Oggi parliamo di “voti”. Mi giungono, infatti, varie richieste di spiegazioni a motivo di una loro frequente non facile e non immediata comprensione. Di seguito provo a chiarirne alcuni aspetti, senza voler essere per forza esaustivo.
Dalla vocazione alla vita consacrata
La vita di consacrazione non è una scelta, ma una chiamata dall’Alto che esige una risposta.
In realtà, ogni chiamata e vocazione custodisce un progetto divino che chiede un attento ascolto, un’apertura di cuore, silenzio e preghiera per capirne la direzione e decifrarne il senso. Dio, infatti, sempre, quando chiama, è per condurci “fuori” da noi stessi, poiché la vera realizzazione dell’essere è aprirsi agli altri e dimenticarsi di sé, anche se questo non significa autodistruggersi.
Pertanto, ognuno è chiamato “fuori” in modo diverso, con una vocazione propria e solo chi si mette in atteggiamento umile di ascolto e ricerca può comprendere e accogliere in verità la strada della vita. Un cammino di discernimento diventa allora uno strumento importante per ripercorrere la propria storia personale e scoprire Dio e la sua presenza e la sua volontà in ogni momento della vita, e così “sentirlo” coinvolto e operante in tanti eventi e mediazioni (la Parola, le persone, le situazioni….). Un “sentire” questo che non è solo un sentimento.
La consacrazione religiosa, si inserisce in questo dinamismo, ed è un dono speciale che Dio fa alla Sua Chiesa attraverso l’invito personale e misterioso che Egli rivolge liberamente a chi vuole: seguimi! Essa esprime il dono totale di se stessi a Dio per il bene di tutti e non solo al fine di realizzare la propria vocazione.
Dalla vita consacrata ai carismi
Chi abbraccia la vita consacrata testimonia e manifesta la radicalità della sequela di Cristo e del vangelo. Con la loro scelta, infatti, indicano a tutti come sia bello, anche se impegnativo e “alto” ed esigente, seguire Gesù; come Egli trasformi la vita, trasfiguri il cuore ed il volto ed i gesti, renda uomini e donne più veri e più liberi. Dio, per essi, viene prima di ogni altra cosa; è l’assoluto che chiede tutto e che dona tutto.
Al passo definitivo di consacrare la propria vita a Dio si giunge solo dopo un lungo cammino, in cui si approfondisce sempre più il senso del rapporto personale con Dio, nello studio del carisma dell’ordine e attraverso esperienze di vita nella comunità di cui si entrerà a far parte.
La vita religiosa ha come fondamento proprio l’esperienza comunitaria, via privilegiata per l’incontro con Cristo, che si esprime in una moltitudine di ordini o congregazioni di cui i religiosi fanno parte. Ognuno di questi ambiti è caratterizzato da un particolare carisma, cioè il dono che Dio manifesta nello Spirito Santo al fondatore di un ordine. Si tratta di una luce che illumina un particolare aspetto del Vangelo e si fa servizio in e per la Chiesa. La varietà degli Ordini, delle Congregazioni e movimenti religiosi è uno straordinario segno della Provvidenza e della fantasia dell’Amore di Dio: in questo modo donne e uomini diventano presenza concreta di questo Amore per ogni fratello.
Dal carisma ai voti
Per noi francescani, il carisma è indicato sinteticamente dallo stesso san Francesco nelle prime parole della Regola che egli consegna ai suoi: “la vita e la regola dei frati è vivere il Vangelo”.
Questa indicazione si concretizza nei tre Voti (povertà, castità e obbedienza), detti anche “consigli evangelici”, per i quali i frati si impegnano a mettersi alla sequela di Gesù, seguendo le sue orme in maniera radicale, fedele e gioiosa. I tre voti sono simboleggiati esternamente dai tre nodi del cingolo dei frati.
Povertà
Non significa essere pezzenti, ma, come Gesù afferma nel discorso della montagna, indica prima di tutto un atteggiamento interiore, la povertà di Spirito. Ciò implica ogni giorno e in ogni momento un affidarsi alla fede, un vivere solo della fede, un abbandonarsi fiducioso alla Provvidenza. La povertà è anche una meta a cui tendere tramite un cammino di conversione continua in vista di una sempre maggiore libertà interiore riguardo a cose e affetti. La povertà materiale è dunque il riflesso di quella spirituale.
Obbedienza
Anche questa è una forma di povertà: è dire a Dio “voglio dipendere da te”! E’ un atto quotidiano di adorazione, è riconoscere che Egli solo è il Signore e noi siamo sue creature. L’obbedienza a Dio, concretamente passa e si esprime attraverso la mediazione della Parola, la mediazione dei superiori e della comunità e della regola dell’ordine, la mediazione dei fratelli e delle sorelle.
Castità
È l’offerta di sé stessi, del meglio di sé, del proprio cuore. Per fare questo passo occorre crescere e maturare in purezza, diventare puri di cuore ed essere così nella beatitudine di Cristo.
La castità sostiene e aiuta a vivere la Carità, così come è descritta da san Paolo nel suo inno all’Amore. La solitudine viene riempita da Dio; si è messi a parte per Dio, più uniti a Lui per essere più uniti ai fratelli.
La castità non si riduce quindi a una questione fisica, ma è ancor prima un’intenzione di purezza. Castità dice come l’Amore di Dio sia totalizzante, tale da non lasciare nel cuore lo spazio per un altro amore che non sia il Suo. Castità è: Dio che seduce e spinge, per Amore Suo, a lasciare tutto (beni, affetti, progetti…) per mettersi alla sua sequela.
Conclusione
È Dio in definitiva a portare avanti la consacrazione con l’aiuto del religioso e in verità, per quest’ultimo, non esistono tre voti, ma uno solo: quello all’Amore.
Se volete approfondire qualche aspetto particolare, scrivete pure la vostra domanda nei commenti qui sotto, oppure mandatemi una mail personale.
Vi benedico. Al Signore Gesù sempre la nostra lode.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org
Buongiorno frati del Santo,
su questo tema vorrei porvi una domanda: nel caso della chiamata alla vita consacrata come faccio a capire se rispondo a una chiamata di Dio o è la risposta a un mio desiderio?!
Un abbraccio!
S.H.
Ciao caro Saimon. Questa è una domanda molto grande ed impegnativa: proprio per questo serve un serio cammino di discernimento. Distinguere la voce di Dio fra le tante voci che ci portiamo dentro non è semplice, è un’arte che va imparata e praticata attraverso un percorso lungo e impegnativo. Proprio per questo noi proponiamo sempre di avere accanto un padre spirituale (primo requisito fondamentale) e poi magari di vivere il percorso del gruppo vocazionale san Damiano, che può essere di grande aiuto in questo.
PS: ti lascio anche una provocazione: davvero ciò che vuole Dio è “diverso” da ciò che noi stessi desideriamo? Non è forse che “la chiamata di Dio” sia in realtà ciò che noi desideriamo più di ogni altra cosa nel profondo di noi stessi? Buon cammino fratello!
Mi hai commosso, non me lo aspettavo!! GRAZIE!!
Fantastico!