Quante volte papa Francesco invita tutti, e in particolare i giovani, ad impegnarsi e spendersi attivamente per un mondo migliore, in favore di ogni uomo, vivendo radicalmente il Vangelo. San Francesco ha sperimentato proprio questo, in particolare con i lebbrosi.
È il Vangelo di Gesù che in realtà, se davvero lo accogliamo, sempre ci provoca e tocca e viene a scardinare le nostre sicurezze, e ci spinge verso il fratello più povero e bisognoso, ci rende attenti e solidali, ci dona sempre coraggio e novità di vita.
In fondo è quello che accade al giovane san Francesco d’Assisi. Nel suo desiderio di osservare perfettamente il Santo Vangelo e di conformarsi in tutto al Signore Gesù, saprà superare tabù e paure ataviche, vincere ritrosie e andare oltre comportamenti in quel tempo più che giustificati (come verso i lebbrosi), cercando ovunque di portare la pace, di annunciare la misericordia e l’amore di Dio, mostrandosi sempre fratello di ogni uomo.
Un invito e un esempio che instancabilmente rimanderà ai suoi frati. Un invito e un modello che vogliamo cogliere per la nostra vita. Ci facciamo aiutare da un testo di Felice Acrocca che ci parla di un episodio particolare della vita di san Francesco, che forse non tutti conoscono.
Al Signore Gesù sempre la nostra lode.
fra Alberto – fraalberto@vocazionefrancescana.org

Francesco visse in una profonda tensione interiore, sforzandosi di dare ai suoi un esempio coerente di vita cristiana; più volte i compagni menzionarono la sua volontà di essere “modello ed esempio” per i frati, fino a mostrarsi – e non poche volte – apertamente duro con se stesso.
Esemplare, a questo proposito, il racconto di un fatto occorso alla Porziuncola, occasionato dall’agire indubbiamente imprudente di fra Giacomo il Semplice. È forse l’episodio più bello, e più intensamente drammatico, tra tutti quelli riportati nella Compilazione di Assisi e uno dei più belli in assoluto all’interno delle fonti agiografiche su san Francesco.
Frate Giacomo il Semplice aveva condotto alla Porziuncola un lebbroso sfigurato dalle ulceri. Francesco stesso gli aveva raccomandato quei malati; Giacomo, infatti, assisteva i più colpiti e ne curava le piaghe. A quei tempi “i frati restavano nei lebbrosari”. Francesco allora gli si rivolse in tono di rimprovero, dicendogli che non avrebbe dovuto condurre là “i fratelli cristiani” (così egli chiamava i lebbrosi), poiché non era conveniente né per lui né per loro. Non voleva, infatti, per ovvi motivi di sicurezza, che frate Giacomo facesse uscire dall’ospedale i più piagati.
Ma non aveva ancora finito di parlare, che subito si pentì di quello che aveva detto e andò a confessare la colpa a Pietro Cattani, soprattutto perché aveva timore che, rimproverando fra Giacomo, avesse fatto vergognare il lebbroso. Chiese quindi a frate Pietro di non contraddirlo, assegnandogli la penitenza che egli stesso avrebbe indicato, che fu quella di “mangiare nello stesso piatto con il fratello cristiano”.
Non si usavano posate allora, e persone diverse affondavano le mani nello stesso piatto: fu posta, perciò, una scodella tra loro due. Il lebbroso, narrano i testimoni, “era tutto una piaga; le dita, soprattutto, con le quali prendeva il cibo, erano contratte e sanguinolente, così che ogni volta che le immergeva nella scodella vi colava dentro il sangue”. Al veder ciò, frate Pietro e gli altri frati “furono molto rattristati, ma non osavano dir nulla per timore del padre santo”.
Ha ragione Raoul Manselli, quando osserva che ciò di cui Francesco si vergogna, non è di aver rimproverato frate
Giacomo il Semplice, ma di “aver dato al lebbroso il senso di essere meno che uomo”. Ciò poteva essere superato soltanto con il rendergli di nuovo la sua umana dignità, vale a dire “collocandosi su di un identico piano, nell’unico modo possibile in quella circostanza: mangiando insieme”.
Paradossale finché si vuole, ma evangelico! Sarà bene ricordarsene, soprattutto quando veniamo avvicinati ai semafori da persone che chiedono, alle quali succede a volte che diamo qualche centesimo senza neppure guardarle in faccia e senza far nulla per nascondere il fastidio che ci arrecano…
Testo di Felice Acrocca – tratto da San Francesco Patrono d’Italia – info@vocazionefrancescana.org

Ho letto questo articolo e mi viene da pensare che il male fa chiasso rumore sempre in primo piano notizie brutte ogni giorno tutti parlano di tutti parlano di fatti veramente angoscianti e sembrerebbe che nessuno si opponga sembra che il male dilaghi ed e inarrestabile questo succede perche il bene non fa chiasso non fa rumore non cerca di mettersi in primo piano ma certamente cerca di far fronte in silenzio ci sono tantissime iniziative per aiutare i fratelli più bisognosi ma tutto con un silenzio assordante ogni singola persona deve lottare per un mondo migliore non solo i… Leggi il resto »
Troppi nella chiesa istituzionale predicano bene e razzolano male: Francescani inclusi.Il vangelo non si vive a parole ma con i fatti. I fatti devono essere il seguito di decisioni prese non con la mente ma con lo spirito compassionevole del cuore. La compassione non è pietá.Se gli uomini "di chiesa" fossero veri fedeli allora li si dovrebbero vedere in gran numero per le strade a soccorrere e confortare i bisognosi. Dove sono invece?Chi dice di avere la vocazione e aver avuto la "chiamata" non può starsene soltanto a pregare tra quattro mura dalla mattina alla sera ma dovrebbe sforzarsi a… Leggi il resto »
Pace a te. Grazie per il tuo pensiero. E' vero, come ci richiama papa Francesco , la chiesa e i cristiani tutti sono chiamati ad essere in uscita, in missione, per le strade.. Non sempre è facile, ma è una strada che tanti percorrono, credimi, anche se forse non in modo eclatante e teatrale come mi pare tu un poco chieda. L'azione della chiesa ( clero e laici..) solitamente passa per altre vie , più nascoste , quotidiane. Basta passare una mattina da una delle nostre parrocchie dove il campanello suona continuamente: la mamma, il marocchino, il barbone, gli sposi.… Leggi il resto »