Oggi condivido la mail di Paolo, un giovane di 19 anni che mi scrive dalla Liguria. Attratto dalla vita religiosa si trova però a fare i conti con una profonda disistima e scarsa fiducia in se stesso.
Mail di Paolo
Caro fra Alberto, mi chiamo Paolo, ho19 anni, le scrivo dalla Liguria. Ho appena raggiunto la maturità (Liceo scientifico) e mi interrogo molto sul mio futuro.
In verità, da tempo sento in me un invito, un desiderio: quello di consacrami, di dedicarmi al Signore e al prossimo, ma… Ma sono tormentato da grandi resistenze e timori riguardo a me stesso. Mi considero fragile, debole nella mia fede, ma anche senza particolari doti umane e intellettuali, senza le tante capacità che mi pare di riconoscere, con invidia, in altri coetanei e che vedo necessarie ad un frate. Guardo inoltre ad alcuni miei peccati e dico a me stesso: non sei degno di fare questa strada! E così mi abbatto e resto immobilizzato, incapace di trovare un orientamento, una direzione. Temo e mi inquieta il giudizio altrui (…).
Come posso anche solo pensare di consacrarmi con questa mia inadeguatezza e sfiducia interiore? Come vincere queste fatiche? Le chiedo un consiglio e una preghiera per me.
Commento di fra Alberto
La lettera di Paolo, (molto più lunga e a cui ho risposto privatamente) mi sollecita ad affrontare una problematica spesso presente in tanti ragazzi: la scarsa, fragile e povera stima di sé!
Infatti, fra le tante difficoltà e impedimenti che un giovane deve affrontare nel suo cammino verso la piena maturità e realizzazione di sé e ancor più verso un cammino di discernimento vocazionale vi è spesso, la percezione di sentirsi inadeguati, non all’altezza, talvolta addirittura “indegni” in riferimento ad alcuni aspetti della propria personalità ritenuti particolarmente sminuenti, se non addirittura vergognosi. Spaventa alquanto, poi, il giudizio del prossimo!
Questo da un lato non deve stupire, né meravigliare: il cammino di ogni ragazzo verso una sana e stabile e salda identità interiore, non è mail facile! D’altro canto, il senso di inferiorità, se non affrontato adeguatamente, risulta di grande ostacolo alla realizzazione del proprio progetto di vita, della vocazione.
Non posso non ricordare qui le sapienti parole di san Francesco:
“Beato il servo, il quale non si ritiene migliore, quando viene magnificato ed esaltato dagli uomini, di quando è ritenuto vile, semplice e spregevole, poiché quanto l’uomo vale davanti a Dio, tanto vale e non di più” (Ammonizione XIX).
Il nostro valore e la nostra dignità, ci ricorda il Poverello, poggiano dunque su Dio e non su altro o altri ! Non dovremmo mai dimenticarlo!
Su tale tema ho trovato un bellissimo commento di un sacerdote padovano, Don Marco Pozza, cappellano del carcere cittadino. Ve lo ripropongo nella certezza che possa aiutare e illuminare più di qualcuno.
Al Signore Gesù sempre la nostra lode.
Fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org
Non c’è peggior solitudine di chi non riesce a star bene con se stesso: “La mia vita è cambiata quando ho iniziato a credere in me stesso” dicono sovente i vincitori, divenuti tali dopo essere stati grandi perdenti.
È sempre la solita storia: «Chi perde denaro perde molto; chi perde un amico perde molto di più; chi perde la fiducia in se stesso perde tutto» scrive E. Roosevelt.
L’autostima è una forza motrice: il fatto è che, nella cialtroneria collettiva, spesso la si sposa con il narcisismo. La qual cosa è un’ingiustizia colossale: stimare se stesso per quello che si vale è il primo passo per imparare a stimare l’altro, senza voler diventare lui. Volere diventare altri da ciò che si è, è la versione aggiornata dello spreco: non ho mai conosciuto nessuno che abbia avuto la forza di obbligarmi a sentirmi inferiore a lui senza prima avermi fatto firmare il consenso.
