Domenica scorsa tutti abbiamo ascoltato dalla prima lettura la vocazione di Mosè con il famoso episodio del “roveto ardente”
Questa scena è per Mosè una presa di coscienza drammatica, ma fondamentale. Quel grande spettacolo gli permette di avere una visione nitida di dove sta conducendo la sua esistenza. L’apparizione gli fa da specchio, ma al contrario: mentre il roveto arde senza consumarsi, lui si stava consumando senza ardere!
Era dovuto scappare dall’Egitto, quando si era ribellato alla schiavitù del suo popolo, ma ora tiene famiglia e ha un suo progetto, deve pensare al suo gregge, non può mandare tutto all’aria per un’avventura che non sa come andrà a finire. Eppure sente che consuma i suoi giorni, però manca ciò che fa ardere. Quanta verità è nascosta in questo paradosso sperimentato da Mosè. Quante volte anche la nostra vita rischia di essere un lento consumarsi, senza che si incendi qualche cosa di grande, di significativo, di profondo.
Ci si mette al minimo, ci si accontenta, si naviga a vista, immersi nella comoda mediocrità di un’esistenza qualunque. Solitamente si dice, spiegando questo brano, che Dio in questo incontro ha rivelato il suo nome ( Jahwè = io sono colui che sono). In realtà più che rivelare il suo nome, Dio rivela quanto deve incendiare il nostro cuore, infiammandolo di passione per Lui e per il suo Regno e per i fratelli con i quali intraprendere e spendersi per un cammino di liberazione. La nostra epoca è stata anche definita l’epoca delle “passioni tristi” ( piccole.. limitate.. ). Posso allora chiedermi anch’io alla luce di questo brano, per chi e per cosa mi stia consumando! Per chi o per cosa io stia veramente ardendo..!!? Le mie passioni, il mio cuore, il mio ardore, il mio sentimento…dove stanno guardando? Dove mi stanno conducendo?

Dal libro dell’Esodo (3,1-8a.13-15)
Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: “Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?”. Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: “Mosè, Mosè!”. Rispose: “Eccomi!”. Riprese: “Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!”. E disse: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Hittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Mosè disse a Dio: “Ecco io arrivo dagli Israeliti e dico loro: Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”. Poi disse: “Dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi”. Dio aggiunse a Mosè: “Dirai agli Israeliti: Il Signore, il Dio dei vostri padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe mi ha mandato a voi. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.

La vocazione di Mosè
Nel brano si narra l’incontro unico e straordinario che Mosè ha con il Signore, che lo chiama e gli parla della miseria del suo popolo e del progetto di liberazione che proprio a lui, Dio vuole affidare. Vi appaiono evidenti anche tutte le paure e i timori e gli interrogativi di Mosè (“che dirò..che risponderò..?”), ma anche la conferma di una presenza irriducibile e salda da parte di Dio ( Io sono colui che sono) che mai verrà meno e che sempre sosterrà la sua vocazione. Un episodio dunque che ci aiuta a riflettere sulla nostra personale chiamata.
Ciascuno può riandare con la memoria ad un momento specialissimo di incontro con il Signore, in cui ha intuito un suo invito, un amore speciale. Mi colpisce sempre al riguardo, come molti “chiamati” ricordino esattamente l’ora e i particolari di un preciso episodio in cui è avvenuto ” qualche cosa di sacro”! Ciascuno può chiedersi: Cosa vuoi Signore da me? Cosa vuoi che io faccia? Dove devo andare nel tuo nome? A chi porterò salvezza e liberazione? Ed ancora: quali sono le mie paure di fronte alla chiamata? Voglio fidarmi?
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org