Come prepararci ad entrare nella Settimana Santa, come disporci per vivere al meglio la Pasqua? Nelle case, si fanno le “pulizie pasquali”, si rimette tutto “in ordine”. E noi? Che possiamo fare?
Indirizzare il cuore
Mi pare davvero un buon invito quello di “mettere ordine”, per entrare nella Pasqua.
Infatti, tutti abbiamo i nostri “casini” nella vita! Già! Anche a me capita talvolta di percepirla un po’ così: con tanta confusione, caos; con un cuore talvolta disperso e confuso nella matassa aggrovigliata e arruffata dei giorni, specie in questo tempo così incerto e faticoso. Ma come fare?
Fra le tante cose che potremmo decidere di fare, perché questa settimana sia davvero “santa”, credo diventi soprattutto importante, indirizzare il cuore. E’ fondamentale questo tema del cuore, perché se il cuore non sente, se non c’è un’affezione del cuore, le nostre gambe, le nostre mani, le idee, i pensieri, non si muovono, non camminano, non si convertono!
Allora proviamo a mettere in moto il cuore nell’entrare in questi misteri che andiamo a vivere. Proviamo a dare credito alle parole di Gesù :
Dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore!(Mt:16,19-23)
Metterci il cuore
Se, dunque, consideri un tesoro questi giorni, allora è proprio lì che devi portare il tuo cuore!!
Ma attenzione: non si tratta di un “va’ dove ti porta il cuore”. No! Ma, piuttosto di un “porta il cuore dove vai!”.
Certo, in questa settimana, saremo chiamati anche a “capire delle cose”, a partecipare a certe liturgie, “approfondire dei temi” anche a livello cognitivo, ma lì mettiamoci il cuore! Se manca il cuore, il rischio è che sia tempo sprecato, tempo buttato!
Chiamati dunque a metterci vicino a Lui, il Signore Gesù, a camminare al suo fianco, a stare fisicamente, ma soprattutto con il cuore, accanto a Lui: cuore a cuore!
In questo tempo di pandemia, di incertezza, di paure, trovare una casa dove mettere il nostro cuore non è poca cosa… e noi come credenti abbiamo questa possibilità: far riposare il nostro cuore, nel cuore di Gesù.
Un vangelo “guida”
Per fare questo propongo alla vostra riflessione e preghiera di sostare in particolare sul vangelo di questo lunedì santo (l’unzione di Betania – Gv 12,1-11), che mi pare possa farci da “guida”, aiutarci a vivere al meglio questa Settimana Santa, iniziata ieri solennemente con la Domenica delle Palme.
Per quanto vi propongo ringrazio in particolare suor Emiliana (francescana elisabettina) per la bella catechesi che mi ha inviato su tale brano e da cui ho tratto molti pensieri e riflessioni.
Al Signore Gesù sempre la nostra Lode
fra Alberto – info@vocazionefrancescana.org
Dal Vangelo secondo Giovanni (12,1-8)
1Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. 2Equi gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. 3Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell’unguento. 4Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: 5«Perché quest’olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». 6Questo egli disse non perché gl’importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. 7Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. 8I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».
Il contesto
Il testo che precede questa pericope narra la resurrezione di Lazzaro (Gv11, 39-44) e il fatto che molti dei giudei dopo aver visto ciò che egli aveva compiuto, avessero creduto in lui. A quel punto i capi dei sacerdoti e i farisei si riuniscono per decidere di uccidere Gesù (Gv11, 45-57)
L’unzione di Betania va inserita in tale clima di tensione e di odio nei riguardi di Gesù. Un clima di cui Gesù è pienamente consapevole. In questa tempesta che gli si sta scatenando contro, Gesù, cerca un posto dove sostare, dove prendere fiato, dove ricevere ciò di cui ha bisogno, in amicizia, cura, affetto e comprensione… un posto dove riposare il cuore…
Fermiamoci anche noi e osserviamo Gesù. Entriamo nei suoi sentimenti per accorgerci dell’umanità bella di Gesù. E’ un uomo come noi, ha i nostri medesimi affetti e bisogni, molto umani. E ’in un momento drammatico: ha anche le nostre paure, le medesime domande e inquietudini. Cerchiamo dunque di cogliere questi momenti in alcuni passaggi del testo:
v.1: “Sei giorni prima della Pasqua”
Comincia un nuovo arco di sei giorni (cf. 1,19; 2,1). Questo arco racchiude l’ora di Gesù (12,27; 17,1; cf. 19,14.27) e termina con la sua morte. Rispetto al suo giorno è l’ora finale, ma al tempo stesso è quella che inizia il giorno della nuova creazione (20,1). In questo passo la Pasqua non ha più la determinazione “dei Giudei”, perché si sta per celebrare la Pasqua di Gesù. Qui sono richiamati anche i 6 giorni della creazione… c’è ora una creazione nuova! Un amore corrisposto all’eccedenza d’amore che aveva portato Dio a creare il mondo.