“In fatto di autostima non sei secondo a nessuno” mi dice spesso la gente quando mostro d’avere un sistema antiscasso a protezione delle cose-ultime in cui credo.
È una questione seria questa: posso sottovalutarmi senza, per questo, deludere il mio Dio?
Il Vangelo è il mio corso di autostima preferito e Cristo rimane il motivatore per eccellenza nei giorni funesti.
Ripenso spesso a quei passeri: «Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà senza il volere del Padre vostro». C’è chi dice, dunque, ch’è Dio a far cadere i passeri, crollare i ponti, franare le valanghe, tracimare i fiumi: “Non si muove foglia che Dio non voglia!”, dice qualcuno non sapendo, forse, di bestemmiare. La libertà è dunque un giocattolo: è Dio a rendere colpevole qualcuno per poi condannarlo alla gattabuia della galera? La follia, certi giorni, prende casa anche sulla soglia di certe chiese!
Il fatto è all’opposto: non accade nulla, di tutto ciò che accade, che abbia il potere di accadere senza che Dio le sia appresso. Questo, però, è il contrario perfetto di ciò che dicono in giro! Dio non vuole la croce, ma sta sulla croce di chi sta morendo; non vuole nemmeno il male, ma sta appiccicato a chi del male è vittima. La cosa strana è che sta appiccicato addosso anche a chi, di quella mattanza, è il colpevole. Può tutto la libertà dell’uomo: può far nascere e procurare la morte, ferire e accarezzare, consolare e umiliare. Tutto, eccetto costringere il Dio cristiano a fuggire di fronte alla responsabilità d’essere Lui il Padre-creatore di qualsiasi uomo, buono o cattivo che decida d’essere.
Il motivo è presto detto, è Dio stesso in persona a dirlo, per evitare fraintendimenti: «Non abbiate paura: voi valete più di molti passeri». È il cuore dell’autostima che non nuoce gravemente allo spirito, è il suo medicinale: “Io, per Dio, valgo di più di”. Più di quello che pensa la gente di me: il padre, la madre, il titolare dell’azienda, il vescovo, l’osteria, la parrucchiera, lo psichiatra. Per Dio il mio nome è “Io-valgo-di-più-di”: nessun nome più bello è mai uscito da labbra d’amante. Dio è pazzo.
Di me non Gli sfugge il più piccolo particolare: «Perfino i capelli del vostro capo sono contati. Non abbiate paura». Non è che Cristo inciti alla mancanza di rispetto verso gli altri, è che «alcune persone hanno così tanto rispetto per i propri superiori che non ne han più conservato per se stessi» (P. McArthur).
Sto da Dio nel cuore di Dio: perchè preoccuparmi di ciò che gli altri pensano di me? A me interessa ciò che pensa Dio, il Padre dall’occhio velocissimo. Un giorno mi sono deciso che quando mi manca qualcosa, prima di chiederla ad altri, passo da me stesso a prenderla in prestito: Dio mi ha dato il necessario per imparare a stare in piedi da solo, perchè usare stampelle? “Io-valgo”, me l’ha detto Lui e io, a Lui, ci credo così tanto che, se potessi, ruberei a Salvador Dalì una delle sue frasi più belle: «Ogni mattina mi sveglio e, guardandomi allo specchio, provo sempre lo stesso immenso piacere: quello di essere Salvador Dalì».
Chi dice ch’è Narciso, lo fa solo perchè non calcola che per ogni uomo e donna è così. Non solo per me. Il fatto è che certi, a ciò che dice Dio, ci credono mentre altri lo sottovalutano. Finendo col sottovalutarsi.
don Marco Pozza
Dal Vangelo di Matteo (10,26-33)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli:
«Non abbiate paura degli uomini, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!
Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli»