In questo Anno Santo della Misericordia c’è un testo di san Francesco, “la Lettera ad un Ministro” (rivolta al responsabile di una comunità di frati), che è un autentico tesoro di spiritualità e di umanità anche per noi.
Dalla lettera ad un Ministro di san Francesco
“Al frate … ministro: il Signore ti benedica!
lo ti dico, come posso, per quello che riguarda la tua anima, che quelle cose che ti sono di impedimento nell’amare il Signore Iddio, ed ogni persona che ti sarà di ostacolo, siano frati o altri, anche se ti coprissero di percosse: tutto questo tu devi ritenere come una grazia ricevuta. E così tu devi volere e non diversamente.E questo sia per te vera obbedienza del Signore Iddio e mia, perché io fermamente so che questa è vera obbedienza. Ama coloro che agiscono con te in questo modo, e non esigere da loro altro se non ciò che il Signore dà a te. E in questo amali e non pretendere che diventino cristiani migliori.
E questo sia per te più che stare appartato in un eremo. E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore e ami me suo servo e tuo, se tu farai questo, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato quanto più è possibile peccare, che dopo aver visto i tuoi occhi non se ne ritorni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato.
E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: affinché tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli. E avvisa i guardiani, quando puoi, che tu sei deciso a fare così ….E tutti i frati, che fossero a conoscenza del peccato di un loro fratello, non lo facciano arrossire né dicano male di lui, ma ne abbiano grande misericordia e tengano assai segreto il peccato del loro fratello, perché non i sani hanno bisogno del medico, ma i malati”. E sempre per obbedienza siamo tenuti a mandarlo con un compagno dal suo Custode. E lo stesso Custode lo tratti con misericordia, come vorrebbe essere trattato lui medesimo, se si trovasse in un caso simile ….(…) E questi non abbiano potere di imporre altra penitenza all’infuori di questa: “Va’ e non peccare più!”.
Questo scritto tienilo con te, affinché sia meglio osservato, fino al Capitolo di Pentecoste, quando sarai presente là con i tuoi frati. E queste e tutte le altre cose che non sono nella Regola, sarà vostra cura di completarle, con l’aiuto del Signore Iddio”.
(San Francesco, Lettera a un Ministro – Fonti Francescane n° 234-239).
Da dove scaturisce questo testo?
Le difficoltà degli incarichi di governo, dovute certamente alla mediocrità e al comportamento scandaloso e alle forti opposizioni e ai contrasti di alcuni frati nei suoi confronti, spingono quel bravo e retto “ministro regionale” (di cui si ignora il nome) a voler abbandonare la comunità e con essa il campo dell’obbedienza, del servizio, della carità. Pare di sentirlo dire a Francesco: “Basta! Non ne posso più! Voglio vivere da frate vero la mia vocazione francescana e la mia scelta per il Signore! Non voglio più stare con questi frati mascalzoni e poco di buono che mi rendono la vita impossibile!!” Ha già deciso per questo di ritirarsi in un eremo per ritrovare la pace del cuore e dedicarsi pienamente e solo al Signore nella preghiera, occupandosi unicamente del bene della propria anima, mirando alla santità.
Francesco, sempre premuroso, gli indirizza questa lettera che reca in sé una corona di messaggi tanto semplici quanto sbalorditivi. Mai, prima d’ora, il vangelo della misericordia era stato così divinamente decodificato né mai si era udito un coraggio così semplice ed assoluto di fronte alle esigenze della vera imitazione di Gesù nei rapporti con ogni fratello peccatore. Francesco, infatti, va diritto al messaggio essenziale!! Senza reticenze, “sine glossa”, afferma che le difficoltà incontrate sulla strada della vita fraterna sono un regalo prezioso e che le fatiche da sostenere nell’amare i fratelli più difficili sono garanzia e premio di perfetta carità. Sono grazia!! Non una grazia astratta ma, nel linguaggio realistico di Francesco, una “grazia ricevuta“, un dono d’amore divino che esige un pieno coinvolgimento in chi lo ha “ricevuto”, esige attenzione e restituzione d’amore. Questa è la chiave interpretativa della Lettera.

Per il “Poverello di Assisi”, è alla luce di questa concezione fondamentale di fede che va sempre considerata la propria relazione con Dio “in cui viviamo, ci muoviamo e siamo” (At 17,28), e devono esser considerati anche tutti gli impedimenti che si oppongono alla personale santità (escluso il proprio peccato). Quel fratello difficile va considerato pertanto come tabernacolo e ostensorio di Dio Padre, va amato con totale umiltà davanti all’Altissimo, “in perfetta letizia“! La strada che Francesco propone è il cammino del Vangelo “sine glossa”, la forma di vita “nella imitazione” radicale del Figlio Gesù, nella conformità perfetta ai suoi stati interiori, alla sua crocifissione.
