di Dio!
Eppure, l
  • Ma tu hai mai pensato di farti frate?
Molti di voi diranno: "voi siete matti!".
E invece vi assicuro che nel cuore di tanti giovani questa domanda spunta prima o poi. A volte solo come provocazione. Altre volte diventa piano piano una vera e propria chiamata.
Se sei fra questo: non devi avere paura! Vale la pena ascoltare questa domanda, cercare una risposta. Tante volte poi, scavando bene, si capisce che la propria strada è un
  • Chi segue Cristo non ha l
  • Lo sai vero che sant
  • "Noi evangelizziamo NON per salvare le persone,
ma per andare a dire loro che sono già salvate!".
(fratel Enzo Biemmi)

Nei giorni scorsi tanti frati di tutta Europa si sono trovati insieme online per confrontarsi sul tema della nuova evangelizzazione di questa nostra amata Europa.
Le conversioni da fare sono ancora tante... ma una cosa è chiara: il desiderio di raccontare la bellezza del nostro Dio alla gente che vive con noi ogni giorno è tanto!
C
  • Siamo sempre connessi, Abbiamo sempre lo smartphone in tasca,
sempre pronti a rispondere alle mille notifiche che ci raggiungono...

Eppure: siamo davvero "connessi"?
Siamo davvero collegati, in relazione, gli uni con gli altri?
Ci accorgiamo di ciò che accade attorno a noi
e dentro il cuore delle persone che amiamo, che abbiamo più vicine?

Sì, dobbiamo restare "sempre connessi",
è un imperativo etico che ci giunge dal Vangelo:
dobbiamo essere sempre attenti ad accorgerci e ad amare,
connessi con la realtà, connessi con il nostro cuore,
connessi gli uni con gli altri.
Questa è la via, l
  • Giovani Verso Assisi 2023 - ConTatto: grazie a tutti per questi meravigliosi giorni condivisi accanto al nostro san Francesco! La fraternità, i sorrisi, la lode, la commozione, il confronto: ingredienti che ci fanno crescere nella nostra vita di fede, per provare a rendere questa nostra società sempre più umana e cristiana. Grazie ancora a tutti.
E grazie a Francesco e Samuele, i nostri fotografi ufficiali!!!

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