Una delle mie preghiere preferite recita così: «Dio tacerà sempre se non gli presti la tua bocca. Dio non agirà mai se non gli presti le tue mani».
Dio ha bisogno di noi! Per poter esprimersi, per poter dare segni della sua presenza, per agire, Dio ha bisogno di noi… Dio ha bisogno di noi! Ha bisogno della nostra bocca per parlare e cantare, ha bisogno delle nostre mani per costruire e accarezzare, ha bisogno delle nostre gambe per camminare e danzare: «Quanto sono belli i piedi di quelli che annunziano buone notizie!» esclama il profeta (Is 52,7).
Per pensare, Dio si serve della nostra mente, per amare del nostro cuore. Dio, che nessuno ha mai visto, ha bisogno di noi per farsi vedere! All’inizio della lettera agli Ebrei si legge: «Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Ebr 1,1).
Il vangelo di Giovanni esprime la stessa idea quando afferma che Dio si dice tramite Gesù, ovvero che la Parola («che era con Dio e era Dio») è «diventata carne» (Gv 1.14). La parola divina (mediante la quale Dio si dice) è diventata corpo, ossia è diventata occhi, orecchie, bocca, cuore, mente, mani, pancia, gambe, piedi.
Gesù, con che cosa sentiva compassione se non col cuore? Come guariva se non col tocco delle mani? Come andava da villaggio a villaggio se non con i piedi? Come ammaestrava se non con le labbra? Ecco, i vangeli mostrano un Gesù che mangia, che dorme, che parla, che cammina, che sente.
Per esprimersi, per agire, Dio si «incarna», diventa corpo. Non c’è da sorprenderci, quindi, se per parlare della comunità di credenti, composta di popoli diversi, uomini e donne, giovani e vecchi, poveri e meno poveri, schiavi e liberi, anche l’apostolo Paolo ricorre all’immagine del corpo che «non si compone di un membro solo, ma di molte membra» le quali insieme cooperano al buon funzionamento del tutto.
Per poter agire, ognuno ha bisogno dell’altro, l’occhio dell’orecchio, la mano del piede, la mente del cuore e via dicendo. Non solo, volendo esprimere la relazione di questa comunità di credenti col Cristo, cioè con quel Gesù in cui Dio si era fatto corpo, l’apostolo Paolo scrive: «Poiché come il corpo è uno e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, benché siano molte, formano un solo corpo, così è anche di Cristo» (1 Cor 12, 12); e un po’ più avanti (v. 27) rende ancora più esplicito il suo pensiero: «Ora voi siete il corpo di Cristo».
Esattamente come la preghiera che citavo all’inizio: «Dio tacerà sempre se non gli presti la tua bocca, Dio non agirà mai, se non gli presti le tue mani». Non solo Dio ha bisogno di te, ma ha bisogno di te insieme gli uni agli altri. Il cammino che propone il cristianesimo, infatti, non è un percorso solitario, bensì un cammino collettivo, un cammino che ognuno e ognuna (come vedremo) è chiamato ad intraprendere in compagnia di altre persone. Neanche questo dovrebbe stupirci più di tanto, perché il vivere insieme è uno dei nostri grandi problemi. A volte non sopportiamo neanche noi stessi!
Per non dire i nostri genitori, i nostri insegnanti, il ragazzo che non si veste come me, la ragazza che non parla come me e viene persino da lontano. Da quando Adamo ha cercato di addossare la sua colpa ad Eva, e Caino in un accesso di rabbia e risentimento ha ammazzato Abele, le relazioni tra gli esseri umani sono andati da male in peggio. Uno dei grandi problemi (se non il problema) che affligge l’umanità a tutti i livelli, locale, nazionale e internazionale è la con-vivenza tra fedi, popoli, nazioni, vicini, familiari.
È assieme agli altri e alle altre che impariamo a vivere, è insieme agli altri e alle altre che impariamo a convivere, è insieme agli altri e alle altre che noi siamo appunto «corpo di Cristo, e membra di esso, ciascuna per parte sua» (1 Cor 12,27).Infatti, la primissima cosa che fa Gesù, dopo esser stato battezzato da Giovanni nel Giordano (dopo cioè aver risposta alla sua chiamata), è chiamare altre persone ad unirsi a lui, i pescatori Simone e Andrea e poi Giacomo e Giovanni.
Man mano, Gesù mette insieme un gruppo di uomini (e anche di donne) che insieme ad altri e altre ancora faranno parte di quel movimento che Gesù sta creando. Detto altrimenti, dagli inizi Gesù si muove insieme ad altri e altre, i quali condividendo la sua missione vengono ammaestrati strada facendo per portare avanti il suo progetto quando lui non ci sarà più.
Il movimento di Gesù è collettivo, ognuno vi partecipa insieme ad altri come il corpo è l’insieme degli occhi e delle gambe, del naso e delle mani. Tuttavia la chiamata è rivolta ad ognuno e ognuna di noi singolarmente.
Elizabeth E. Green – info@vocazionefrancescana.org