v.2: “Fecero per lui una cena”
E’ sicuramente un banchetto di ringraziamento al Signore per la vita di Lazzaro, l’amico amato da Gesù. E’ come se nella casa dei tre fratelli si vedesse rispecchiato tutto il vangelo, ciò che Gesù è venuto a fare nel mondo! E tutta la circolarità di amore che vi cogliamo, quel loro donarsi reciproco, mostra e sostiene il dono totale di Gesù sulla croce che si verificherà poco dopo… Il riferimento è certamente anche all’ultima cena (13,2.4).
Lazzaro che è messo in evidenza (12,3) in termini che esprimono un accostamento, senza confusione, al discepolo amato da Gesù (13,33). Marta in atteggiamento di servizio, come anche la descrive luca (lc10,40): immagine anticipata di Gesù servo, che serve i discepoli (13,2.4; 21,20). Maria, ben caratterizzata, come la sorella, allo stesso modo che nel vangelo di Luca (Lc 10,38-42) quando “seduta ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola”.
Conosciamo però anche bene le dinamiche di questa famiglia che non esprime un amore “perfetto” (e meno male!). E’ un amore che ha delle difficoltà, delle parzialità (per es. “Marta che si lamenta che deve fare tutto da sola”). Quasi a ricordarci che l’amore è anche sempre impastato di tutte le nostre fragilità, della nostra storia e caratterialità : dell’intera nostra umanità! Ma non per questo non è amore, non per questo è meno prezioso! Anzi!
Provate ad immaginare il clima: sicuramente quella cena era di ringraziamento a Gesù che aveva risorto il fratello di Marta e Maria e quindi ci sarà stato un clima pieno di gioia e di gratitudine; un pieno riconoscimento di Gesù come il Signore… tutto espresso dal servizio di Marta (appena accennato, ma concreto – la cena) e dalla vicinanza, l’attenzione la dimostrazione di affetto di Maria con quel gesto…,
v.3: “Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo”
Si tratta di un unguento molto prezioso, proveniente dall’India (tratto dalle radici del fiore di nardo che cresce a 5000 m di altezza) e molto profumato. I 300 gr. offerti da Maria corrispondevano ad una libbra!
Anche Nicodemo porterà un unguento, per ungere il corpo di Gesù alla sua sepoltura (Gv19, 38-42). Ne donerà addirittura 100 libre (=300 kg di unguento), cioè una enormità di mirra e di aloe… Gesti che dicono la cura verso il corpo di Gesù, e l’amore sovrabbondante che egli aveva saputo ispirare.
Giuda ne evidenzia invece, grettamente, solo il valore economico: 300 denari (era il salario medio di un anno di lavoro). Giuda chiederà per il suo tradimento molto meno : 30 denari (cf. Mt 26,12). La vita di Gesù valutata meno di un vasetto di profumo!
Per Maria, invece è il segno di un amore spropositato che la porta a compiere un gesto folle e bello (cfr Mc 14,1-11)! (che richiama quello della fine del vangelo, di Nicodemo). E’ quanto avviene quando si ama una persona: gli porteresti la luna. Facciamo pazzie quando si è innamorati. E Gesù da Maria e da Nicodemo è stato amato così !
