La vocazione dell’apostolo Matteo è stata fissata in maniera indelebile sia nella pagina evangelica (autobiografica) che lo descrive mentre si alza obbediente dal banco delle imposte e segue Gesù, sia nella celebre rappresentazione che ne ha dato il Caravaggio.
Dal Vangelo di Matteo (Mt 9, 9-13)
In quel tempo, Gesù passando, vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati.Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
La vocazione di Matteo
Matteo viene “tratto” dal buio della sua bottega e dei suoi interessi, dal gesto “creatore” di Gesù che irrompe sulla scena e lo chiama alla vita (si sa che Caravaggio ha volutamente “citato” il gesto michelangiolesco del Dio Creatore che si protende verso Adamo). Il gioco delle mani e dei gesti dei vari personaggi dice, poi, tutta l’intensità spirituale della vicenda: «Tu!», dice Gesù impetuosamente deciso a Matteo. «Io?», ribatte Matteo umile e stupefatto, quasi incredulo di tanta grazia. «Lui?», osserva l’apostolo Pietro meravigliato di una simile scelta. Ci sono poi due paggi eleganti che non riescono a nascondere un certo sconvolgimento: uno si ritrae, l’altro quasi si protende.
Così la vicenda di Matteo, il pubblicano, è già tutta descritta nella sua vocazione e nel suo aver invitato a mensa con Cristo i suoi amici di un tempo. Secondo la tradizione, Matteo scrisse un primo Vangelo (probabilmente in aramaico), appositamente composto per i suoi connazionali, che mostra una particolare attenzione ai temi ecclesiali e raggiunge una particolare intensità drammatica nel racconto della Passione (è particolarmente da ricordare il capolavoro musicale che Johann Sebastian Bach compose per il venerdì santo del 1729). S. Matteo è considerato patrono di tutti coloro che lavorano in campo finanziario (bancari, doganieri, guardie di finanza, ragionieri, commercialisti, contabili), che in lui devono trovare non soltanto un protettore, ma anche un esempio di libertà cristiana.
Descrizione e analisi del quadro
Il dipinto sul quale ci soffermiamo brevemente è la “Chiamata di Matteo” dipinta da Caravaggio nel 1599 per la cappella della famiglia Contarelli nella Chiesa di san Luigi dei Francesi in Roma. Nel quadro che vediamo, ci sono due gruppi di persone divisi da una finestra. In quello di sinistra sono in cinque, seduti a un tavolo; eleganti nei loro abiti del ‘500 stanno contando dei soldi: Matteo era incaricato di riscuotere le tasse, quello che oggi è il recupero crediti.
A destra sono in due, in piedi, vestiti al modo classico dell’antica Roma, scalzi. Sono Gesù, all’estrema destra
riconoscibile dall’aureola, e Pietro. Il volto di Gesù è ben illuminato e visibile mentre quello di Pietro, ritratto quasi totalmente di spalle, si intravede appena. Il personaggio di Pietro, non previsto nella prima stesura del dipinto, è stato aggiunto successivamente, con in mano il bastone del pellegrino indica chi si incammina con Gesù.
E’ una bella idea quella di differenziare i personaggi nel modo di vestire in uno stesso dipinto: è un modo
interessante per dire che gli episodi del vangelo parlano alla gente del suo tempo ma anche ai contemporanei.
Osserviamo ora la figura di Cristo: il suo sguardo è fissato su Matteo, ha le labbra semiaperte, e la sua mano destra rende esplicite le parole che ha appena pronunciato (La chiamata a Matteo “Seguimi” – ndr). Questa mano non è una pura invenzione di Caravaggio, ma una sua rielaborazione di un’altra mano vista nella Cappella Sistina dipinta da Michelangelo: la mano di Adamo (a sinistra nell’immagine qui sotto – ndr) che nel dipinto di Caravaggio viene rovesciata. Ma in questo dipinto non c’è solo l’indice di Gesù: ci sono anche quelli di Pietro e della persona al centro, che è Matteo. E’ un concerto di indici.
Abbiamo visto che l’indice di Gesù, qui sostenuto da un gesto deciso del braccio, richiama la mano di Adamo di
Michelangelo: Gesù è il nuovo Adamo “spirito datore e vita” scrive Paolo ai Corinzi (I Cor, 15,45).
