Enrico (Monza – 25 anni) mi ha scritto recentemente parlandomi di un corso vocazionale ad Assisi, durante l’estate, che lo ha alquanto coinvolto e interrogato. Vorrebbe condividere e raccontare questa esperienza – “da gridare a tutti“, ma…
L’esperienza di un amore grandissimo
[…] Alla Porziuncola ho percepito un amore grandissimo del Signore per me, forse anche una chiamata speciale (consacrarmi?) che da tempo intuivo, ma che non sapevo ben riconoscere […].
Mi sono deciso a confrontarmi col mio curato e per capirci qualche cosa di più sto partecipando anche ad un gruppo vocazionale diocesano. È molto bello poter condividere in questo piccolo gruppo con altri ragazzi un ideale, una prospettiva di vita, domande e timori comuni.
Ma come devo comportarmi con gli amici o i compagni di università? E con i genitori? A loro non ho ancora detto nulla. Da un lato mi piacerebbe dire del mio cammino e della mia ricerca vocazionale, dall’altra mi chiedo cosa sia più giusto fare […].
Il desiderio di condivisione
Ad Enrico come ad altri ragazzi in situazioni analoghe rispondo prima di tutto che è molto normale desiderare di condividere un’esperienza forte e coinvolgente come quella vissuta ad Assisi. Quando poi in particolare si tratta di un incontro speciale con il Signore che ha donato una gioia grande, questa, come Enrico stesso scrive, quasi la si vorrebbe «gridare a tutti».
No a passi affrettati
Ritengo però che parlarne a troppe persone e troppo presto potrebbe limitare la sua libertà di azione e indurre gli altri ad affibbiargli etichette o rinchiuderlo in ruoli prematuri e fastidiosi. Soprattutto nelle fasi iniziali, l’esperienza mi insegna, che è meglio conservare e custodire questa intuizione con tanta umiltà, affidandola soprattutto ad un dialogo intimo con il Signore, piuttosto che a scambi e comunicazioni affrettate.
Molto utile diventa invece il confronto personale con il padre spirituale e, se possibile, il dialogo all’interno di un gruppo vocazionale ristretto e mirato. Meglio essere discreti e prudenti che sbilanciarsi in grandi proclami quando, in realtà, il desiderio che abita in noi è ancora fragile e appena sbocciato.
L’esempio di Maria
Non posso qui non pensare alla Vergine Maria che, come leggiamo nei Vangeli, dopo i grandi eventi dell’Annunciazione (che oggi celebriamo) e della nascita di Gesù: «da parte sua, custodiva tutte queste cose (parole-eventi), meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19).
Davanti alle parole-evento di Dio non ci si può fermare, infatti, allo stupore e all’entusiasmo. La rivelazione deve essere approfondita. Maria cerca di penetrare il senso dei fatti che sta vivendo, delle parole dette dagli angeli come dai pastori. Si tratta di di far venire alla luce il senso profondo di un evento. Maria impegna la sua intelligenza e la sua volontà per penetrare eventi e parole che sono più grandi di lei, per capirli sempre meglio, con l’aiuto della grazia. Maria in tal modo viene formata alla fede e diventa per tutti noi il modello del discepolo che ascolta la parola e la mette in pratica (Lc 8,21).
Se sono rose, fioriranno
Un cammino vocazionale “ben fatto”, come ci insegna Maria, dunque chiede tempo, custodia, silenzio, preghiera, ascolto, per discernere se davvero provenga da Dio. Non ha bisogno di clamori e premature dichiarazioni. Quando si sarà più radicati nella vocazione e l’orientamento verso una scelta di vita apparirà più evidente, allora verrà il momento di annunciarlo anche attorno a noi.
Come dice l’antico adagio: “se sono rose , fioriranno”.
Al Signore Gesù sempre la nostra lode.
fra Alberto – info@vocazionefrancescana.org