E davvero è un atto folle quello di Maria! Risposta all’amore folle di Dio-Creatore per le sue creature: finalmente la sposa (che è l’umanità) risponde, contraccambia l’amore dello Sposo… Ed è Gesù stesso a definirsi “sposo”; per es. quando lo interrogano sul digiuno dei suoi discepoli “quando lo sposo sarà loro tolto, allora digiuneranno…”(Mt 9:14-15)
v.3: “Ne cosparse i piedi di Gesù”
Nel mondo ebraico ungere i piedi, richiamava il rito nuziale: era una manifestazione di amore tra lo sposo e la sposa. Un gesto del resto non scontato anche oggi (si entra nella sfera dell’intimità).
Maria, cosa fa? Tocca i piedi di Gesù per spalmare il suo profumo. E Gesù, si lascia toccare da una donna! Lui, un rabbi itinerante, avvicinato da una donna che a quel tempo aveva valore zero o poco meno, in un mondo fortemente maschilista! Gesù non ha paura delle relazioni, nemmeno con il femminile… ma non basta. Maria li asciuga con i suoi capelli (altra parte che parla di seduzione). Si tratta dunque di una scena di un’intimità fortissima (carica di passione, eros, trasporto).
Comprendiamo cosa significhi per noi questa parola? Cosa indichino per noi questi gesti? Essi ci dicono come dobbiamo abitare questi giorni : ENTRANDO IN INTIMITA’ CON GESU’, CON LA SUA PERSONA.
Come? Restando con lui. Lui ci chiede di fermarci, di dedicargli del tempo. Sarà un porsi accanto, uno stare a cuore dicendogli: fammi stare vicino a te in ciò che hai vissuto per me!
Uno “stare del cuore”, ma anche “uno stare del corpo”: ad esempio dopo aver letto il vangelo baciando la Parola, o dando una carezza al crocifisso! Noi siamo fatti anche di questa dimensione fisica-corporea e la fede ha bisogno anche di questa dimensione. Perché tutto di noi sia abitato da lui!
v.3: “cosparse i piedi di Gesù”
Ma torniamo ancora a questo gesto: c’è tutto – chiamiamolo così – “un gioco” del lavare i piedi. Maria unge i piedi di Gesù e da lì a qualche giorno sarà Gesù a lavare i piedi ai Dodici. Forse che Gesù nel fare questo ricordi il gesto pieno di affetto per lui di Maria? Come lui ha sperimentato la tenerezza di questo gesto così lo ripropone… Forse con nel cuore la tenerezza che Maria ha avuto per lui…
Gesù laverà i piedi in segno di SERVIZIO, manifestando che lui è venuto come servo, ma qui, se da servo dona tutta la sua vita, (lo vediamo nell’ultima cena e poi sulla croce…), ma qui… qui… FINALMENTE L’AMORE è AMATO!!!!!
Se nella lavanda dei piedi dei Dodici c’è l’acqua, qui c’è profumo, profumo di gioia e di vita. Infatti di solo amore donato si muore, mentre è della risposta all’amore che si vive! Maria è la prima che fa per Gesù ciò che Gesù ha fatto per noi: RIAMA! Ora finalmente lo Sposo accolto dalla sposa può dimorare tra noi!
v.3: “Tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo”
Capite? La casa si riempie tutta! La casa è il luogo della vita, è la vita: quindi tutta la vita di questi amici è ricolma della vita di Gesù. Allora sorge spontanea la preghiera: “Gesù riempi tutta la mia vita, che non ci sia spazio che non profumi di te!!!!
Ma da dove viene questo desiderio? Dobbiamo ricordare che Maria era quella seduta ai piedi di Gesù che lo sta ad ascoltare… Questo desiderio viene dall’ascolto, dall’amore per Gesù, dallo stare con lui, dallo stare ai suoi piedi. Ora la CASA, cioè la VITA è PIENA di lui…
In quella casa stanno gli amici che Gesù ama. Lì Gesù è amato e lì c’è profumo perché Dio è amore. Lì c’è servizio e amore ed è nel servizio concreto che si vede l’amore!
