Uno degli episodi più famosi della vita di san Francesco è senz’altro il racconto del lupo di Gubbio, che il santo avrebbe ammansito e riconciliato con gli abitanti di quella città. Oggi proponiamo un testo di fra Felice Acrocca che ci fa comprendere come il lupo di cui dobbiamo stare attenti è anzitutto nascosto dentro di noi.
Francesco mostra di non temere il lupo non perché si consideri più forte di lui e quindi in grado di tenerlo alla larga, ma perché giudica l’aggressività del lupo una risposta all’aggressività dell’uomo. Qualora l’uomo non facesse alcun male (agli animali e, possiamo supporre, alle piante e a ogni altra creatura) non sarebbe neppure aggredito e l’universo/ la natura tornerebbero a quella suprema armonia che aveva contrassegnato la condizione adamitica e che ora, spesso anche in maniera drammatica, verifichiamo avere perduto.
Un insegnamento che trova conferma nell’episodio dei ladroni di Montecasale, lupi anch’essi, pronti a sbranare la gente derubandola e malmenandola. Francesco consigliò ai frati di avvicinarsi a loro armati non di roncole e bastoni, bensì di disposizioni dettate da mitezza e squisita carità, portando cibo e vino. E anch’essi, come il lupo di Gubbio, furono ammansiti e spinti a cambiar vita:
«alcuni entrarono nella Religione, gli altri fecero penitenza promettendo nelle mani dei frati di non commettere mai più, d’allora in poi, quei misfatti, ma di voler vivere con il lavoro delle proprie mani».
D’altronde, non era scritto nella prima Regola francescana:
«E chiunque verrà da loro (dai frati), amico o avversario, ladro o brigante, sia ricevuto con bontà»?
Questo non significa che Francesco, malgrado la sua grande apertura verso i lupi — che avessero due o quattro zampe — si dimostrasse miope o sordo di fronte alla violenza gratuita e alla sopraffazione. La sua naturale bontà, la sua ferma volontà di non alzare muri, non era debolezza di fronte al male, né era il frutto di un’ingenuità dannosa. Era piuttosto la Parola del Vangelo a suscitare in Francesco nuovi criteri interpretativi, indicando verso questi lupi e uomini rapaci e violenti, inediti e “in-sensati” atteggiamenti di misericordia e accoglienza e mitezza e fiducia e possibilità e offerta di riscatto e redenzione.
L’episodio di Francesco che ammansisce i lupi è un richiamo rivolto anche a ciascuno di noi a non diventare noi stessi tutti dei Lupi, spesso sotto apparenti motivazioni di “buon senso”. Non diceva già Plauto che l’uomo diventa spesso un lupo verso il suo simile? “Homo homini lupus“.
Commentando l’episodio del lupo di Gubbio, don Primo Mazzolari disse che il lupo è dentro ognuno di noi, anche se si può avere a che fare con due qualità di lupi: c’è, infatti, «il lupo selvatico, il lupo brado», rappresentato dal lupo famelico del fioretto, che nessuno di noi ha mai visto, e c’è «il lupo levigato, civile, che si veste bene, il lupo in veste d’agnello, che se la prende con il lupo che viene dalla foresta».
Dunque: attenti al lupo nascosto nell’animo di ciascuno di noi e sempre in agguato, pronto ad azzannare e ferire l’altro! Francesco ci invita a vigilare su noi stessi, rimandandoci sempre e unicamente al Vangelo e alla sua logica che ha ragioni che la ragione non ha!
fra Alberto (testo rielaborato da fra Felice Acrocca) – info@vocazionefrancescana.org