Il gesto dell’indice di Pietro, invece, riprende quello di Gesù ed a Lui rimanda: non è un gesto originale. Perché
Pietro rappresenta la Chiesa, costituita, nel tempo, sacramento della presenza di Gesù: compito della Chiesa è
infatti rendere presente Gesù nella storia. Infine Matteo: è seduto al centro, sorpreso dalle parole di Gesù; la mano destra ha appena fatto cadere una moneta sul tavolo; è ben vestito, col cappello piumato, ricco, sicuro di sé. Ma… gli occhi e la mano sinistra, con l’indice puntato verso di sé, rivelano una sorpresa ed uno stupore suscitati dall’arrivo di Gesù e dal suo invito “Seguimi”. Una chiamata inattesa; indica sé stesso come a dire “Io? Perché proprio a me? E’ sicuro che lo dice alla persona giusta? Non si sta confondendo per caso?”.
Quanto agli altri quattro personaggi: i due a sinistra continuano a contare i soldi manifestando indifferenza, gli
altri due guardano verso Gesù ma non vanno al di là della pura curiosità; quello seduto di spalle cerca addirittura
con la mano sinistra l’impugnatura della sua spada per difendersi.
Alcune considerazioni sul significato di questo quadro
Fin qui la descrizione! Ora cerchiamo di fare alcune considerazioni sul significato di questo quadro.
Gesù e Pietro sono uniti: benché le mani siano due la chiamata è la stessa. Ancora oggi Gesù chiama attraverso
la Chiesa. La chiamata avviene nel quotidiano, nel proprio ambiente di impegno e di lavoro: non bisogna essere degli specialisti di Dio per accogliere la proposta di Gesù, né è necessario andare a Lourdes o a Roma per scoprire Dio, basta avere oggi, a casa propria, gli occhi ben aperti.
L’indice di Gesù non è il dito puntato di chi comanda e dei cinque seduti solo Matteo si mostra attento, gli altri rimangono indifferenti. Dio ci ha creati liberi e tali ci lascia: da noi attende una risposta libera fosse anche un
rifiuto camuffato da indifferenza. Lutero aveva detto: “Sola fide, sola gratia, sola scriptura” sottovalutando il
libero arbitrio, la libertà di un’adesione. Con Caravaggio la Chiesa risponde: no, anche con la libertà personale.
Matteo è un uomo, pubblicano, peccatore pubblico, coi suoi difetti e limiti umani. E’ seduto, immobilizzato dal
suo stato di uomo peccatore, si ritiene indegno e incapace di seguire Gesù. Le tenebre dei quadri di Caravaggio
traducono la situazione di non salvezza in cui è posta la comunità umana: Matteo si trova in questa situazione, ma ora viene illuminato dalla luce che entra non dalla finestra ma da una fonte che sta alle spalle di Gesù.
La luce della grazia di Dio irrompe con l’arrivo di Gesù e illumina il volto di Matteo. Scrive San Giovanni nel suo
Vangelo: “Veniva a me la luce vera quella che illumina ogni uomo”. A tutti è data la possibilità di seguire Gesù e la chiamata non conclude un cammino ma lo inizia in modo nuovo: la grazia di Dio, il suo amore, mi raggiunge
nel mio essere fragile e peccatore e mi illumina la strada della mia realizzazione umana. L’indice di Matteo è
quello di Dio in Michelangelo: tocca a me.
E’ una strada facile? No, perché anche su di essa devo fare i conti con i miei difetti e limiti, anche lì ci saranno
difficoltà, delusioni, fallimenti. Vedete la finestra? E’ a forma di croce greca. Pure essa viene illuminata dalla luce
della grazia di Dio, quasi ad indicarmi che la morte non è l’ultima parola, che ad ogni problema c’è una soluzione, ad ogni peccato corrisponde, con la richiesta di perdono, la possibilità di redenzione e riscatto umano perché quella croce è stata vinta dalla resurrezione di Gesù che ha illuminato di speranza la storia del genere umano.
Tant’è che prima del cristianesimo il mondo non conosceva la speranza, seppure intuendola.
Termino citandovi le parole di Papa Benedetto XVI dalla sua prima enciclica: “All’inizio dell’essere umano non c’è una decisione etica o una grande idea, con una persona che da alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva”.
Ciò avvenga per tutti gli uomini, ma in particolare per i tanti ragazzi e giovani che mi scrivono percependo una chiamata e un invito a seguire Gesù nella vita religiosa e sacerdotale o missionaria francescana.
Mani…, dita che si rincorrono. Indecise, morbide, portate dall’Altrove.
Una luce diretta, imperiosa, a illuminare quel chiodo a cui era attaccata lo stipite della finestra.
L’arrivo violento di quella luce ha aperto, come vento di tempesta, la finestra opaca.
Vento e Luce, Dio. La determinazione, la decisione.
La Vocazione.