In ebraico la parola PROFUMO si dice “shemen” richiama shem che significa il Nome. Nel Cantico dei cantici lo Sposo (che è figura di Dio) è chiamato profumo effuso, cioè il nome, l’essenza di Dio è profumo! DIO, è amore che per sua natura impregna tutto della sua presenza!
v.5: “Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?”
L’eccesso di amore crea sempre disagio e sconcerta! È la reazione davanti alla Crocifissione che forse porta anche noi a chiederci: ma la nostra redenzione non poteva essere effettuata senza tanta sofferenza? Era proprio necessario tanto spargimento di sangue? Non è stato uno spreco la morte di Gesù? Qui appare chiaro invece come il centro del mistero di Dio è proprio “lo spreco”, rivelazione della totalità dell’amore: “li amò sino alla fine” (Gv 13,1). San Bernardo dice: “In quale modo ameremo Dio? Senza modo, smodatamente! In quale misura ameremo Dio? Senza misura, smisuratamente!”. Se l’amore non è totale non è amore.
Trecento denari era il salario di un anno di lavoro. Comprare e vendere appartiene all’economia di possesso. Chi calcola è ancora nell’egoismo e nella morte. L’amore non conosce il calcolo. Ci sono dunque due economie in questo Vangelo: quella dello spreco e quella del calcolo. Quale delle due mi appartiene? Quanto “calcolo” nelle mie relazioni, nei miei progetti, sul futuro della mia vita, sulla mia vocazione!? Com’è difficile invece “lo spreco” di me, la gratuità, la disponibilità totale, la consegna della vita, un offrirsi pieno e generoso senza “se” o “ma”!!? E’ in fondo il dilemma del giovane ricco (Lc10,21; 12,29)
Perché non dare i soldi ai poveri?: chi crede che l’amore per il Signore sia sottratto ai poveri è come chi pensa che l’acqua della sorgente sia sottratta al secchio. E quante volte l’amore al povero senza il riferimento alla sorgente si è trasformato in potere, in dominio! La nostra risposta di amore a Lui è sorgente di quanto faremo per gli altri.
Una verifica dei miei atteggiamenti
- Potrò verificare in me quanto è presente l’atteggiamento di contabilità di Giuda invece della gratuità e dello “spreco” per il Signore.
- Oppure, se forse, non mi appartiene (anche solo in parte) l’atteggiamento dei capi dei sacerdoti che vogliono “far fuori” , eliminare , mettere da parte Lazzaro e anche Gesù.
- Potrò verificare la profondità del mio desiderio di stare con il Signore, lasciando perdere altre incombenze pur importanti e belle: ora il “povero di cui avere cura è proprio Lui, Gesù!”. Gesù che a Giuda dice: “Lasciala fare!… i poveri li avrete sempre con voi…” I poveri, realtà preziosissima per Gesù, ma che richiama: “Ora sono io più importante dei poveri… ovvero “il povero ora sono io”!
Come pregare questa parola?
- Immagina la scena, entraci dentro, come se tu fossi lì. Fai come ha fatto s. Francesco con il presepe di Greccio.
- Osserva: dove ti collocheresti? Che sentimenti proveresti nel vedere quel gesto? Ascolta i sentimenti di chi è presente… perché vive ciò? Senti i profumi…
- E poi parla con Gesù di quel gesto, di ciò che hai vissuto, visto sentito e prova a chiederti: Tutto questo cosa dice di me? Del mio rapporto con Gesù?
- Contempla l’affetto di Maria, ma anche l’umanità bella di Gesù, in modo da tirarlo giù dal piedistallo lontano dove l’ho messo, così da sentirlo più vicino alla mia umanità!
- Puoi anche decidere di trovare un tempo ogni giorno della settimana santa per stare da solo con Gesù!
- Prova a chiederti cosa significhi per te, molto concretamente, amare senza calcoli, per essere “buon profumo di Cristo”, come dice Paolo in 2Cor 2,14.
- E così siamo portati al cuore della questione: la qualità della relazione con Gesù. Come mi pongo io davanti a Gesù? Chi è lui per me? È qualcuno per cui vale la pena versare, “sprecare” ciò che di più prezioso ho, o di fronte a lui faccio riserve, misuro i miei atti, soppeso, calcolo i miei slanci di generosità?
Per l’approfondimento e la meditazione
A) Questo testo è sempre stato considerato una “icona” stupenda della vita consacrata che in qualche modo continua nella chiesa e nel mondo l’azione di offerta totale, “senza ritegno” di quella donna: è realtà che profuma, che si dona con spreco e senza calcolo, che annuncia il Risorto.
E’ vita “spezzata”, è “profumo” sparso, è “amore” totale. I religiosi, frati o suore, sono coloro che, “facendo tutto quello che possono”, provano a ripetere e attualizzare nella loro vita questo gesto di offerta di sè assoluto e inebriante!
Come riecheggia provocante questa frase di San Bernardo di Chiaravalle:
“In quale modo ameremo Dio? Senza modo, smodatamente! In quale misura ameremo Dio? Senza misura, smisuratamente!”.
B) Vi offro di seguito anche una bella testimonianza di S. Teresina del Bambino Gesù che fa intravedere “il di più” della Vita consacrata:
«Noi non siamo neppure delle fannullone, delle prodighe. Gesù ci ha difese nella persona della Maddalena. Era a tavola, Marta serviva, Lazzaro mangiava con Lui e i discepoli. Quanto a Maria, non pensava a prendere cibo, ma a far piacere a Colui che amava. Così prese un vaso colmo di un profumo di grande valore e spezzando il vaso lo sparse sul capo di Gesù… allora tutta la casa fu invasa da quel profumo (Gv 12,1-6), ma gli apostoli mormorarono contro la Maddalena!… è proprio come per noi: i cristiani più fervorosi, i sacerdoti, trovano che siamo esagerate, che dovremmo servire con Marta invece che consacrare a Gesù i vasi delle nostre vite, con i profumi che vi sono racchiusi… E tuttavia che importa che i nostri vasi siano spezzati se Gesù è consolato e il mondo è obbligato, suo malgrado, a sentire i profumi che ne esalano e che servono a purificare l’aria avvelenata che non smette di respirare?». (S. Teresa del Bambino Gesù, Lettera a Celina 19 agosto 1894.)
C) Un racconto per te (una storia vera!)
“Perché lo fai?”, gli fu chiesto. “Perché, rispose, appartiene alla mia vocazione farlo”. Dialogo scarno tra marito e moglie. Sposati con tre figli, uno dei quali mio compagno di scuola. Il marito è infedele fino al punto da lasciare la casa per una donna più giovane. Poi la malattia: un tumore. Rimane solo. La moglie lo riaccoglie in casa e se ne prende cura. Lo veglia giorno e notte nel periodo post operatorio. Lo accudisce in casa nei giorni della speranza e dell’agonia. Un giorno il marito le chiede: “Perché lo fai?” e lei risponde: “Perché fa parte della mia vocazione”. Lui piange, chiede perdono e il sacerdote lo confessa. Pochi giorni dopo muore. Ho incontrato questa moglie alcuni anni fa. Con molta dignità e calma, mi ha raccontato la sua storia. Anch’io le ho chiesto: “Perché ha fatto tutto questo?”. Ha risposto: “Perché volevo salvare l’anima di mio marito. Ci sono riuscita”.
Questa moglie mi ha insegnato qualcosa di cui solo oggi gusto il senso profondo. Siamo chiamati a conoscere in profondità la nostra vocazione per poterla vivere in pienezza.
Quello che rende cristiana una scelta di vita è la totalità. La totalità di Cristo che ha dato tutto sè stesso per noi e che ritroviamo nel “tutto” che è l’eucaristia.
Oggi questa totalità, potremmo chiamarla come una volta: santità! E’ però parola ostica e difficile. La cultura del mondo ci educa alla temporaneità, alla parzialità: si può avere tutto, ma non dare tutto. Ma ci si dimentica dell’essenziale: la comunione con Dio, il dono di sé nell’obbedienza, la scelta per la vita di non appartenersi…
Dove non c’è nessun amore, il “di più” non c’è.
Dove c’è poco amore, il “di più” è sempre scarso.
Dove c’è tanto amore tutto è “di più”,
anche la propria vita.(Don Primo Mazzolari)